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Una giornata particolare: 80° del rastrellamento del 20 gennaio (1945-2025)

A cura di ISR La Spezia

L’ultimo grande tentativo militare di sconfiggere la Resistenza spezzina avvenne con il massiccio rastrellamento nazifascista del 20 gennaio 1945: 20.000 nazifascisti, bene armati, vestiti in modo adeguato, ben nutriti, cercarono di stringere in una morsa circa duemila partigiani, dotati di armi non ottimali, di abiti non adatti a ripararli dal freddo intenso, praticamente affamati.

Il rastrellamento fu assai pericoloso per ampiezza geografica e impiego di uomini e mezzi (cfr. mappa del rastrellamento). Tale operazione militare, ampiamente sottovalutata dalla storiografia sulla Linea Gotica, fu assai rilevante dal punto di vista strategico, perché non ebbe successo sperato dai nemici.

Infatti, dopo pochissimi giorni, le formazioni partigiane, le quali, secondo gli ordini del Comando IV Zona, avevano innanzitutto combattuto per impedire che il nemico dilagasse, e poi si erano sganciate, per salvarsi, oltre il Monte Gottero, nonostante i morti, i catturati, i feriti, i congelati, rientrarono sulle posizioni precedenti, e le mantennero, scendendo vittoriose in città il 25 aprile 1945.

Alcuni Comuni della provincia della Spezia hanno dedicato vie/piazze a tale importante episodio. Richiamiamo di seguito alcune pagine tratte dallo Stradario presente nel sito ISR, sia relativamente ai Caduti in tale fase, o a seguito di essa, sia riguardanti i fatti accaduti e i luoghi:

La Spezia
Corradini Renato
Da Pozzo Giuseppe
Grandis Ezio
Monte Gottero
Pagani Giovanni
Perini (famiglia)
Siligato Antonino
Vega Luigi
XX gennaio (fatti)

Brugnato
Brosini Vittorio
Grandis Ezio, Pagani Giovanni

Lerici
Meneghetti Giuseppe
Petriccioli Oronte

Vezzano Ligure
Morini Giuseppe
Maggiani Silvio
Sani Nello
26 gennaio 1945

Zignago
XX gennaio 1945

Fondo V Mario Fontana (V.1 Comando Unico IV Zona Operativa – dal fascicolo 691 al fascicolo 696)

Presentazione del libro: Storia del Battaglione Garibaldino “Melchiorre Vanni”

IV Zona Operativa

Lunedì 20 Gennaio 2025 alle ore 16,30, presso l’Auditorium Biblioteca Civica “P.M.Beghi”, via del Canaletto 100 alla Spezia

Presentazione del libro a cura della Fondazione ETS Istituto spezzino per la storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea della Spezia:

Storia del Battaglione Garibaldino “Melchiorre Vanni”
IV Zona Operativa

di Maria Cristina Mirabello
(Edizioni Giacché, 2025)

Introduce
Patrizia Gallotti, Presidente ISR La Spezia

Lectio Magistralis di Carlo Greppi, Storico
“Nelle giunture della Storia”

Interviene
Maria Cristina Mirabello, autrice del libro

info e prenotazioni: info@isrlaspezia.it

Un mese e una fine anno tra ombre e luci per la Resistenza in IV Zona Operativa: dicembre 1944

A cura di Maria Cristina Mirabello

Svanita ormai la speranza di una rapida avanzata degli Alleati, l’anno 1944, in cui, a luglio, era avvenuta l’importante fondazione del Comando Unico e della I Divisione Liguria, premessa della IV Zona Operativa, quest’ultima formalizzata proprio a dicembre, moriva tra ombre e luci.

Nell’autunno-inverno 1944, pur nella consapevolezza dei rischi e delle enormi difficoltà, i responsabili politici e militari al vertice della Resistenza spezzina, non scelsero una decisa “pianurizzazione” degli uomini, non misero in atto la cosiddetta “politica delle tregue”, e, conseguentemente, si delineò una fasedifficilissima, quando l’avanzata alleata, deludendo le speranze ancora vive nel primo autunno, si fermò per lunghi mesi (arresto che risultò del tutto chiaro, se ancora ce ne fosse stato bisogno, con il proclama Alexander del 13 novembre 1944).

La situazione divenne, per motivi diversi, molto grave, tanto che la rischiosità degli incontri in città per programmare la lotta clandestina causò, come vedremo, lo spostamento del CLNp in montagna.

I reparti partigiani stanziati sui monti soffrirono, oltre che per le sempre incombenti, e talvolta attuate, numerose puntate nemiche (con perdite partigiane e nella popolazione civile), anche per i feriti, i morti, i catturati nell’ambito dalle necessarie azioni di guerriglia programmate. Non solo, le azioni urbane a carattere gappistico, in genere positivamente condotte da elementi provenienti dalla montagna, determinavano rappresaglie successive, sia nei confronti di chi era già imprigionato, sia verso la popolazione civile, sottoposta a rastrellamenti. Dolori e perdite, insomma, sia in difesa che in offesa. A tutto ciò si aggiunsero una serie di condizioni di fondo, difficilmente superabili: nonostante il rapporto tendenzialmente positivo con la gente, diverso cioè da quello determinatosi nello Zerasco e ben chiaro dopo il rastrellamento del 3 agosto 1944, occorre ricordare che le aree di stanziamento in montagna erano povere o estremamente povere, quindi mancava il cibo, era del tutto carente il vestiario adatto ad affrontare il clima rigido, frequenti e gravi erano le malattie, acutizzate dalle condizioni ambientali relative all’abitare, al dormire e all’igiene.  L’unica nota positiva poteva essere che la fine estate e l’autunno avevano portato, come dicono molte testimonianze, un raccolto abbastanza consistente di farina di castagne e grano turco. Il cibo, parola ricorrente, insieme al termine fame, nelle memorie della/sull’epoca, consisteva in pattona, polentina dolce o salata (anche il sale era poco), castagne secche, se andava bene. Mancava praticamente tutto il resto.

La cattura – di Giada Perricone

Nonostante che una notevole parte della provincia fosse passata nel tempo sotto il controllo partigiano, la reazione nemica si mostrava ampia, dura e variegata. A essa si rapportarono, in un certo senso a viso aperto, i partigiani in montagna, mentre la repressione, con imprigionamenti, torture, deportazioni, si scatenò, grazie specialmente a trame delatorie, in città, dove, coordinata da Emilio Battisti, facente funzione di Questore, e dalla banda che si raccoglieva intorno ad Aurelio Gallo, si intensificò, se possibile, dal novembre 1944 in poi.  Se a tutto ciò aggiungiamo i bombardamenti, abbiamo un quadro, sebbene solo approssimato per difetto, di quello che successe, sia ai partigiani, sia alla popolazione civile.

