Contro paura, povertà e pregiudizi. Per una vita migliore, sia dal punto di vista materiale sia, che non è meno importante, morale. Nella giornata dell’8 marzo, una “festa” che non dovrebbe limitarsi mai a un effimero ramo di mimosa, l’ISR spezzino vuole ricordare le donne, eccezionali e normalissime, che hanno vissuto gli anni, veramente, più bui. Quelli della dittatura fascista, della lotta di liberazione, della conquista di un “nuovo mondo”, che all’epoca sembrava addirittura più lontano dell’America.
Staffette, combattenti, filandine, borghesi, perfino possidenti; ragazzine, madri di famiglia, maestre, stenografe e universitarie, cosa che, a quei tempi, non era troppo comune. Sono state moltissime le rappresentanti del cosiddetto “sesso debole” che, magari, non hanno impugnato le armi in prima persona, ma hanno combattuto lo stesso. E anche contro un nemico forse peggiore e non ancora pienamente battuto: il (pre) concetto che una donna deve stare in silenzio, senza opinioni, schiava, perché non ha diritto alle voce, alle idee, alla libertà.
Qualche anno fa, è uscito per le Edizioni Giacché un libro intitolato “Anch’io ho votato Repubblica. Le donne spezzine e la conquista del voto. Storia, immagini e testimonianze di un’epoca”, scritto da Anna Valle e da Annalisa Coviello. In esso, dopo un’accurata disamina dell’evoluzione del suffragio universale (che includeva, appunto, anche le donne) all’estero e in Italia, sono presentate le interviste alle donne spezzine che, per la prima volta, hanno votato alle elezioni del 2 giugno 1946 nel referendum tra monarchia e repubblica.
Testimonianze preziose, e irripetibili, purtroppo, per ragioni anagrafiche, che ci offrono uno spaccato importante della loro vita, difficile e pericolosa, tra una fila per il cibo e una fuga dai bombardamenti, tra una riunione clandestina e un viaggio, miracolosamente con ritorno, per un campo di concentramento, tra la scelta della pistola, piccola e leggera, da portare nella borsetta e quella del vestito più adatto per il primo appuntamento con il voto.
“Ci voleva anche che non ci concedessero il voto, dopo tutto quello che abbiamo passato…”. Rina Gennaro Bruzzone, che è stata la prima segretaria dell’UDI in città, la guerra l’ha vissuta in prima linea, dato che ha svolto, con estremo rischio, il ruolo di staffetta partigiana. Iniziando così, quasi per caso.
“Nella mia famiglia, eravamo sempre stati antifascisti, ma non avrei mai pensato di fare la partigiana. Lavoravo come commessa da Melley e un mio collega, che già portava i documenti per i ragazzi che erano scappati in montagna e si erano uniti alle brigate, mi ha detto: “Perché non provi anche tu?” E io l’ho fatto”. Ma quello che prima era stato un caso, ben presto si trasforma in una missione.
Con il nome di battaglia di “Anna”, lo stesso che poi darà alla sua unica figlia, la signora Rina si occupava di tenere i collegamenti tra le formazioni della Spezia e la sede centrale di Genova, spingendosi, a volte, fino a Savona.
“Un giorno, ricordo che ero salita sul treno a Sarzana e dovevo andare a Genova portandomi in borsa i nomi di tutti coloro che appartenevano alla IV zona operativa. A Vezzano, il treno si ferma e salgono i tedeschi, che hanno incominciato a perquisire tutti i passeggeri”. Un momento di puro panico, ma la giovanissima staffetta non si perde d’animo.
“C’erano tutti i nomi dei ragazzi che erano in montagna, ma anche di quelli che tenevano i collegamenti con la città, dei capi, insomma, si trattava di documenti molto importanti. Che cosa dovevo fare? Per fortuna i fogli, dato che a quel tempo la carta non abbondava, erano molto sottili, così me li sono mangiati…”
“Papà era socialista, di quelli all’antica”, ricorda Maria Magnanini Bruni. “Non era facile, durante il fascismo. Spesso veniva picchiato e anch’io ho dovuto subire la mia dose di umiliazioni. Ricordo che, a scuola, il maestro mi metteva all’ultimo banco, da sola, e mi interrogava sempre. Per poi dover ammettere, a bassa voce: “Però, questa stupida figlia di un bolscevico è brava”. Io piangevo e chiedevo a mio padre cosa volesse dire essere socialista.
