L’assalto al treno, fondamentale episodio della Resistenza tra Parma e La Spezia, accadde sicuramente il 12 marzo 1944.
A cura di Maria Cristina Mirabello
Ricostruiamo i fatti, strettamente legati alla discussione sulle date, seguendo il libro di Giulivo Ricci “Storia della Brigata garibaldina ‘Ugo Muccini’”, ISR-La Spezia, 1978, p. 105 e segg. (passim), ma proponendo anche alcune variazioni, segnalate con NdA.
La Banda “Betti”, la sua funzione centripeta per gli spezzini, l’episodio di Roccamurata, l’assalto al treno di Valmozzola e la morte di “Betti”
“Un gruppo era venuto polarizzandosi tra la Val Noveglia (Bardi), Varsi e Mariano (Valmozzola), nel dicembre 1943, non direttamente legato ad alcun partito politico né al CLN, quello di Mario Betti [NdA: per il nome Betti, v. dopo], che lo guiderà nel gennaio e ancora alla fine di febbraio, quando cominceranno ad arrivare a Valmozzola i primi elementi, avviati dal CLN e dal PCI, spezzini, sarzanesi e arcolani. Il Betti aveva trovato, peraltro, un embrionale movimento locale già sulla via dell’organizzazione… i legami con i partiti e con CLN erano saltuari ed episodici…”.
Seguendo sempre Ricci, ma facendone una sintesi, con le variazioni segnalate da NdA, ecco il seguito:
“Betti” [NdA: in realtà, seguendo Maurizio Fiorillo “Uomini alla macchia. Bande partigiane e guerra civile. Lunigiana 1943-1945”, Editori Laterza, Roma-Bari, 2010, p.69, si trattava del caporalmaggiore Mario Devoti, anche se in alcuni autori troviamo la denominazione Mario Betti], viene descritto da Ricci come personaggio abbastanza enigmatico, e su cui non si è mai fatta luce completa. Tale figura, nel mentre si afferma, dà luogo anche a contrasti che lo rendono oggetto di un misterioso attentato. Comunque sia, il “Betti” diventa capobanda ed entra in contatto con il CLN spezzino mediante Riccardo Galazzo, impiegato dell’Arsenale Marittimo Militare, cacciatore e frequentatore di quei luoghi, tramite a sua volta con elementi arcolani, e cioè suo fratello Aldo Galazzo, già condannato al confino e Flavio Maggiani, esponente di punta dell’antifascismo non solo arcolano. Essi sono a loro volta intermediari con Anelito Barontini, che era stato sollecitato da Raffaele Pieragostini del CLN genovese a prendere contatto con il “Betti” su cui il CLN parmense aveva dimostrato di avere poca presa.
Fu così che il gruppi di “Betti” diventò un punto di catalizzazione per gli spezzini che man mano si aggregarono ad esso, partendo a piccoli scaglioni. Mario Portonato “Claudio” e Primo Battistini “Tullio”, partiti lo stesso giorno (2 marzo 1944), sullo stesso treno, l’uno da Migliarina e l’altro da Santo Stefano, e senza sapere l’uno dell’altro, arrivarono così a Mariano, quartiere generale di “Betti” che propose loro di assumere rispettivamente l’incarico di vice Comandante e Comandante del gruppo Arditi. In tale ambito “Betti” incarica così Battistini di una serie di azioni, che riescono pienamente. Arriva nel gruppo anche il sarzanese Paolino Ranieri “Andrea”, che assume la funzione di Commissario politico fino a quel momento non prevista nella banda, e cui “Betti” non si oppone. Il 10 marzo arrivano anche altri: arcolani, ad esempio Ezio Bassano (“Romualdo”) e santostefanesi (ad esempio Arrigo Franceschini (“Tito”), Mario Tavilla (“Crasna”) e Adriano Casale (“Maranghin”). Arrivano anche armi e munizioni da Migliarina, grazie a Renato Grifoglio, e da Sarzana, grazie a Gino Guastini. L’11 marzo 1944 [v. NdA più sotto] avviene uno scontro con il presidio di Roccamurata, intorno alla cui organizzazione e predisposizione, così come intorno a quello di Valmozzola il giorno seguente, esistono varie versioni.