Va inoltre detto che drammatica era la situazione del CLNp, organismo politico al vertice della lotta resistenziale, visto che, dall’estate 1944, non poteva riunirsi nella pienezza dei partiti che lo componevano, e che ciò si protrasse fino al gennaio 1945, quando, per la prima volta, il così detto CLN di montagna tenne, in alta Va di Vara, la sua seduta plenaria. I membri arrestati nel luglio 1944 non erano stati infatti continuativamente rimpiazzati ad opera delle rispettive componenti partitiche, tanto che, ad un certo punto, i membri organici furono solo due: Pietro Mario Beghi “Mario”, socialista, Segretario del CLNp, e Antonio Borgatti “Silvio”, Segretario della Federazione provinciale del PCI spezzino.

Non a caso, Beghi e Borgatti presero la decisione, non facile, e più volte duramente rimproverata allo stesso Borgatti dal Triumvirato insurrezionale genovese del suo partito, di chiedere il trasferimento del CLNp ai monti, in zona partigiana, dove andò e rimase, in accordo con Borgatti, lo stesso Beghi, mentre il comunista Giovanni Rosso “Luigi” continuò a far da tramite soprattutto nel territorio spezzino, tra monte e piano, ma, se possibile, anche verso l’esterno, sebbene i contatti, mediante staffette, con Genova, fossero del tutto saltuari.

La lettura dei documenti consente, escludendo il vero e proprio tonfo del luglio 1944, di individuare il momento di massima crisi dellarete clandestina, a livello di pianura, tra novembre e dicembre 1944. Le date che scandiscono tale fase sono sicuramente il grande rastrellamento di Migliarina iniziato il 21 novembre e quello scatenato contro la “Muccini” il 29 novembre. Quest’ultimo, avvenuto ai margini della IV Zona, verso i confini della provincia, a Est, sfasciò la Brigata garibaldina “Muccini” che, nata formalmente il 19 settembre 1944, ma derivante da una lunga storia resistenziale vissuta, nella primavera-estate, fuori provincia, aveva dato brillanti prove di sé e che, pur dipendente dal Comando IV Zona, risultava geograficamente separata da esso. Per decisione comune dei responsabili, la maggior parte della “Muccini”, al comando di Piero Galantini “Federico”, passò le linee, portandosi nella zona occupata dagli Alleati; tuttavia, un piccolo gruppo, incrementato nel tempo, al comando di Flavio Bertone “Walter”, Commissario politico Paolino Ranieri “Andrea”, che fu poi catturato a dicembre, rimase, tra varie e difficili vicissitudini, a presidiare il territorio. La decisione di non smobilitare la “Muccini” fu netta da parte del PCI: tale partito manteneva perciò uno stanziamento sia a Est (anche in vista del futuro avanzamento alleato che non sarebbe così avvenuto nel deserto, cioè in un territorio passivo), sia nell’ambito della Val di Vara, dove poteva contare soprattutto sulla Brigata “Gramsci”, esito quest’ultima, del Raggruppamento Brigate Garibaldi, profilatosi nell’ottobre 1944, e comprendente i Battaglioni “Vanni”1, “Matteotti- Picelli” – “Gramsci”. Occorre precisare che il Battaglione “Gramsci” sarebbe stato ribattezzato, tuttavia mesi dopo, “Maccione”, per evitare confusione di nome con la Brigata omonima, ad esso sovraordinata.

I fatti di novembre e dicembre, tra cui va ricordato anche il drammatico rastrellamento avvenuto a Vezzano Ligure il 7 dicembre, causarono il necessitato portarsi oltre le linee di militanti comunisti, ormai “bruciati”: la sarzanese Anna Maria Vignolini, responsabile dei GDD, Filippo Borrini, responsabile del FdG, e, infine, Rina Gennaro “Anna”, instancabile staffetta e dattilografa. Tutto ciò determinò delle vere e proprie voragini nella complessiva rete clandestina, per cui quest’ultima risultò al momento dissestata, compresi i vari ciclostili, fondamentali per la produzione di materiale di propaganda e comunicazione.

Va inoltre ricordato che nell’ organizzazione operavano, con incarichi ragguardevoli, spesso quali Comandanti delle squadre SAP, esponenti del Partito d’Azione: uno di essi, Renato Mazzolani, Medaglia d’oro al VM, venne, in tale fase, arrestato e morì poi suicida, torturato nel carcere dell’ex XXI, nel febbraio 1945. Anche il mondo cattolico risultò falcidiato, a causa della cattura di numerosi sacerdoti nel corso dei rastrellamenti autunnali: tra essi, basti citare l’instancabile Don Mario Scarpato, e il forte aggregatore di forze giovanili Don Antonio Mori. Molte parrocchie risultavano quindi vacanti, proprio per la repressione contro il clero.

Antonio Borgatti “Silvio” si ritrovò, in una città di retrovia, solo, come egli dice, con la sua dattilografa, sebbene riuscisse poi, faticosamente, ai primi di gennaio, a riannodare le fila della cospirazione, che coincidevano con quelle della resistenza urbana2.

Il coraggio della fede di Anna Airaghi

La situazione in pianura assumeva dunque tinte fosche, ma, nello stesso dicembre 1944, le formazioni partigiane della montagna, con la formalizzazione della IV Zona Operativa (Comandante: Mario Fontana “Turchi” o “Cossu”), tendenzialmente ormai stabilizzate sui territori loro assegnati, acquistavano una fisionomia più funzionale, adatta, insomma, a superare le dure prove future, che ci furono, di lì a poco, con il rastrellamento del 20 gennaio 1945, e che, però, nonostante l’imponenza e la sproporzione di forze e mezzi (20 mila nazifascisti circa contro due mila partigiani circa), non furono tali da scompaginare le forze resistenziali in campo, segnando, anzi, un irreversibile declino, nel nostro territorio, delle forze nemiche e un punto importante a favore degli Alleati. Non solo, arrivò anche, sempre a fine dicembre, grazie al Maggiore inglese Gordon Lett, incaricato, dopo la fondazione del Comando Unico, di tenere i rapporti con gli Alleati, una trentina di paracadutisti dello Special Air Service, inviato dagli Alleati con funzione di supporto riguardo ai sabotaggi.

Luci ed ombre, dunque, nel dicembre 1944, come recita il titolo di questo articolo.

Sentieri di Libertà - Il nemico risparmiato-Connor Aquilano
Il nemico risparmiato di Connor Aquilano

Disegni tratti da: Sentieri di Libertà. Storie a fumetti, a cura di Fondazione ETS ISRSP; I.I.S.S. “L.Einaudi-D.Chiodo” – Indirizzo grafica; I.T.C.T. “A.Fossati-M.Da Passano” – Indirizzo grafica e comuncazione, I.S.S. “V.Cardarelli” – Liceo Artistico, La Spezia, 2024.

NOTE

1 Nel mese di gennaio 2025, uscirà, scritto da Maria Cristina Mirabello, anche un libro, voluto da ISR/ETS La Spezia, sulla storia del Battaglione “Vanni”

2 Borgatti, Antonio, Anni clandestini. Memorie dal 1904 al 1945, Edizioni Giacché, La Spezia, 2022, p. 95 (dove è citata, con il nome di battaglia di “Ivana”, la dattilografa). V. anche come la stessa “Ivana” descrive, per cenni, la situazione determinatasi (Gori, Vega “Ivana”, Mirabello, Maria Cristina , “Ivana” racconta la sua Resistenza. Una ragazza nel cuore della rete clandestina, Edizioni Giacché, 2013, p. 70).