“Io sono sufficientemente anziana da ricordare le elezioni del 1924, le ultime prima della dittatura. Allora ero una bambina, mi ero arrampicata sulla finestra della scuola del mio paese dove era stato allestito il seggio. Vedevo che entravano a votare solo gli uomini e non mi sembrava giusto.
Così, quando il diritto di voto è stato dato anche alle donne, eravamo felici. Ricordo che, in coda davanti ai seggi, ridevamo, ci abbracciavamo, anche se non ci conoscevamo nemmeno. E’ stato un momento di gioia, di soddisfazione, meritata dopo così tante sofferenze. Non me lo scorderò mai”.
“Nella Resistenza, nella guerra, noi siamo state una parte veramente attiva”, sostiene Anna Maria Vignolini Peruggi, la partigiana “Valeria”. “E ne eravamo consapevoli. Io ricordo benissimo il giorno del referendum, qui a Sarzana c’era una frotta di donne, vecchie, giovani, che si recavano con gioia ai seggi, sembrava una festa”. E, probabilmente, la era: la festa della parità con l’uomo, già ottenuta sui campi di battaglia e ora sancita anche dalla legge.
“Una mia conoscente era rammaricata del fatto di poter votare solo una volta. E anch’io, sarei andata a dir di no alla monarchia almeno cento volte. Era quello che cercavo di spiegare nelle riunioni preparatorie: che il re ci aveva tradito, che ci aveva abbandonato in mano ai tedeschi. Ma non ce ne era nemmeno bisogno: le donne, pur essendo di solito affezionate ai Savoia, lo sapevano benissimo”.
“Ho fatto parte dei gruppi preparatori, per insegnare alle donne a votare. E a farlo bene”, aggiunge, doverosamente, la signora Mimma. “All’epoca i giornali, la carta, erano rari e ben poche sapevano leggere, così ci preparavamo noi, su dei fogli così, alla buona, dei facsimili di schede elettorali che portavamo in giro dappertutto”.
“Andavo casa per casa, per convincere le donne a votare”, racconta Carolina Masini Colombo. Una ha commentato: “Le donne stanno bene a lavare per terra”. E io le ho risposto: “La donna può fare di tutto, da lavare per terra ad andare al Parlamento”. Francamente, soprattutto in tempo di guerra, tutte abbiamo fatto di tutto, come, meglio, più degli uomini”, nota, giustamente, con combattività, la signora Carolina.
“Io non ero istruita, però mio fratello, mio marito mi avevano insegnato molto. E devo riconoscere che non era facile, convincere le donne ad andare a votare. C’era molta ignoranza e anche un po’ di paura. Una signora, una volta, mi ha detto: “Sai, si perde l’onore ad andare a votare”. Io sono rimasta stupita, ma le parole, per fortuna, non mi sono mai mancate e, allora, le ho ribattuto: “E a te chi te l’ha detto?” “Mio marito”. Ecco, questo in molte case era il clima”.
Per fortuna, non ovunque. “No, devo riconoscere che ne ho convinte tante. E tante non ne avevano nemmeno bisogno, di essere convinte. La guerra aveva aperto gli occhi un po’ a tutte, ci aveva fatto capire come stavano le cose, soprattutto, ci ha dato la certezza di essere uguale agli uomini. Una certezza, peraltro, che io ho sempre avuto”.
