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Correva il giorno… 8 settembre 1943, La Spezia e la partenza della flotta

a cura di Patrizia Gallotti

L’8 settembre 1943 alla Spezia, considerato che molte famiglie erano sfollate nei dintorni di campagna, c’erano forse più militari che civili, soprattutto marinai, con la maggior parte della flotta ancorata in rada. Nella tarda serata di quel giorno l’EIAR (l’attuale RAI) diramò un famoso comunicato “straordinario” che includeva un passaggio ambiguo: […] Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza […] A nessuno fu chiaro che cosa si dovesse fare: il proclama era, volutamente, poco esplicito.

I primi a pagarne le spese furono i soldati. Ordinando alle forze armate italiane di reagire solo se attaccate, il proclama sottintendeva la speranza – dimostratasi illusoria – che gli americani avrebbero guidato loro un attacco contro i tedeschi nei punti nevralgici del Paese. Ma questo non avvenne. Quindi, uscivamo dalla guerra, sì, pronti a reagire però contro chiunque ce lo avesse impedito1.

Ai primi chiarori del giorno dopo cominciò lo sbandamento: la flotta salpò al completo «per destinazione ignota», mentre tutti sapevano che la Marina era attesa a Malta, in ossequio alla resa pattuita2. La reazione dei tedeschi fu immediata, l’occupazione delle zone militari della Spezia, affidata a poche pattuglie che marciavano cantando al centro delle strade, fulminea.

Gli spezzini, già evacuati al principio della guerra, non potevano più tornare nelle loro abitazioni urbane distrutte o pericolanti per i pesantissimi bombardamenti dell’aprile e del giugno 1943. La Spezia era una città fortemente devastata nelle sue strutture sociali e produttive, tanto che al termine della guerra risulterà terza per distruzioni subite, dopo Cassino e Rimini.

Ma bisogna riconoscere che la partenza della Squadra Navale agli ordini dell’Ammiraglio Carlo Bergamini è un fatto inciso “per sempre”, e nelle vicende della Spezia e nella storia italiana di quel periodo.

RT Orsa Scorta convogli, partenza al tramonto, 1940 (Archivio M. Martone)
RT Orsa Scorta convogli, partenza al tramonto, 1940 (Archivio M. Martone)
Ripercorriamo gli avvenimenti

Nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943 la flotta italiana lasciava La Spezia dov’era ormeggiata per raggiungere La Maddalena, destinazione concordata dalle clausole armistiziali. Presero il mare 23 navi tra cui la corazzata “Roma” su cui era imbarcato l’ammiraglio Carlo Bergamini, comandante in capo della flotta italiana composta dalla 9ª Divisione (corazzate Roma, Vittorio Veneto e Italia) agli ordini dell’ammiraglio Enrico Accoretti; la 7ª Divisione (incrociatori Eugenio di Savoia, Duca d’Aosta e Montecuccoli), comandata dall’ammiraglio Romeo Oliva; l’8ª Divisione (incrociatori Duca degli Abruzzi, Garibaldi e Attilio Regolo) comandata dall’ammiraglio Luigi Biancheri; la 12ª Squadra cacciatorpediniere (le navi Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere e Velite) comandata dal capitano di vascello Giuseppe Marini; la 14ª Squadra cacciatorpediniere (le navi Legionario, Oriani, Artigliere, Grecale, e la torpediniera Libra), comandata dal capitano di fregata Amleto Balbo; in ultimo, le unità della Squadriglia torpediniere «Pegaso» (Pegaso, Orsa, Orione, Impetuoso e Ardimentoso).

La flotta partì dalla Spezia alle ore 03,40 del 9 settembre per una breve sosta a La Maddalena, come ordinato da Supermarina, e dove Bergamini avrebbe trovato i documenti armistiziali e gli ordini per il porto di destinazione finale che, comunque, sarebbe stato in una zona controllata dagli anglo-americani.

RT Orsa in navigazione 1940 (Archivio M. Martone)
RT Orsa in navigazione 1940 (Archivio M. Martone)

Alle ore 14.37, in prossimità delle Bocche di Bonifacio, Bergamini riceve la notizia che l’isola era stata occupata dai tedeschi e gli viene ordinato di invertire la rotta e di dirigersi su Bona (in Algeria).

L’Ammiraglio, alle 14,41, effettua l’inversione per sottrarre le navi alla cattura, assume la rotta 284°, che era quella di sicurezza, per uscire dal golfo dell’Asinara e proseguire per Bona. La manovra era stata compiuta da pochi minuti, quando la formazione navale viene attaccata da bombardieri tedeschi.

