Carro armato alla stazione di migliarina

Una giornata particolare: 21 novembre 1944. Il “grande” rastrellamento

A cura di Doriana Ferrato, Presidente ANED La Spezia

Premessa

La Spezia con la sua provincia è una delle città italiane più dolorosamente colpita dalla deportazione nazifascista.

Nel gennaio 1944 l’arresto, il trasferimento al campo di Fossoli e la deportazione ad Auschwitz segnano la sorte tragica degli spezzini ebrei… come dimenticare la piccola Adriana Revere di nove anni!

Nel marzo, al successo dello sciopero preinsurrezionale nelle fabbriche, seguono arresti e deportazione a Mauthausen di sindacalisti e organizzatori.

Nell’estate 1944 proseguono catture che si intensificano in settembre, molte dietro delazione in particolare nel quartiere di Migliarina, e raggiungono l’apice nel novembre 1944 con il “grande” rastrellamento.

Lapide in via Michele Rossi a Migliarina (anno 1988) a ricordo del rastrellamento del 21 novembre 2024

“Nel ricordo che alla Spezia
il 21 novembre 1944
centinaia e centinaia di inermi
furono rastrellati e avviati
nei campi di sterminio nazisti
i giovani democratici
testimoniano
la loro consapevolezza
che la Libertà e la Pace
in cui vive il Popolo italiano
affondano le radici
nel sacrificio dei Martiri
e nella Lotta di Liberazione
1948-1988
XL Anniversario della Costituzione”

Lapide in via Michele Rossi a Migliarina (anno 1988)
a ricordo del rastrellamento del 21 novembre 2024

Migliarina antifascista

La situazione alla Spezia nell’autunno 1944 è drammatica: i nazisti con la complicità dei fascisti hanno operato contro le formazioni partigiane numerosi ed estesi rastrellamenti; nonostante ciò i gruppi partigiani resistono e l’organizzazione antifascista in armi continua il suo fitto lavoro.

La Spezia, come le altre città occupate dai nazisti dopo l’8 settembre 1943, viveva nel terrore, ma esisteva una buona organizzazione clandestina che lavorava per la liberazione. I nazifascisti ne erano a conoscenza e non risparmiavano uomini e mezzi per scoprirne piani, membri e direzione.

Molti cadevano nella loro perversa rete: chi veniva torturato, chi ucciso, chi mandato in carcere e deportato nei campi di concentramento come oppositore politico, quindi con la sorte segnata.

“L’ambiente antifascista più omogeneo e numeroso era il quartiere di Migliarina – Canaletto, zona prevalentemente operaia e di piccoli e medi operatori economici, in maggioranza antifascisti. Era in questa zona ove si lavorava più alacremente, ed era questo territorio che aveva dato buona parte dei giovani per le formazioni partigiane” (Tommaso Lupi, 1966)

Migliarina era quindi la zona più controllata dai nazifascisti; ed è proprio in quel quartiere che avvennero i più grandi rastrellamenti, con arresti, interrogatori, confessioni estorte e deportazione nei campi di concentramento nazisti.

Nella piana di Migliarina i partigiani si spingevano dai monti per colpire le forze nazifasciste che avevano nella zona posti di casermaggio e di comando e dove abitavano feroci “repubblichini” e noti torturatori fascisti, collaborazionisti italiani, fedeli e feroci, conosciuti comunemente come “Banda Gallo”, dal cognome del capo.

Quando nel maggio 1946 si celebrò il processo alla Banda Gallo, la Corte con Pubblico Ministero Gaetano Squadroni, decretò per tre della Banda la condanna alla pena capitale per fucilazione. Aurelio Gallo fu l’ultimo condannato a morte in Italia. L’esecuzione avvenne in Vezzano Ligure a Forte Bastia il 5 marzo 1947.