“Mio padre aveva in casa quattro donne: io, le mie due sorelle e la mia matrigna. La mattina del 2 giugno del 1946, che era, lo ricordo benissimo, una domenica, eravamo sveglie, di buon’ora. Abitavamo in campagna e papà, già dall’alba, girava, vestito di tutto punto, per la casa. Anche noi avevamo l’”abito della domenica”, a quei tempi si usava così, indossare indumenti nuovi per ogni appuntamento importante. Come era quello con il “primo voto”. Papà continuava a mettersi e togliersi il cappello e, prima di uscire, quando eravamo finalmente pronte, ci ha detto, tutto serio: “Donne, state bene attente a non sbagliare il voto. Altrimenti, vi taglio la testa con il pennato. Non so se l’avrebbe fatto davvero, ma c’era poco da scherzare. E noi non abbiamo sbagliato”. Questo il divertente racconto di Carla Malaspina Buscemi.
Non ha potuto votare, perché era troppo giovane, Vega Gori Mirabello, la staffetta “Ivana”. E, in base ai suoi ricordi, raccolti nel libro “Ivana” racconta la sua Resistenza”, scritto insieme con la figlia, Maria Cristina Mirabello, Edizioni Giacché, ne era veramente addolorata. A tal punto che suo padre, anarchico da sempre, è andato a votare, nonostante le sue ideologie glielo proibissero, proprio per esprimere la preferenza della famiglia per la Repubblica. Anzi, lui era veramente perplesso sul non presentarsi ai seggi, visto che un anarchico aveva dovuto eliminare un re a colpi di rivoltella (in riferimento all’attentato perpetrato da Gaetano Bresci contro Umberto I nel 1900), mentre ora si poteva mandare via con una matita….
Le testimonianze delle prime elettrici del 1946 sono state tante, e tutte particolari. Accomunate, però, da un fil rouge che dovrebbe essere tenuto sempre in mano, non solo l’8 marzo: sancire l’uguaglianza con gli uomini che loro sentivano come acquisita, anche se la lotta per una reale parità, lo sappiamo bene tutte, non è ancora pienamente conclusa e, forse, non lo sarà mai.
Per le donne che hanno votato quella prima volta, c’è stato ancora domani. E per tutte noi?
Premessa a cura di Patrizia Gallotti e Maria Cristina Mirabello
Abbiamo più volte ricordato come la Resistenza sia il momento in cui le donne italiane rivelano un protagonismo prima sconosciuto, sebbene luminosi esempi femminili siano ravvisabili anche anteriormente, a livello di lotta per l’emancipazione, per la giustizia, per la libertà.
Senza soffermarci sulla storia generale delle donne italiane, basti ricordare che, nel corso del Ventennio fascista, non tutte le donne chinarono il capo, anzi, molte conobbero la persecuzione politica, la vigilanza continua, l’esilio, il confino, la prigione, incorrendo anche nelle condanne del Tribunale Speciale, e/o furono oggetto di vessazioni, semplicemente perché amiche o familiari di antifascisti.
Sicuramente è però il momento resistenziale a svelare, con più nettezza, il protagonismo femminile, sia a livello di lotta armata che di rete civile clandestina: portaordini, staffette, dattilografe, travestitrici di soldati sbandati nel dramma dell’8 settembre, coadiuvanti di una scelta che implicava, comunque, anche semplicemente proteggendo con il silenzio chi effettivamente cospirava, grossi rischi.
La loro funzione è riconosciuta chiaramente da Antonio Borgatti “Silvio”, membro comunista del CLNp, in molte delle sue Relazioni, nonché nel suo libro, postumo, pubblicato nel 2022, tanto che, tra febbraio e marzo 1945, essendo colpita la rete clandestina da vere e proprie ondate di arresti, egli dice chiaramente che, ormai, può fidare solo sulle donne, meno individuabili sicuramente degli uomini.
Non si può comunque dimenticare che proprio queste ultime furono, in un certo senso, le vere volontarie della libertà, non essendo colpite dai bandi forzati di chiamata alle armi della RSI, ma compiendo dunque una scelta che potevano risparmiarsi, e che, per il genere femminile, si rivelava, in quel contesto, inusuale, oltremodo difficile e pericolosa.