La storiografia ufficiale e, in buona parte, le “Memorie dell’Ammiraglio de Courten3, Capo di Stato Maggiore, Ministro della Difesa dal luglio 1943 al 1946, pubblicate dall’Ufficio storico della Marina4, non mettono in discussione la fedeltà di Bergamini agli ordini impartiti dal Ministero della Marina.

Lo stesso Ammiraglio Raffaele de Courten, nelle sue Memorie, afferma infatti di avere trovato nelle ore dell’armistizio “grande conforto nel colloquio telefonico avuto con l’Amm. Bergamini, il quale dalla Spezia mi assicurò che la flotta intera era pronta ad eseguire qualunque ordine venisse impartito…”

RT Orsa, particolare attrezzatura dragaggio, II Guerra Mondiale, giugno 1940 (Archivio M. Martone)
RT Orsa, particolare attrezzatura dragaggio, II Guerra Mondiale, giugno 1940 (Archivio M. Martone)

Certamente, però, ci fu, da parte di Bergamini, come si legge nel testo di Francesco Mattesini La Marina e l’8 settembre, una reazione alla notizia dell’armistizio (dicendo lo stesso Bergamini di non voler andare a fare il guardiano di navi in consegna al nemico), ma, secondo gli storici, fu la reazione del marinaio, dell’ufficiale, del Comandante in Capo delle Forze Navali da battaglia, tenuto ingiustamente all’oscuro del tragico evolversi della situazione.

Bergamini fu insomma profondamente e umanamente colpito dal fatto che la Marina non fosse stata messa al corrente di tutte le fasi e di tutte le condizioni delle trattative: “la Marina che ha conquistato con il suo sangue e con il suo valore il diritto di essere la prima fra i primi nell’albo d’oro dei benemeriti della Patria” (dal discorso di Bergamini il 1° agosto 1943 all’equipaggio della corazzata “Italia” (già “Littorio”). Come responsabile delle Forze Navali si sentì mortificato, ma non mise in discussione gli ordini superiori.

Jalta , URSS, Equipaggio MAS 567, 1942-43 (Archivio M. Martone)
Jalta , URSS, Equipaggio MAS 567, 1942-43 (Archivio M. Martone)

Nessuna unità della flotta doveva cadere nelle mani del nemico. L’autoaffondamento in alti fondali, a cui Bergamini pensava, era nella tradizione militare. Ma tale gesto, se aveva uno spiccato valore ed era doveroso in pieno stato di guerra, ad armistizio concluso e a condizioni, pur assai gravose, accettate, voleva dire ribellarsi agli ordini e distruggere, consegnandolo ai tedeschi, un patrimonio vero che ancora esisteva per il popolo italiano.

L’Ammiraglio, posto di fronte alla necessità di salvaguardare, anche nell’umiliazione della sconfitta, il bene di tutti (“le navi ti sono state affidate dalla Patria”, gli disse de Courten) non esitò a rivedere le sue idee, a smorzare la sua reazione e ad eseguire gli ordini con fedeltà e lealtà.

RT Orsa,esercitazione recupero siluri, II Guerra Mondiale,1940 (Archivio M. Martone)
RT Orsa,esercitazione recupero siluri, II Guerra Mondiale,1940 (Archivio M. Martone)

Con quale stato d’animo abbia comunque affrontato quei momenti e abbia preso quelle decisioni, si può immaginare, soltanto immaginare. Non si conoscono altri ordini e atteggiamenti documentati da parte del Comandante in quelle ore caotiche e drammatiche. Basti pensare che la tragica cronologia dell’8 e 9 settembre 1943, segna un seguirsi spasmodico di ordini e contrordini, di tensioni e di reazioni, di vita e di morte.

Ci sono comunque autori controcorrente come Giovanni Ansaldo (Dizionario degli italiani illustri e meschini, Milano, 1980, p.65) che scrive, riferito a Bergamini: “Nessuno sa quali fossero le sue intenzioni” nel momento di partire dalla Spezia. Anche nello scritto diramato il 7 gennaio 1944 dall’Agenzia “Corrispondenza repubblicana” si legge: “Se Bergamini fosse rimasto in vita, non avrebbe mai consegnato le navi al nemico…”. Uno scritto di Antonio Mascello (“Il Resto del Carlino”, edizione di Modena, 27.8.1986) afferma: “No, l’Ammiraglio non si è arreso e non ha eseguito gli ordini”.