21 novembre 1944Il “grande” rastrellamento di Migliarina

Il “grande” rastrellamento del 21 novembre 1944 avviene per “rappresaglia a seguito dell’uccisione di un feroce repubblichino di Migliarina da parte di partigiani” (Tommaso Lupi, 1966). Il capo della Provincia Franz Turchi e i comandi locali pretendono dai camerati nazisti l’appoggio per operare il massiccio rastrellamento nel quartiere, così da mostrare agli stessi fascisti locali e alle SS come il controllo della città fosse ancora saldamente in mano alle forze di Mussolini e i complotti, imbastiti dai relativi responsabili contro l’ordine costituito, fossero facilmente neutralizzabili.

Al mattino presto di quel tragico 21 novembre le strade di accesso del quartiere vengono bloccate e presidiate da nazifascisti in armi.

Sono centinaia e centinaia gli uomini inermi fermati, portati nella vicina Flage, silurificio divenuto caserma migliarinese delle Brigate Nere, poi rinchiusi nella caserma “XXI reggimento Fanteria”, trasformata in carcere e luogo di tortura, dove i rastrellati e gli arrestati sono sottoposti a spietati interrogatori e sevizie “medievali” indicibili (unghie strappate, lesioni, bruciature e peggio…)

I familiari, all’oscuro della sorte dei propri cari, sono privati di qualsiasi contatto con i congiunti; solo pochi riusciranno a far pervenire all’esterno, in modo fortuito, qualche scarna notizia in un bigliettino clandestino.

La caserma XXI Reggimento Fanteria

Dopo gli interrogatori e le torture al “Ventunesimo”, gli arrestati subiscono un trattamento disumano nel trasferimento via mare dal molo Pirelli (oggi molo Pagliari) con motozattere e bettoline: destinazione Genova, dove sono rinchiusi nel carcere di Marassi e subiscono altri interrogatori con “colpi di nerbo e di calcio di rivoltella”.

Il grande rastrellamento non risparmia alcuna classe o condizione sociale e nessuna età: nelle celle a Marassi si ritrovano insieme sacerdoti, professori, artigiani, operai, industriali, commercianti, agenti e funzionari di polizia, impiegati, guardie carcerarie, pensionati, vecchi, ragazzi, persino il becchino del cimitero, accusato di consegnare le chiavi del camposanto ai partigiani per il ricovero durante la notte.

Molti dei rastrellati non facevano politica attiva, ma erano cittadini di fede antifascista e alcuni collaboravano clandestinamente in diversi modi con il CLN e con le forze della Liberazione.

Le accuse

Per tutti loro le accuse dei facinorosi della banda Gallo è appartenere al Comitato di Liberazione, quindi di aver partecipato a sabotaggi e decine di azioni armate col fronte dei “ribelli”: nel carcere di Marassi uno degli accusatori è ben noto perché si trattava di un sacerdote divenuto complice della banda di Aurelio Gallo e passato dalla parte degli aguzzini.

In quella circostanza i fascisti spezzini, per giustificare nei confronti dei nazisti e del governo di Salò una così imponente azione di rastrellamento, mettono insieme una documentazione falsa nei confronti degli accusati e priva di fondamento. I nazisti sospettano la messa in scena degli interrogatori, delle confessioni estorte con terribili sevizie e dei risultati dei confronti, così convocano dalla città di Imperia alcuni detenuti da tempo in quel carcere, e ad uno ad uno li mettono a confronto con ciascuno degli arrestati della Spezia. Quei poveretti “confessano” di riconoscere quei detenuti come loro fiancheggiatori in azioni partigiane compiute alla Spezia, fatto del tutto inverosimile.