In occasione dell’8 marzo 2024, pensiamo, ripubblicando di seguito la scheda sui Gruppi Difesa della Donna, di rendere un argomentato omaggio a tante donne che hanno fatto la Resistenza spezzina, mettendo direttamente a disposizione del grande pubblico un importante contenuto degli Strumenti, il Lessico della Resistenza spezzina.
Vogliamo infine anche ricordare che, proprio negli scioperi del 1-3 marzo 1944, fu rilevante il protagonismo femminile, sia dei GDD, che di singole donne, ad esempio di Elvira Fidolfi, operaia dello Jutificio Montecatini: faceva parte del gruppo organizzatore della protesta, venne arrestata con la sorellaDora e deportata, non tornando più dal campo di concentramento.
Foto di copertina tratta dall’archivio della rivista Noi Donne.
G.D.D. Gruppi Difesa della Donna
A cura di Maria Cristina Mirabello
Nel novembre 1943 si incontrano a Milano le comuniste Rina Picolato, Giovanna Barcellona e Lina Fibbi, l’azionista Ada Gobetti e la socialista Lina Merlin per costituire un’Associazione di donne che assista i combattenti per la libertà e sia aperta a tutte le donne intenzionate a lottare per la loro emancipazione, indipendentemente dalla propria fede religiosa o politica. A questo primo nucleo si aggiungono poi anche donne democristiane e il 10 luglio 1944 i Gruppi Difesa della Donna sono riconosciuti ufficialmente dal CLNAI come proprio organo.
I Gruppi Difesa della Donna affiancano quindi la Resistenza su molteplici piani: organizzano infatti scioperi contri i nazifascisti; creano una rete di assistenza solidale alle famiglie dei deportati, incarcerati e caduti; organizzano le proteste contro il caro-vita; propagandano la resistenza ai nazi-fascisti contribuendo a ciò nella vita quotidiana e nelle fabbriche ( per il sabotaggio della produzione di guerra), nelle scuole, nelle campagne (per boicottare la consegna di viveri all’ammasso); si dedicano all’assistenza sanitaria, alla stampa (abbiamo in tale ambito i giornali “La compagna”, “La difesa della donna lavoratrice”, mentre di ispirazione cattolica è “La Fiamma”)[1].
IV Zona Operativa Va detto innanzitutto che i Gruppi Difesa della Donna si presentano in genere in Liguria come un fenomeno fondamentalmente urbano ma che nel territorio spezzino[2] vedono un radicamento nelle campagne, specie arcolane e sarzanesi.
Per quanto si può capire e ricavare dai documenti di Archivio (scarsi) coevi e dalle testimonianze posteriori si ha un continuo interscambio fra S.A.P., Gruppi Difesa della Donna e Fronte della Gioventù. In un certo senso è come se chi agiva in quel momento avesse di sé l’idea di operare in qualità di appartenente ai Gruppi Difesa della Donna e/o al Fronte della Gioventù, essendo però inquadrato burocraticamente “a posteriori” nei Battaglioni S.A.P. Questa importante notazione esce fuori anche dalla lucidissima e organica testimonianza resa da Anna Maria Vignolini la quale parla, a proposito delle organizzazioni dell’epoca, di un lavoro “artigianale”, cioè poco formalizzato, in cui sicuramente c’erano alcuni elementi-snodo, a conoscenza della rete cospirativa nel suo complesso, ma la maggior parte dei componenti sapeva solo un “segmento” delle strutture, accadimenti e decisioni[3].
E’ indubbio che alcune zone della Provincia presentino nel corso della Resistenza gruppi di donne particolarmente attive, come si può dedurre e dalle testimonianze citate nelle Fonti e da documenti trasmessi. Alla fine di dicembre 1943 esce, ad esempio, in tutta la Val di Magra un lungo volantino in cui sono ripresi articoli de “l’Unità”.