Una giornata particolare: 21 novembre 1944. Il “grande” rastrellamento

A cura di Doriana Ferrato, Presidente ANED La Spezia

Premessa

La Spezia con la sua provincia è una delle città italiane più dolorosamente colpita dalla deportazione nazifascista.

Nel gennaio 1944 l’arresto, il trasferimento al campo di Fossoli e la deportazione ad Auschwitz segnano la sorte tragica degli spezzini ebrei… come dimenticare la piccola Adriana Revere di nove anni!

Nel marzo, al successo dello sciopero preinsurrezionale nelle fabbriche, seguono arresti e deportazione a Mauthausen di sindacalisti e organizzatori.

Nell’estate 1944 proseguono catture che si intensificano in settembre, molte dietro delazione in particolare nel quartiere di Migliarina, e raggiungono l’apice nel novembre 1944 con il “grande” rastrellamento.

Lapide in via Michele Rossi a Migliarina (anno 1988) a ricordo del rastrellamento del 21 novembre 2024

“Nel ricordo che alla Spezia
il 21 novembre 1944
centinaia e centinaia di inermi
furono rastrellati e avviati
nei campi di sterminio nazisti
i giovani democratici
testimoniano
la loro consapevolezza
che la Libertà e la Pace
in cui vive il Popolo italiano
affondano le radici
nel sacrificio dei Martiri
e nella Lotta di Liberazione
1948-1988
XL Anniversario della Costituzione”

Lapide in via Michele Rossi a Migliarina (anno 1988)
a ricordo del rastrellamento del 21 novembre 2024

Migliarina antifascista

La situazione alla Spezia nell’autunno 1944 è drammatica: i nazisti con la complicità dei fascisti hanno operato contro le formazioni partigiane numerosi ed estesi rastrellamenti; nonostante ciò i gruppi partigiani resistono e l’organizzazione antifascista in armi continua il suo fitto lavoro.

La Spezia, come le altre città occupate dai nazisti dopo l’8 settembre 1943, viveva nel terrore, ma esisteva una buona organizzazione clandestina che lavorava per la liberazione. I nazifascisti ne erano a conoscenza e non risparmiavano uomini e mezzi per scoprirne piani, membri e direzione.

Molti cadevano nella loro perversa rete: chi veniva torturato, chi ucciso, chi mandato in carcere e deportato nei campi di concentramento come oppositore politico, quindi con la sorte segnata.

“L’ambiente antifascista più omogeneo e numeroso era il quartiere di Migliarina – Canaletto, zona prevalentemente operaia e di piccoli e medi operatori economici, in maggioranza antifascisti. Era in questa zona ove si lavorava più alacremente, ed era questo territorio che aveva dato buona parte dei giovani per le formazioni partigiane” (Tommaso Lupi, 1966)

Migliarina era quindi la zona più controllata dai nazifascisti; ed è proprio in quel quartiere che avvennero i più grandi rastrellamenti, con arresti, interrogatori, confessioni estorte e deportazione nei campi di concentramento nazisti.

Nella piana di Migliarina i partigiani si spingevano dai monti per colpire le forze nazifasciste che avevano nella zona posti di casermaggio e di comando e dove abitavano feroci “repubblichini” e noti torturatori fascisti, collaborazionisti italiani, fedeli e feroci, conosciuti comunemente come “Banda Gallo”, dal cognome del capo.

Quando nel maggio 1946 si celebrò il processo alla Banda Gallo, la Corte con Pubblico Ministero Gaetano Squadroni, decretò per tre della Banda la condanna alla pena capitale per fucilazione. Aurelio Gallo fu l’ultimo condannato a morte in Italia. L’esecuzione avvenne in Vezzano Ligure a Forte Bastia il 5 marzo 1947.

21 novembre 1944Il “grande” rastrellamento di Migliarina

Il “grande” rastrellamento del 21 novembre 1944 avviene per “rappresaglia a seguito dell’uccisione di un feroce repubblichino di Migliarina da parte di partigiani” (Tommaso Lupi, 1966). Il capo della Provincia Franz Turchi e i comandi locali pretendono dai camerati nazisti l’appoggio per operare il massiccio rastrellamento nel quartiere, così da mostrare agli stessi fascisti locali e alle SS come il controllo della città fosse ancora saldamente in mano alle forze di Mussolini e i complotti, imbastiti dai relativi responsabili contro l’ordine costituito, fossero facilmente neutralizzabili.

Al mattino presto di quel tragico 21 novembre le strade di accesso del quartiere vengono bloccate e presidiate da nazifascisti in armi.

Sono centinaia e centinaia gli uomini inermi fermati, portati nella vicina Flage, silurificio divenuto caserma migliarinese delle Brigate Nere, poi rinchiusi nella caserma “XXI reggimento Fanteria”, trasformata in carcere e luogo di tortura, dove i rastrellati e gli arrestati sono sottoposti a spietati interrogatori e sevizie “medievali” indicibili (unghie strappate, lesioni, bruciature e peggio…)

I familiari, all’oscuro della sorte dei propri cari, sono privati di qualsiasi contatto con i congiunti; solo pochi riusciranno a far pervenire all’esterno, in modo fortuito, qualche scarna notizia in un bigliettino clandestino.

La caserma XXI Reggimento Fanteria

Dopo gli interrogatori e le torture al “Ventunesimo”, gli arrestati subiscono un trattamento disumano nel trasferimento via mare dal molo Pirelli (oggi molo Pagliari) con motozattere e bettoline: destinazione Genova, dove sono rinchiusi nel carcere di Marassi e subiscono altri interrogatori con “colpi di nerbo e di calcio di rivoltella”.

Il grande rastrellamento non risparmia alcuna classe o condizione sociale e nessuna età: nelle celle a Marassi si ritrovano insieme sacerdoti, professori, artigiani, operai, industriali, commercianti, agenti e funzionari di polizia, impiegati, guardie carcerarie, pensionati, vecchi, ragazzi, persino il becchino del cimitero, accusato di consegnare le chiavi del camposanto ai partigiani per il ricovero durante la notte.

Molti dei rastrellati non facevano politica attiva, ma erano cittadini di fede antifascista e alcuni collaboravano clandestinamente in diversi modi con il CLN e con le forze della Liberazione.

Le accuse

Per tutti loro le accuse dei facinorosi della banda Gallo è appartenere al Comitato di Liberazione, quindi di aver partecipato a sabotaggi e decine di azioni armate col fronte dei “ribelli”: nel carcere di Marassi uno degli accusatori è ben noto perché si trattava di un sacerdote divenuto complice della banda di Aurelio Gallo e passato dalla parte degli aguzzini.