Certamente l’Ammiraglio era molto deluso dell’armistizio, tanto da avere ripetuto ai suoi collaboratori “Non era questa la via immaginata”, ma resta comunque il fatto che partì, fu bombardato dai tedeschi e morì. Un sacrificio che contò 1393 marinai tra ufficiali, sottufficiali, sottocapi e comuni, con loro anche l’ammiraglio Carlo Bergamini e il comandante della “Roma”, capitano di vascello Adone Del Cima.

A titolo informativo, pare che la corazzata “Roma” sia stata colpita da una bomba a razzo radiocomandata, usata per la prima volta dai tedeschi, e il fatto che secondo il figlio di Bergamini, Pier Paolo, “quella bomba a razzo deriverebbe da studi e da prove fatte da nostro padre presso il balipedio di Nettuno”.

È giusto ricordare la Medaglia d’oro Carlo Bergamini, i suoi ufficiali, ma anche, e soprattutto, i marinai caduti. Penso inoltre che sia importante, nel citare Bergamini, mantenere vivo il ricordo di altre figure delle forze armate, tutte perite in quei giorni o a causa di avvenimenti successi proprio in quei giorni, per mano tedesca e/o fascista. Tra esse, solo pochi esempi5, tratti da una lista lunghissima di caduti per un’idea di patria che, progressivamente priva di ogni retorica fascista e nazionalista, si sarebbe faticosamente avviata ad assumere le caratteristiche insite ad un concetto di patria democratica.

Jalta, URSS, Bandiera MAS 567, IV Flottiglia, Com. F. M. Mimbelli, 1942-43 (Arch. M. Martone)
Jalta, URSS, Bandiera MAS 567, IV Flottiglia, Com. F. M. Mimbelli, 1942-43 (Arch. M. Martone)

E proprio la Resistenza, con il suo sacrificio di sangue, in cui si annoverano moltissimi esponenti della Marina, avrebbe reso infatti possibile tale passaggio.


1 L’armistizio, firmato a Cassabile (Sicilia) con gli anglo-americani, prevedeva che l’Italia cessasse di collaborare con i tedeschi, interrompesse le ostilità contro le truppe alleate, liberasse tutti i prigionieri di guerra e desse la disponibilità agli Alleati di utilizzare il suo territorio per le operazioni di guerra.

2 Al punto 4) delle clausole dell’armistizio si legge: Le Forze italiane di terra mare ed aria, entro il termine che verrà stabilito dalle Nazioni Unite, si ritireranno da tutti i territori fuori dell’Italia che saranno notificati al Governo italiano dalle Nazioni Unite e si trasferiranno in quelle zone che verranno indicate dalle Nazioni Unite. Questi movimenti delle Forze di terra, mare e aria verranno eseguiti secondo le istruzioni che verranno impartite dalle Nazioni Unite e in conformità degli ordini che verranno da esse emanati […]

3 Raffaele de Courten, conte (1888-1978). E’ stato ammiraglio e politico italiano. Ministro della Marina, fu l’ultimo Capo di Stato Maggiore della Regia Marina e primo della Marina Militare.

4 Solo nel 1988 la famiglia de Courten ha consegnato l’intero archivio dell’ammiraglio all’Ufficio storico della Marina con la clausola che le Memorie fossero pubblicate integralmente.

5 In occasione dell’8 (e 9 settembre), oltre a Carlo Bergamini, possiamo anche ricordare: l’Ammiraglio Federico Martinengo, Medaglia d’oro al VM (alla memoria), morto combattendo, il 9 settembre 1943, sulla sua vedetta antisommergibili, all’altezza dell’isola di Gorgona; l’Ammiraglio Inigo Campioni, Medaglia d’oro al VM e il Contrammiraglio Luigi Mascherpa, Medaglia d’oro al VM (ambedue catturati e poi processati dal Tribunale speciale per avere resistito ai tedeschi nel mare Egeo, fucilati a Parma, nel maggio 1944), il Capitano Mario Mastrangelo, Medaglia d’oro al VM (alla memoria), il Capitano Francesco Cacace, Medaglia d’argento al VM (alla memoria), il Generale Antonio Gandin, Medaglia d’oro al VM (alla memoria), tutti fucilati per la resistenza opposta dai militari italiani ai tedeschi a Cefalonia. Nel Comune della Spezia esistono via Mario Mastrangelo, via Francesco Cacace e un piccolo viale dentro il Parco XXV Aprile (Canaletto) dedicato ai caduti di Cefalonia e delle isole del mare Egeo.

Nota Bene: le fotografie “Marina Militare italiana durante la II Guerra Mondiale”, che accompagnano l’articolo, vengono pubblicate per la prima volta e appartengono all’Archivio privato di Mauro Martone, che ringrazio sentitamente a nome di tutto l’ISR.