Ad Arcola, da cui proviene Elvira Fidolfi, animatrice insieme alla sorella Dora dello sciopero del 1944 allo Jutificio Montecatini[4], esiste un gruppo particolarmente combattivo di donne, alcune delle quali molto giovani: fra esse si distinguono Laura De Fraia “Franca”, Mimma Rolla “Aura”, Iva Rolla (madre di Mimma), tutte riconosciute nel Battaglione S.A.P. II Zona. Con loro è Paola Toffi (riconosciuta nel Battaglione S.A.P. II Zona) addetta alla stampa e propaganda (in contatto con Antonio Borgatti “Silvio”, segretario della Federazione Comunista, Maria Roffo (riconosciuta nel battaglione S.A.P. II Zona), Jone Nevia Ricco, incaricata di battere a macchina.
Sempre di questo gruppo fa parte Dina Gattoronchieri, che rimarrà poi uccisa. Con tale consistente nucleo entra per un certo periodo in contatto anche Vega Gori “Ivana” di Vezzano Stazione (riconosciuta nel Battaglione S.A.P. III Zona), la quale lavora come dattilografa della stampa clandestina, dei documenti P.C.I. e C.L.N., a continuo contatto, per questa mansione e per quella di staffetta porta-materiale, con Antonio Borgatti “Silvio”.
Anna Maria Vignolini “Valeria” (riconosciuta nel Battaglione S.A.P. Ia Zona) muove le fila delle donne di tutta la variegata area che va da Ortonovo, a Sarzana, a Santo Stefano, Lerici, S. Terenzo, Termo, Limone. Melara, fino alla zona del cimitero dei Boschetti alla Spezia. La sua opera inizia subito dopo l’8 settembre 1943, quando è incaricata di organizzare gruppi femminili per raccogliere denaro e vestiario, onde dare supporto a nuclei partigiani ai monti, gruppi che solo successivamente si chiameranno Gruppi Difesa della Donna. E’ lei che, nel suo operare, incontra tutta una serie di donne: quelle arcolane citate più sopra, specie Laura De Fraia e Mimma Rolla, ma si reca anche molte volte a casa di Vega Gori a Vezzano Stazione per insegnarle, fra l’altro, a scrivere a macchina in grande, tramite l’uso ripetuto delle X, le testate della stampa clandestina.
I compiti svolti dalle donne, deducibili dalla testimonianza di “Valeria” e dalle testimonianze citate nelle Fonti, sono molteplici: da quelli, più legati al ruolo femminile, del lavoro a maglia e del ricamo e cucito per le uniformi partigiane e bandiere a quelli di supporto alla così detta “resistenza civile”, fino a quelli che traguardano livelli di rischio ben più elevati, e comunque più lontani dalla tradizionale immagine femminile: si va così dal fare le scritte sui muri, alla battitura a macchina di documenti delicatissimi del C.L.N. e del P.C.I., della stampa clandestina (specialmente “l’Unità” e “Noi Donne”), al trasporto e diffusione di materiale clandestino (talvolta anche armi), al mantenimento dei contatti fra le varie zone della città, della montagna e, in taluni casi, fuori La Spezia.
Ha compiti di questo tipo ad esempio Rina Gennaro “Anna”[5] (riconosciuta nel Battaglione S.A.P. IV Zona, v. Fonti): “Anna”, membro per un certo periodo del Comitato federale del P.C.I., funge da staffetta in provincia ma si reca anche a Genova (con lei ha un fitto scambio di materiale alla stazione FF.SS. di Sarzana sempre Anna Maria Vignolini). Tutte le donne nominate ed in genere i Gruppi Difesa della Donna ruotano nell’area del Partito Comunista[6].
Particolarmente rimarchevole è il ruolo dei Gruppi Difesa della Donna nella preparazione e supporto dei grandi scioperi del marzo 1944 che, diretti e voluti dal C.L.N.A.I. si diffondono nel Nord Italia, interessando le industrie spezzine e segnando un punto di svolta notevole a livello di Resistenza (e di repressione di essa).
I Gruppi Difesa della Donna offrono un notevole supporto al grande sciopero delle fabbriche spezzine in generale, sostenendo e partecipando in modo attivo particolarmente alla dura e coraggiosa lotta condotta dalle operaie dello Jutificio “Montecatini”.