In quella circostanza i fascisti spezzini, per giustificare nei confronti dei nazisti e del governo di Salò una così imponente azione di rastrellamento, mettono insieme una documentazione falsa nei confronti degli accusati e priva di fondamento. I nazisti sospettano la messa in scena degli interrogatori, delle confessioni estorte con terribili sevizie e dei risultati dei confronti, così convocano dalla città di Imperia alcuni detenuti da tempo in quel carcere, e ad uno ad uno li mettono a confronto con ciascuno degli arrestati della Spezia. Quei poveretti “confessano” di riconoscere quei detenuti come loro fiancheggiatori in azioni partigiane compiute alla Spezia, fatto del tutto inverosimile.

Nonostante l’acclarata verità, gli interrogatori proseguono con la medesima ferocia costringendo i malcapitati rastrellati a firmare false confessioni di decine di azioni armate e sabotaggi, in pratica sottoscrivono la loro condanna a morte, differita nel tempo e perpetrata in un Campo di concentramento. I più restii a firmare sono massacrati di botte e sottoposti ad altre torture; anche agli ecclesistici non sono risparmiate sevizie e oltraggi, valga l’esempio delle sevizie subite dal padre domenicano Pio Rosso, parroco di Mazzetta, e da don Mario Scarpato, allora parroco di San Terenzo di Lerici, che ne subirà le conseguenze tutta la vita.

Per molti dei reclusi a Marassi il destino è segnato dalla partenza da Genova, scaglionata in più turni in vari giorni, proseguita con l’arrivo al campo di concentramento di Bolzano, dove si compie la sorte dei rastrellati spezzini con la deportazione, principalmente nel campo di Mauthausen.

Tutti sono internati come “politici pericolosi”, in quanto tali è assegnato loro il Triangolo rosso, come categoria da sterminare.E i più non tornarono.

Ogni trasporto, una strage

Circa un centinaio di spezzini sono deportati da Bolzano con il trasporto del 14 dicembre 1944 giunto il 18 dicembre a Mauthausen, pochissimi sopravvissero.

Il 1° febbraio 1945 dal campo di Bolzano parte un altro trasporto con destinazione Mauthausen. Su quel treno, tra centinaia di altre vittime, ANED La Spezia ha accertato 75 deportati migliarinesi o arrestati a Migliarina nel rastrellamento del 21 novembre 1944. Di questi solo 8 sono i sopravvissuti.

Pochi giorni segnano il confine tra morte e vita

Da quel 1° febbraio al 25 febbraio 1945 trascorre meno di un mese, sono pochi giorni che segnano il confine tra la vita e la morte.Infattiil 25 febbraio 1945 al campo di Bolzano è organizzata la partenza di un altro convoglio con la consueta ritualità: appello degli internati selezionati, incolonnamento, caricamento nei vagoni merce piombati dall’esterno, niente sedili, niente servizi igienici, né cibo né acqua.

La destinazione è Mauthausen, ma l’interruzione della linea ferroviaria causata dai bombardamenti alleati impedisce la partenza. Rinchiusi nei vagoni, i prigionieri attendono per giorni di conoscere la loro sorte, infine sono fatti rientrare al campo di concentramento di Bolzano. Questo ha segnato la loro sopravvivenza.

In quel trasporto, mai giunto a destinazione, si trovavano oltre cinquanta spezzini e tra quei sopravvissuti il padre di chi scrive, catturato nel rastrellamento di Migliarina alle 7,30 del 21 novembre 1944 all’incrocio (allora) di via Bragarina con via della Pianta, oggi via del Canaletto.

Migliarina non dimentica


Veduta della Chiesa San Giovanni Battista in Migliarina
(anni quaranta)

Dipinto nella Chiesa di Migliarina in Memoria dei Caduti di Mauthausen. Sullo sfondo è rappresentato il muro di cinta di quel lager (anno 1982)

Stele nel sagrato della Chiesa San Giovanni Battista in Migliarina (2006)

Nell’iscrizione si legge:
“In memoria della deportazione migliarinese e spezzina del 1944 nei campi di sterminio nazisti”


Fonti

I deportati della Spezia nei campi di concentramento tedeschi durante l’occupazione nazista degli anni 1943-1945 –Monografia di Tommaso Lupi.

Terenzio del Chicca, I rastrellamenti a La Spezia del novembre 1944. Estratto da “La Spezia”-Rivista del Comune, 1955

Migliarina ricorda. testimonianze sulla resistenza e deportazione ’43-’45 / Scuola Media A. Cervi La Spezia, Daniela Piazza Editore, Torino 1996

Aldo Pantozzi, Sotto gli occhi della morte da Bolzano a Mauthausen- Museo storico in Trento, 2002

Dario Venegoni, Uomini,donne e bambini nel lager di Bolazano. Una tragedia italiana in 7809 storie individuali, 2004


Il video del convegno

Convegno 1944: Occupazione tedesca, deportazione e Resistenza

Lunedì 18 novembre 2024 ore 15,30
Auditorium Biblioteca Civica Beghi – La Spezia

Programma:

Esecuzione Inno di Mameli a cura di allievi del Liceo musicale
Cardarelli – SP

INTRODUCE e COORDINA
Patrizia Gallotti, Presidente ISR La Spezia

SALUTI
Pierluigi Peracchini, Sindaco della Spezia
Egidio Banti, CoPresidente Comitato prov.le unitario Resistenza
Doriana Ferrato, Presidente ANED La Spezia

INTERVENTI
Maria Cristina Mirabello, VicePresidente ISR La Spezia
Dal Comando Unico (luglio 1944) alla formalizzazione della IV Zona
Operativa (dicembre 1944): linee di analisi.

Lutz Klinkhammer, storico
L’occupazione tedesca in Italia.

Giorgio Pagano, CoPresidente Comitato prov.le unitario Resistenza e storico
Giugno-Luglio 1944. Nascita e sconfitta delle zone libere del Taro
e del Ceno.

Dario Venegoni, Presidente nazionale ANED
Le deportazioni.

Mirco Carrattieri, Liberation Route Italia
La Resistenza 80 anni dopo: memorie, storiografie, public history.

Letture di brani a cura di Riccardo Monopoli

A fini strettamenti organizzativi legati alla ridotta disponibilità di posti in
Auditorium, si prega dare gentile conferma a info@isrlaspezia.it

Il convegno è in diretta streaming sui social media dell’ISRSP.

A chi ne fa richiesta è rilasciato attestato di partecipazione.

Locandina Convegno 18-11-2024

Una nuova guida per ricordare: presentazione di “Sentieri della libertà 2”

Dai Giardini Pubblici al quartiere del Favaro di Migliarina

Percorsi per riflettere

Giovedi 26 settembre alle ore 17 presso l’Auditorium della Civica Biblioteca Beghi, alla presenza del Sindaco Pierluigi Peracchini, sarà presentato il secondo volume di “Sentieri della libertà” una serie di guide agili che raccontano, con l’ausilio di interessanti foto a colori e sintetiche schede tematiche, i luoghi, le azioni e i protagonisti della lotta partigiana e della deportazione dai Giardini Pubblici al quartiere del Favaro di Migliarina.