[NdA:la questione dell’11, 12 (e 13 marzo), in quanto date, è abbastanza confusa, nel senso che, per Valmozzola, è stata tramandata da molti la data del 13, accolta dallo stesso Ricci che, però, in una Nota a fine Capitolo, rileva come, nella testa dei protagonisti, l’assalto fosse avvenuto di domenica, quindi il 12 marzo. Tuttavia, Ricci non nega il 13, ma pone, piuttosto, il quesito del perché la maggior parte di chi parla dell’episodio (commemorazioni, scritti) indichi sempre, appunto, il 13 marzo. È evidente inoltre che, se Roccamurata, accade un giorno prima di Valmozzola, essa vada collocata in data 11 marzo (e non il 12). Da mia indagine condotta sulle fonti dell’epoca, e precisamente sui giornali, la data di Valmozzola è senza dubbio il 12 marzo 1944 (domenica). La “Gazzetta di Parma” del 14 marzo 1944 parla dell’episodio in questo modo: “Domenica mattina (quindi domenica 12 marzo) verso le ore 8,30, un gruppo di banditi armati, composto di una cinquantina di individui, dopo avere circondato il treno proveniente da La Spezia e diretto a Parma che si era fermato nella stazione di Valmozzola, apriva un violento fuoco di fucileria e di bombe a mano verso il convoglio… È morto altresì, ucciso uno dei banditi, non ancora identificato ma che si ha ragione di credere fosse il capo o uno dei capi della banda, addosso al quale è stata rinvenuta una forte somma in valuta italiana”.]
Seguiamo ora di nuovo Ricci, che riporta alcune versioni dei fatti: secondo una versione lo scontro di Roccamurata sarebbe avvenuto casualmente e senza connessione con l’episodio di Valmozzola. Secondo altre fonti, tra cui Primo Battistini, invece, proprio lui, che era in servizio di pattuglia non lontano dal Taro, sarebbe stato avvertito che il presidio fascista di Roccamurata teneva in custodia tre giovani destinati alla fucilazione, per cui con i suoi uomini assalì il presidio ma non trovò i ragazzi, trasportati nel frattempo a Borgotaro. Sarebbe nata da qui in Battistini l’idea (cui persuase “Betti”) di assalire a Valmozzola, l’indomani, il treno che, proveniente dalla Spezia, avrebbe raccolto i giovani. Gli uomini non sarebbero stati informati dello scopo della missione per evitare sia una fuga di notizie sia che elementi più politicizzati, quali Paolino Ranieri e Portonato, la sconsigliassero giudicandola rischiosa. Ranieri ricorda che Betti parlava di un assalto all’ammasso del Comune per requisire viveri e che “Betti” non volle farlo partecipare all’impresa che comunque, sempre secondo Ranieri, prevedeva la requisizione dei viveri ed il sequestro del capostazione, e null’altro. Secondo altri, avvenuta la requisizione, Betti decise invece improvvisamente di sequestrare il capostazione, considerato membro del quadrumvirato fascista della zona, e, qualora avessero trovato un treno fermo, di assalirlo. Il nodo è capire se l’assalto al treno che costituì per la Resistenza delle province di Parma e della Spezia un punto di svolta, data la notorietà dell’impresa e l’effetto galvanizzatore che ebbe, era stato programmato in funzione della liberazione dei giovani. Sta di fatto che, quali che siano le versioni, l’assalto ci fu alle 8,30 del mattino ed avvenne contro un treno pieno di militari che, dopo una prima fitta sparatoria, si arresero, sia tedeschi che fascisti. Nel corso della battaglia “Betti” rimase ucciso, anche se sul momento nessuno se ne accorse, rendendosene conto solo al ritorno, a Mariano.
[NdA: osserviamo infine che, sul fatto d’arme di Valmozzola, come dice Maurizio Fiorillo, il quale riporta la data del 12 marzo, notando che molte fonti parlano del 13, (p. 69 del libro “Uomini alla macchia. Bande partigiane e guerra civile”, cit.), esistono almeno “quattro versioni, tramandate dalla memorialistica, in parte inconciliabili”].