E tuttavia le donne dei G.D.D. non operano solo in appoggio ad azioni decise da altri, cioè da organismi esterni rispetto ai Gruppi, ma arrivano anche a promuovere azioni autonome, che le vedono protagoniste a tutti gli effetti della lotta.
Ad Arcola, ad esempio, esse pensano, vogliono e gestiscono in proprio una manifestazione per ottenere derrate alimentari. La protesta si articola in due fasi: la prima, meno partecipata, avviene il 12 febbraio 1945, la seconda, di fronte al Palazzo Comunale, il 15 febbraio 1945: in quest’ultima circa 300 donne, fra arcolane e sfollate, ottengono pieno successo, tanto che riescono pienamente nel loro intento di far distribuire pane e zucchero.
Dalla lettura delle testimonianze e dai documenti d’archivio (pochi) rimasti, si ricava comunque, cosa già detta alla nota 2, ma che è utile sottolineare, un continuo interscambio fra S.A.P., Gruppi Difesa della Donna e Fronte della Gioventù.
Sintesi della conversazione tra M. Cristina Mirabello e Anna Maria Vignolini “Valeria” nella sua casa sarzanese, il giorno 23 novembre 2015. Tale sintesi va vista come integrativa e non sostitutiva delle altre importanti testimonianze da lei rilasciate in passato e citate nelle Fonti.
Anna Maria Vignolini “Valeria”, nata nel 1923, è forse la donna il cui nome ricorre più frequentemente nei documenti di Archivio e nelle pubblicazioni sulla IV Zona Operativa, pur essendosi ella mantenuta piuttosto defilata rispetto alle occasioni pubbliche in cui negli ultimi anni si è parlato di Resistenza, tanto che, ad esempio, è decisamente poco ritrovabile nella Rete e quindi nella comunicazione on line.
La sua importante vicenda resistenziale parte prima del 25 luglio 1943 e matura definitivamente nel contesto dei drammatici fatti dell’8 settembre 1943.
Nata e cresciuta in una famiglia di sentimenti antifascisti, dopo essersi diplomata maestra, lavora immediatamente dopo il diploma al Consorzio Agrario di Sarzana: qui sostituisce un impiegato richiamato al fronte e fratello del suo futuro fidanzato e marito, Turiddo Perugi, che Anna Maria conosce al Consorzio e che sarà, con il nome di battaglia “Rì”, fra i fondatori della Brigata “U. Muccini”. E’ proprio Turiddo che la segnala, come elemento potenzialmente disponibile alla lotta antifascista, ai comunisti sarzanesi, da cui viene progressivamente avvicinata. Paolino Ranieri ed Anelito Barontini, dirigenti del P.C.I., che hanno già patito il carcere e il confino fascista e che tanta parte avranno nella Resistenza dopo l’8 settembre, tengono con lei illuminanti conversazioni a carattere politico-storico, ad esempio sulle recenti vicende della guerra di Spagna e di Etiopia.
Anna Maria comincia così a leggere “La madre” di Gorki e viene convinta a trascrivere a macchina l’intero testo del “Manifesto del Partito Comunista” di K.Marx e F.Engels, cosa che fa nella pausa pranzo dalle 13 alle 14 o dopo l’orario di lavoro, anche se viene poi scoperta e denunciata da un impiegato.
Quando arriva l’8 settembre 1943, il gruppo sarzanese del P.C.I. è quello più organizzato in provincia per affrontare le drammatiche vicende dell’epoca ed Anna Maria Vignolini, che rimane al Consorzio Agrario fino alla primavera 1944, quando sarà invitata dal Partito a dedicarsi completamente alla lotta resistenziale, è subito investita della responsabilità di coordinare ed organizzare le donne, le quali solo ad un certo punto prendono la denominazione di Gruppi Difesa della Donna.
A Sarzana, già dal dicembre ’43, Anna Maria, cui viene raccomandato di non far conoscere fra loro i gruppi resistenziali, costituiti al massimo da cinque elementi fra loro e di non dire i nomi dei capi partigiani, prende i contatti, presentandosi come comunista, con numerose donne.