Un percorso urbano, che passa per la centralissima Piazza Verdi, cuore di una città che vide distrutto il 70% del proprio tessuto urbano a causa dei bombardamenti. Una piazza che fu testimone di episodi drammatici ma anche luogo di festa, nel ’45, nella giornata della tanto agognata Liberazione.

Tocca tra gli altri luoghi anche Migliarina, teatro del terribile rastrellamento del 21 novembre 1944, in cui le strade di accesso al quartiere vennero bloccate e i cittadini, lavoratori, gente comune che vi transitava furono fermati e trasferiti al famigerato “Ventunesimo”, dove molti vennero sottoposti a interrogatori, torture e sevizie e infine deportati nei campi di concentramento tedeschi.

Itinerari per riflettere, facili e adatti a tutti, che includono nel percorso anche aree verdi come i Giardini Pubblici, la zona del Castello San Giorgio e il Parco della Maggiolina, con interessanti notazioni anche sui monumenti e i palazzi più significativi e pregevoli che si incontrano nel percorso.

La collana – pubblicata assieme alle Edizioni Giacché – è un’idea del Presidente della Fondazione ETS -ISR, l’Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, Patrizia Gallotti, tra gli autori di questo secondo volume assieme a Sandro Centi e Doriana Ferrato, Presidente ANED – La Spezia.

Locandina dell’evento

Il CLN spezzino durante la Resistenza

Pietro Mario Beghi ed Ennio Carando: chi ricopriva le cariche di Presidente e Segretario. Dati, problemi, ipotesi.

A cura di Maria Cristina Mirabello

Va detto innanzitutto che, riguardo alla questione delle cariche di Presidente e/o Segretario del CLN spezzino, non abbiamo dati sicuri risalenti a prima della vasta retata che lo travolse (giugno-luglio 1944).

Questo dipende fondamentalmente da almeno tre cause:

a) quando si scriveva, per timore che le carte cadessero in mano fascista e/o tedesca, non si usavano nomi riconoscibili, ma, rispetto alle persone, ad esempio nel PCI, partito dai cui archivi possiamo attingere molti documenti, si usavano perifrasi tipo “Il compagno che ci rappresenta nel CLNp”, ecc., evitando comunque di attribuire per scritto ai nominati le funzioni, specie se dirigenziali, ricoperte;
b) probabilmente, in molti casi, si evitava addirittura di scrivere e si lasciava alla sola memoria il compito di annotare le decisioni;
c) molti documenti, seppure siano esistiti, non sono comunque rintracciabili, o almeno, non lo sono al momento.

Quindi, per l’arco cronologico precedente al luglio 1944, noi avendo come fonti carte di archivio, e tanto meno verbali delle varie sedute, non sappiamo se il CLN prevedesse un Presidente e un Segretario, o solo un Presidente o solo un Segretario, e chi rivestisse tale funzione: abbiamo solo tracce sicure, o dichiarazioni, o investiture ufficiali successive, sebbene frequentemente discordanti tra loro o al loro interno1.

Non è il caso in questo articolo, che vuole essere essenziale, di ripercorrere le fasi del CLNp, dalla sua costituzione al ciclone estivo, o le vicende dei componenti che, per i vari partiti antifascisti, sedevano in esso, soffermandoci sulle circostanze in cui molti membri di tale organismo furono catturati o dovettero allontanarsi2. Da subito conviene dire, anticipando la problematica che intendo affrontare, come i due nomi, oggetto della mia riflessione, siano quelli del comunista Ennio Carando3 e del socialista Pietro Mario Beghi4.

In sintesi, mi domando: ci furono un Presidente e un Segretario nel primo CLN spezzino, o venne contemplata solo una carica? Quale? Rivestita da chi? Ed ancora: se ci furono un Presidente e un Segretario, quali personaggi ebbero tali funzioni? E, dopo lo scompaginamento del CLN, nell’estate 1944, che cosa possiamo dire sempre riguardo a chi tali funzioni svolse?

La questione va posta perché esistono, a tale proposito, tradizioni completamente diverse, anche se esse non si sono mai confrontate e tanto meno scontrate, pubblicamente, ma hanno proceduto, in parallelo, senza apparenti conflitti5, in armonica disarmonia.

Quando il CLNp venne praticamente a mancare perché, nell’estate 1944, la maggior parte dei suoi membri fu catturata, rimasero di fatto, fisicamente e organicamente sul campo, Antonio Borgatti “Silvio”, Segretario provinciale del PCI e membro per tale partito del CLN, arrivato alla Spezia ai primi di giugno 1944, e Pietro Mario Beghi, socialista, che aveva invece fatto parte da subito del CLN (rappresentandone, in un certo senso, la continuità)6.

Ennio Carando e Pietro Mario Beghi

Il rapporto di Borgatti con Pietro Mario Beghi, che probabilmente si avvia dopo i drammatici fatti di luglio, ma non immediatamente, è dapprima improntato a forte ed aspra criticità7, mutando però di segno, e diventando positivo, nello spazio di circa un mese, dal settembre all’ottobre8. Possiamo presumere, a proposito di tale significativa evoluzione, non solo che i due si conoscano meglio ma che Borgatti abbia modo di apprezzare in pieno l’opera fruttuosa svolta da Beghi, il quale, insieme al comunista Giovanni Rosso “Luigi”, ha faticosamente e pazientemente contribuito all’opera strategica di ricostituzione del Comando Unico, e quindi della I Divisione “Liguria”, dopo lo sfacelo di quest’ultima, causato dal rastrellamento del 3 agosto 1944 (e dalle dimissioni da Comandante del Colonnello Mario Fontana). Va anche detto che, sempre nella Relazione di ottobre, citata in Nota, Borgatti parla di Beghi come Segretario del CLN.

Sappiamo poi che, vista l’impossibilità che il CLN riuscisse a tenere le sue sedute alla Spezia, essendo la città strettamente sorvegliata, Borgatti e Beghi devono prendere atto della “vacatio” oggettiva riguardo alle stesse nomine da parte di taluni partiti o della indisponibilità di alcuni membri designati, ma decisamente impauriti, a riunirsi in sede urbana, e, nel dicembre 1944, decidono di trasferire il CLN ai monti9, in zona partigiana, tanto che la prima riunione (con la pienezza delle componenti politiche) avviene a Varese Ligure il 15 gennaio 1945. Il CLN “di montagna” vede quale Segretario Pietro Mario Beghi, il quale aveva già assunto sicuramente tale funzione quando, a seguito delle drammatiche vicende estive, ne era stato ricostituito, in mezzo a mille difficoltà, un altro10. E Beghi rimarrà Segretario fino alla Liberazione.