Nonostante l’acclarata verità, gli interrogatori proseguono con la medesima ferocia costringendo i malcapitati rastrellati a firmare false confessioni di decine di azioni armate e sabotaggi, in pratica sottoscrivono la loro condanna a morte, differita nel tempo e perpetrata in un Campo di concentramento. I più restii a firmare sono massacrati di botte e sottoposti ad altre torture; anche agli ecclesistici non sono risparmiate sevizie e oltraggi, valga l’esempio delle sevizie subite dal padre domenicano Pio Rosso, parroco di Mazzetta, e da don Mario Scarpato, allora parroco di San Terenzo di Lerici, che ne subirà le conseguenze tutta la vita.

Per molti dei reclusi a Marassi il destino è segnato dalla partenza da Genova, scaglionata in più turni in vari giorni, proseguita con l’arrivo al campo di concentramento di Bolzano, dove si compie la sorte dei rastrellati spezzini con la deportazione, principalmente nel campo di Mauthausen.

Tutti sono internati come “politici pericolosi”, in quanto tali è assegnato loro il Triangolo rosso, come categoria da sterminare.E i più non tornarono.

Ogni trasporto, una strage

Circa un centinaio di spezzini sono deportati da Bolzano con il trasporto del 14 dicembre 1944 giunto il 18 dicembre a Mauthausen, pochissimi sopravvissero.

Il 1° febbraio 1945 dal campo di Bolzano parte un altro trasporto con destinazione Mauthausen. Su quel treno, tra centinaia di altre vittime, ANED La Spezia ha accertato 75 deportati migliarinesi o arrestati a Migliarina nel rastrellamento del 21 novembre 1944. Di questi solo 8 sono i sopravvissuti.

Pochi giorni segnano il confine tra morte e vita

Da quel 1° febbraio al 25 febbraio 1945 trascorre meno di un mese, sono pochi giorni che segnano il confine tra la vita e la morte.Infattiil 25 febbraio 1945 al campo di Bolzano è organizzata la partenza di un altro convoglio con la consueta ritualità: appello degli internati selezionati, incolonnamento, caricamento nei vagoni merce piombati dall’esterno, niente sedili, niente servizi igienici, né cibo né acqua.

La destinazione è Mauthausen, ma l’interruzione della linea ferroviaria causata dai bombardamenti alleati impedisce la partenza. Rinchiusi nei vagoni, i prigionieri attendono per giorni di conoscere la loro sorte, infine sono fatti rientrare al campo di concentramento di Bolzano. Questo ha segnato la loro sopravvivenza.

In quel trasporto, mai giunto a destinazione, si trovavano oltre cinquanta spezzini e tra quei sopravvissuti il padre di chi scrive, catturato nel rastrellamento di Migliarina alle 7,30 del 21 novembre 1944 all’incrocio (allora) di via Bragarina con via della Pianta, oggi via del Canaletto.

Migliarina non dimentica


Veduta della Chiesa San Giovanni Battista in Migliarina
(anni quaranta)

Dipinto nella Chiesa di Migliarina in Memoria dei Caduti di Mauthausen. Sullo sfondo è rappresentato il muro di cinta di quel lager (anno 1982)

Stele nel sagrato della Chiesa San Giovanni Battista in Migliarina (2006)

Nell’iscrizione si legge:
“In memoria della deportazione migliarinese e spezzina del 1944 nei campi di sterminio nazisti”


Fonti

I deportati della Spezia nei campi di concentramento tedeschi durante l’occupazione nazista degli anni 1943-1945 –Monografia di Tommaso Lupi.

Terenzio del Chicca, I rastrellamenti a La Spezia del novembre 1944. Estratto da “La Spezia”-Rivista del Comune, 1955

Migliarina ricorda. testimonianze sulla resistenza e deportazione ’43-’45 / Scuola Media A. Cervi La Spezia, Daniela Piazza Editore, Torino 1996

Aldo Pantozzi, Sotto gli occhi della morte da Bolzano a Mauthausen- Museo storico in Trento, 2002

Dario Venegoni, Uomini,donne e bambini nel lager di Bolazano. Una tragedia italiana in 7809 storie individuali, 2004


Il video del convegno