Prima di passare all’ipotesi che intendo avanzare riguardo alle funzioni rivestite da Ennio Carando e Pietro Mario Beghi nella fase del CLN spezzino che va fino a luglio 1944, e alla funzione svolta da Beghi dopo la liquefazione di esso, osservo che in nessun passo delle Relazioni di Borgatti al Triumvirato insurrezionale ligure del PCI, si fa mai cenno11 all’eventuale carica apicale ricoperta da Carando (il quale viene frequentemente denominato “Cesco”), ma questo potrebbe essere spiegato con le regole della clandestinità (Carando, quando Borgatti scrive, è, almeno in una fase, in via di allontanamento dalla provincia spezzina, e collocare accanto al suo nome una carica prestigiosa potrebbe essere pericoloso).

D’altra parte, Carando era molto stimato, nel PCI12 e fuori di esso13: personaggio di chiara fama, e questo risulta da molti ricordi di coloro che l’hanno conosciuto, era di certo eminente per gli studi, la passione nell’insegnamento, le caratteristiche ideali, morali e politiche, l’avere additato con decisione, al primo CLN spezzino, titubante sulla via da intraprendere, la necessità di agire, superando ogni attesismo.

La domanda che mi sono posta, anche sulla scorta di riflessioni uscite recentemente14, è allora questa: e se, in via ipotetica, senza irrigidirsi sulla questione se Beghi sia stato Segretario fin dal primo CLN o lo sia stato Carando, ragionassimo su un piano un po’ diverso, pensando che nel CLN potessero coesistere15 due cariche? Difficilmente Ennio Carando, semicieco, avrebbe potuto svolgere continuativamente quella di Segretario, perché non era in grado di fare verbali (ammesso che questi ultimi fossero fatti), se non in qualche modo aiutato, con tutto ciò che dal punto di vista della tutela clandestina riguardo agli altri membri dell’organismo poteva comportare. Quindi, per Carando sarebbe probabilmente meglio configurabile la funzione di Presidente, una sorta di “primus inter pares”, individuato come tale più dal punto di vista morale che burocratico (e per Beghi, fin dal principio, quella di Segretario). È difficile invece pensare alle due cariche riunite in una sola persona: in Carando per i motivi già detti e perché ciò sarebbe stato difficilmente compatibile con il ruolo del PCI nell’ambito di un CLN, in cui esistevano altri colori politici. In Beghi, perché non l’ha mai affermato.

Sicuramente, da dopo i drammatici avvenimenti del luglio 1944, non esiste un Presidente, ma c’è solo un Segretario, cioè Pietro Mario Beghi. E questo è spiegabile con la oggettiva situazione determinatasi: praticamente il CLN si era tanto assottigliato che non c’erano proprio le forze per assegnare, ammesso che prima ci fossero state, due cariche apicali. Gli unici personaggi in campo erano Beghi e Borgatti. E a Beghi “Fu convenuto di dare la carica di Segretario” (seguendo il documento, già citato, dell’Ufficio Stralcio). E Beghi scriveva, molto, per come deduciamo dai documenti rimasti e da quello che dice Borgatti al Triumvirato Insurrezionale comunista ligure16.

Beghi arriva dunque alla Liberazione come Segretario del CLN, nonché designato a rivestire la carica di Prefetto. Nelle prime elezioni che si tengono nel Dopoguerra riguardo al CLN spezzino, come già detto, egli viene poi formalmente eletto Presidente e diventa Segretario l’azionista Rino Visconti17 .

Ma, nel linguaggio corrente, essendo stata per lunghi mesi l’unica figura apicale del CLN quella del Segretario, tale denominazione potrebbe essere stata estesa a tutto l’arco temporale di vita del CLN stesso, per cui, in una parte dei documenti citati nel corso di questo articolo, e che costituiscono le fonti del ragionamento, si parla così di Carando, che nel frattempo è gloriosamente morto18, e sul cui rilievo morale e culturale, nessuno può obiettare, come Segretario.


NOTE

1 Tale varietà è riscontrabile anche in “Pietro Mario Beghi ‘Mario’ Prefetto della Liberazione”, promosso dalla Prefettura della Spezia, dal Comitato Provinciale Unitario della Resistenza, dall’ Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea (2013): in sezioni diverse, viene attribuita a Beghi o a Carando la funzione di Segretario (consultabile on line, v.)

2 Per una visione più ampia, dall’origine del CLN spezzino alla conclusione di esso, v. (Scheda a cura di Maria Cristina Mirabello). In questa Nota, basti ricordare che, nella drammatica fase di giugno (e soprattutto luglio) 1944, il CLN provinciale e il sotto Comitato militare di esso vedono: la cattura e la deportazione del liberale Rodolfo Ghironi, del democratico cristiano Isio Mattazzoni, dell’azionista Mario Da Pozzo (Mattazzoni e Da Pozzo moriranno nei campi di concentramento, mentre Ghironi morirà, al suo ritorno, nel 1946); la cattura e fortunosa fuga ai monti del comunista Renato Jacopini, che sarà tra i fondatori del Comando Unico nel luglio 1944; l’allontanamento, necessitato a causa della grave situazione, di Mario Fontana (ascrivibile alla componente socialista, Colonnello dell’Esercito, nel luglio 1944 viene poi messo a capo del Comando Unico e della I Divisione “Liguria”); l’allontanamento, data sempre la rischiosità degli eventi, del comunista Ennio Carando (Professore di Storia e Filosofia al Liceo Classico “L. Costa” della Spezia, sarà poi avviato verso il Piemonte, sua terra di origine). Dunque, Fontana e Carando scampano alle varie retate (e hanno destini diversi). Per il destino di Carando, v. Nota 9. Sempre in questa fase cadono altri importanti membri della rete clandestina, su cui il CLN si appoggia, come Amleto Maneschi e Renato Grifoglio. Per un approfondimento v.:
Scheda su Mario Da Pozzo a cura di Maria Cristina Mirabello;
Scheda su Mario Fontana a cura di Maria Cristina Mirabello;
Scheda su Amleto Maneschi a cura di Maria Cristina Mirabello e
Scheda su Renato Grifoglio a cura di Maria Cristina Mirabello.

3 Per un approfondimento, v. scheda su Ennio Carando a cura di Maria Cristina Mirabello.

4 Per un approfondimento, v. scheda su P.Mario Beghi a cura di Patrizia Gallotti e Maria Cristina Mirabello.

5 Una tradizione parte da Silvio Borgatti, Segretario provinciale del PCI, coevo agli avvenimenti spezzini dal giugno 1944. Egli ha ben conosciuto Ennio Carando, e, in un opuscolo a stampa, intitolato “Relazione del Comitato Federale dal 1939 all’agosto 1945”, datata 15 agosto 1945, redatto quindi nel Dopoguerra, in occasione del I Congresso provinciale del PCI, dice che Ennio Carando fu Segretario del primo CLN. Nel solco tracciato da Borgatti si colloca, parlando di Carando come Segretario, la Relazione dell’Ufficio Stralcio del CLN spezzino, firmata, il 20 novembre 1946, dal Presidente di esso, il comunista e antifascista di vecchia data Osvaldo Prosperi. Quest’ultimo, durante la Resistenza, aveva vissuto fuori dalla provincia spezzina, ma, rientrato, era stato eletto Presidente del CLN, il 22 luglio 1945, dopo che, risultando incompatibili la carica di Prefetto e quella di Presidente del CLN, assommate nella figura di Pietro Mario Beghi (Beghi è eletto Presidente, nel I Congresso provinciale CLN dopo la Liberazione, il 17 giugno 1945, mentre Segretario risulta Rino Visconti), Beghi era stato costretto alle dimissioni da Presidente. E, sempre su tale scia, troviamo, tra altri esempi, la comunicazione di Arnaldo Cotogni nel Convegno “Antifascismo e Resistenza alla Spezia (1922-1945), avvenuto nel 1985. Va notato che dal giugno 1945 esistono, per il CLN spezzino, sicuramente due cariche, Presidente e Segretario.
Accanto a questa tradizione se ne colloca un’altra, in genere più nota presso il vasto pubblico, secondo la quale il Segretario del CLN spezzino fu, fin dall’inizio, Pietro Mario Beghi. Lo dice, mai contestato pubblicamente, lo stesso Beghi in più documenti, e ciò viene frequentemente ripreso in numerose pubblicazioni, in cui, peraltro, spesso coesistono, in Capitoli diversi, due versioni riguardo alla carica di Segretario (v. Nota 1).
Non solo, altri, storici o appassionati di storia o protagonisti della stessa epoca, parlando nel Dopoguerra, spesso scambiano i termini di Segretario e/o Presidente, sia per Beghi che per Carando, facendo insistere su due aree semantiche contigue, ma diverse, l’uno o l’altro personaggio.

6 Secondo la Relazione dell’Ufficio stralcio del CLN spezzino (20 novembre 1946), dopo lo scompaginamento del CLN di giugno-luglio 1944 “Antonio Borgatti (Silvio) del Partito comunista sostituì il Carando nel CLN e prese contatto con il rappresentante socialista nel rifugio. Fu convenuto di ridare vita al CLN i cui membri affidarono la carica di Segretario al rappresentante socialista Dr. Beghi”. La parola “rifugio” si riferisce al fatto che Pietro Mario Beghi era stato costretto, per sfuggire a eventuale cattura, ad allontanarsi dalla città, andando a Monticelli (Fabiano-Comune della Spezia). Dell’Ufficio stralcio si è parlato anche nella Nota precedente.

7 Relazione di Antonio Borgatti al Triumvirato insurrezionale del PCI (Genova) del 15 settembre 1944.

8 Relazione di Antonio Borgatti al Triumvirato insurrezionale del PCI (Genova) del 20 ottobre 1944.

9 Questa decisione, che potrebbe essere definita della serie “A estremi mali, estremi rimedi”, fu criticata fortemente in sede regionale.

10 V. dopo.

11 Nemmeno documenti precedenti, interni al PCI, alludono, in qualche modo, a essa.

12 Brogliacci del PCI, non datati (v. AISRSP), di cui è sicuramente autore Borgatti, vedono per Carando, nella prospettiva di un rapido arrivo degli Alleati (che invece non arriveranno così rapidamente) incarichi (ma Carando, Medaglia d’oro al VM, arrivato in Piemonte, svolge lì la funzione di Ispettore nell’ambito delle Brigate “Garibaldi”, morendo il 5 febbraio 1945 a Pettinengo, Biella).

13 Pietro Mario Beghi dedica a Carando molti passi, da cui traspare stima e commozione.

14 Pagano, Giorgio, “Giugno-settembre 1944. La caduta e la rinascita del CLN spezzino e il ‘mistero’ sul suo presidente”, 18 agosto 2024.

15 In un certo senso i riferimenti a Beghi e a Carando talvolta legandoli alla funzione di Presidente, talvolta a quella di Segretario, possono derivare da confusione, ma anche dal fatto che, in effetti, così poteva essersi, in qualche modo, verificato.

16 Ulteriore interrogativo: ma perché, quando il CLN va in montagna, non si provvede a eleggere un Presidente, confermando il Segretario nella persona di Beghi, o scambiando i ruoli? In definitiva, a questo punto, i numeri c’erano…

17 Delle sue dimissioni dalla carica di Presidente per incompatibilità con quella di Prefetto si è detto alla Nota 4.

18 Si tenga anche conto del fatto che nessuno, nel momento in cui Carando va in Piemonte, sa con certezza dove e che cosa faccia, per cui si può anche pensare che, in un certo senso, se avesse davvero svolto in antecedenza la funzione di Presidente del CLN, tale carica sia stata messa, per così dire, tra parentesi.

Un mese particolare: Luglio 1944-luglio 2024, uno sguardo d’insieme

La rubrica “Una giornata particolare” cambia, il titolo, ma solo per questo mese, perché, in effetti, tutto il luglio 1944 fu un periodo particolare.

Nel corso di quel mese venne infatti strutturato il Comando Unico, anteprima di quella che sarebbe poi stata la IV Zona Operativa. Questo significò, tuttavia non senza varie e notevoli difficoltà correlate alla transizione da una organizzazione a maglie larghissime, praticamente senza maglie, a una forma decisamente più verticistica, il superamento della guerra per bande, fondata sul carisma di singoli capi-banda, anche coraggiosi e talvolta perfino temerari, che avevano compiuto importanti azioni, e risultavano, però, scollegati tra loro. La data di origine del Comando Unico, oggetto di interpretazioni diverse, è comunque collocabile nell’ultima decade del luglio 1944, nello Zerasco, probabilmente ad Adelano.

Si aggregavano in esso:

  • la Brigata Cento Croci”;
  • la Brigata “Signanini”, rapidamente denominatasi “Vanni”;
  • quel che restava del già Battaglione “Picelli”, il quale, dopo le drammatiche traversie intrecciate al processo del suo Comandante, Dante Castellucci “Facio” (v. poche righe sotto), assumeva il nome di Brigata “Gramsci”;
  • la formazione che si sarebbe denominata Colonna “Giustizia e Libertà: quantitativamente la più numerosa, aveva avuto i suoi primi nuclei, fin dall’inverno 1943, nelle zone spezzine dello Zignago (Torpiana) e, dall’autunno 1943, nel Calicese, comprese le afferenze con la Brigata d’assalto “Lunigiana”, che aveva fatto parlare di sé nella primavera 1944;
  • il piccolo, ma significativo gruppo internazionale, che ruotava intorno al Maggiore inglese Gordon Lett.

La resistenza armata sembrava, con la nuova organizzazione, acquistare una fisionomia più organica, anche se il drammatico rastrellamento del 3 agosto 1944 avrebbe evidenziato numerosi problemi e messo a repentaglio la tenuta stessa delle formazioni, tanto che il Comando Unico, con modalità in parte diverse, sarebbe stato ricostituito, molto faticosamente, solo nel tardo settembre 1944, grazie a un’abile opera di tessitura, messa in atto da Pietro Mario Beghi “Mario”, Segretario del CLN spezzino e Giovanni Rosso “Luigi”, referente del PCI per le questioni militari e i rapporti tra monti e pianura.

Va anche detto, riguardo alle zone finitime, che sempre nel luglio 1944 si concludevano importanti esperienze di libertà, quali quelle delle zone della Val Taro e della Val Ceno: diventate nel giugno 1944 liberi territori, venivano sopraffatte dalla reazione nemica, per cui il 15 luglio 1944 i tedeschi occupavano di nuovo Borgotaro. Derivava da ciò una crisi profonda della Brigata “Cento Croci”, rapidamente però rientrata, grazie all’assunzione del comando di essa da parte di Federico Salvestri “Richetto”, tanto che la “Cento Croci” aderì appunto al Comando Unico.

Negli stessi giorni dell’avvio verso quest’ultimo (o della fondazione di quest’ultimo), dipendendo ciò dalla data che i diversi storici scelgono, si consumava, il 21 e 22 luglio 1944, la vicenda terrena di Dante Castellucci “Facio”, Comandante garibaldino del Battaglione “Picelli, dipendente da Parma, condannato ingiustamente a morte da un tribunale composto da garibaldini, e fucilato.

Non solo, sempre nel luglio 1944, il CLN spezzino, che aveva sostenuto, in coerenza con l’indirizzo del CLNAI, del CVL, del CLN ligure, del Comitato militare di quest’ultimo, l’avvio del Comando Unico, veniva praticamente distrutto, a causa, probabilmente, sia di una debolezza precauzionale nella trama clandestina, sia di delazioni, cui seguirono numerosi arresti, la prigione e la deportazione per molti membri di esso, o l’allontanamento per chi non era stato arrestato.

Il CLN non si sarebbe ricostituito più, in città, nella sua pienezza, cioè con riunioni regolari e alla presenza fisica di tutti i membri dei partiti antifascisti, ma, ormai praticamente ridotto al solo Segretario, il socialista Pietro Mario Beghi, e al rappresentante del PCI, Antonio Borgatti “Silvio”, nel dicembre 1944, sarebbe stato avviato ai monti, tenendo lì la sua prima riunione, nel gennaio 1945, e rimanendovi fino alla vigilia della Liberazione.

Per un impianto cronologico generale di quei mesi v. anche “Breve cronologia della IV Zona Operativa“.

Sentieri di Libertà. Ecco il fumetto!

La scelta di tradurre in fumetti le tante storie rintracciabili nelle vicende della IV Zona Operativa1 è la finalità del progetto ideato da ISRSP e realizzato nel periodo ottobre 2023 – marzo 2024 grazie all’interesse del Dirigente USP – La Spezia e alla disponibilità dei Dirigenti Scolastici dell’I.I.S.S. “L.Einaudi-D.Chiodo” – Indirizzo grafica (prof. Emilio Di Felice), dell’I.T.C.T. “A.Fossati-M.Da Passano” – Indirizzo grafica e comunicazione (prof.ssa Paola Leonilde Ardau) e dell’I.S.S. “V.Cardarelli” – Liceo Artistico (prof.ssa Sara Cecchini), che hanno aderito al percorso formativo, su delibera dei rispettivi Collegi Docenti e Consigli di Istituto.

Il progetto è a cura di:

Fondazione ETS ISRSP
(Istituto Spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea)
I.I.S.S. “L.Einaudi-D.Chiodo” – Indirizzo grafica
I.T.C.T. “A. Fossati-M.Da Passano” – Indirizzo grafica e comunicazione
I.S.S. “V .Cardarelli” – Liceo Artistico.

Le/I docenti e le studentesse/gli studenti che hanno partecipato all’opera:

I.I.S.S. “L.Einaudi-D.Chiodo”: prof.ssa Simona Mori, prof.ssa Maria Pezzuto, prof.ssa Angelica Frugis; studenti: Anna Airaghi, Gianluca Broccini, Yassine Essaid, Greta Martina Ferdinandi, Sara Sadia Houmine, Sara Martini, Verona Meshi, Giada Perricone, Ersida Prushi, Karem Serva, Sabrina Tonarelli, Francis Ken Tulipas,Tiziano Tuvo, Sebastiano Vitali Lorenzini.

I.T.C.T. “A.Fossati-M.Da Passano”: prof. Maurizio Fiorillo, prof.ssa Giorgia Santi, prof.ssa Marta Borsi; studenti: Sofia Bonni, Emma Martinelli, Leonardo Rubini.

I.S.S. “V.Cardarelli” (Liceo Artistico): prof. Nicholas Lucchetti, prof.ssa Linda Ferravante; studenti: Connor Aquilano, Emma Borsetto, Gaia Callegher, Francesca De Matteis, Alessandra Laurencigh, Orielvy Moronta, Giorgia Pulinas, Viola Signoriello, Zoe Venturini.

La stesura delle storie ha visto la preziosa supervisione di Francesco Frongia, esperto fumettista, che ha tenuto, tra ottobre e marzo, dieci lezioni alla presenza di tutte le parti coinvolte così da mettere in grado, sia i propositori, sia gli attuatori, di capire meglio la tecnica e le ragioni del fumetto, e per facilitare la realizzazione delle trame selezionate.

Abbiamo aggiornato la pagina relativa all’iniziativa, per permettere a tutti di avere un’anteprima della storia a fumetti realizzata.

Buona lettura!

Addio a Vega Gori “Ivana”

Dopo una breve malattia si è spenta Vega Gori “Ivana”, protagonista della Resistenza spezzina. Siamo vicini a Maria Cristina Mirabello, vice Presidente dell’ISR e alla sua famiglia.

Vega Gori, ultima di tre figli, nasce a Casalmaggiore (Cremona) nel 1926, da genitori di origini toscane. L’antifascismo del padre, costretto a cambiare di frequente lavoro, spesso trasferendosi da un luogo all’altro, determina per la famiglia una situazione di grande precarietà. È così che i Gori, dopo molte peripezie, arrivano infine a Vezzano Ligure (La Spezia), dove si fermano. Ed è alla Spezia, dopo l’8 settembre 1943, che Vega, giovanissima, aderisce alla Resistenza, prendendo il nome di “Ivana”. Inquadrata nella Brigata S.A.P., da cui è congedata alla Liberazione con il grado di maresciallo, l’autrice, che opera proprio «dentro il cuore della rete clandestina», ricorda commossa la stagione della Resistenza come «la fase più importante della mia vita, quella che le ha dato luce, arricchendola degli ideali di libertà, giustizia, umanità solidale, che spero di avere in qualche modo comunicato a chi mi è stato vicino». Dopo la Liberazione “Ivana”, che lavora fino al 1949, si sposa con Giuseppe Mirabello “Apollo”, medaglia di bronzo al V.M. per la Resistenza spezzina e poi, fino alla prematura morte, funzionario-dirigente del PCI, dedicandosi completamente alla figlia Maria Cristina, coautrice del libro: “Ivana” racconta la sua Resistenza: una ragazza nel cuore della rete clandestina (Edizioni Giacché, La Spezia 2013).