Fra esse, innanzitutto, una collega di lavoro al Consorzio, Benita Marchini, quindi con Saura Bertolla, Anna Garbusi, Nella Giannazzi, Maria Guelfi, Iella Cargioli, Anna Merli, Adriana Galletto, Lucetta Posselt con l’obiettivo di svolgere importanti compiti giornalieri, quali la raccolta di materiale, vestiario, cibo, denari e collegamenti con il nucleo originario di quella che sarà poi la “Brigata Muccini”.
Nel corso del suo impegno incontra così, in alcuni casi per una volta sola, in altri casi più frequentemente o abitualmente, una serie di personaggi che hanno parte anche notevole nelle vicende resistenziali spezzine, ad esempio Franco Diodati “Renato” (v. nota 1, in “Fronte della Gioventù”) da lei visto una volta sola, all’inizio, ai Giardini pubblici della Spezia, dove si reca con titubanza, perché lontana dai luoghi conosciuti di Sarzana e dintorni, recando con sé un orologio datole da una zia per controllare i tempi e dove, probabilmente per l’agitazione del momento, lo smarrisce.
Ha invece contatti organici con i comunisti Eugenio Bellegoni “Marcello” di Sarzana, Luciano Goliardi “Wladimiro” capo del CLN sarzanese, incontra talvolta il comunista sarzanese Emilio Baccinelli, ha frequenti interscambi con il giovane Filippo Borrini di Vezzano che, dopo la partenza di Diodati fortemente sospettato a seguito degli scioperi del ’44, si occupa del Fronte della Gioventù, incontra il comunista Silvio Maggiani “Giuseppe” di Arcola.
La segretezza dell’organizzazione, divisa per compartimenti e strutturata in modo da far conoscere il minor numero possibile di militanti fra loro, onde evitare eventuali lunghe file di arresti in caso di cattura, è ben dimostrata dal fatto che Anna Maria Vignolini, nonostante l’incarico assai delicato ed importante che svolge, non incontra mai, nel corso del periodo resistenziale, Antonio Borgatti “Silvio”, segretario della Federazione Comunista spezzina, che conoscerà solo nel dopoguerra.
Quello della Resistenza è anche, per molti versi, un lavoro “artigianale”, cioè poco formalizzato, in cui sicuramente ci sono alcuni uomini raffigurabili quali elementi- snodo, a conoscenza della rete cospirativa nel suo complesso, ma la maggior parte dei componenti, e per motivi di segretezza e perché talune cose erano in continuo divenire, conosce solo un “segmento” degli accadimenti, decisioni, linee generali dell’organizzazione.
L’ampiezza della zona coordinata da “Valeria” è notevole, allargandosi geograficamente da Ortonovo, confine della provincia spezzina a oriente, a Sarzana, Santo Stefano, Vezzano, Arcola, Lerici, fino a comprendere la parte del Comune della Spezia che riguarda il Termo, Melara, Limone, per arrivare al cimitero dei Boschetti.
Anna Maria si muove a piedi, in bicicletta, in treno, per informare, coordinare, consegnare e smistare materiale che batte a macchina. E nella vasta zona cui sovrintende risultano i gruppi forse più attivi di donne: quello di Sarzana sopra citato e quello di Arcola, in cui “Valeria” ricorda particolarmente Laura De Fraia e Mimma Rolla, con le quali si incontra una prima volta per strada, avendo come segno convenzionale di riconoscimento un fiore, anche se poi ci saranno riunioni, specie nella casa di Mimma Rolla, dentro il paese, e in quella di Anna Bassano, sorella di Ezio Bassano, a Ressora).
Proprio il gruppo costituitosi ad Arcola diventa ben presto uno dei più preparati ed attivi. Della zona di Vezzano Ligure ricorda soprattutto Vega Gori “Ivana”: a quest’ultima, andando nella sua casa, a Vezzano Stazione, insegna come si batte a macchina la stampa clandestina e soprattutto come si dispongono i caratteri per le testate dei giornali.
A Sarzana ha anche contatti con Rina Gennaro “Anna”, lì sfollata, cui consegna pacchi di volantini e stampa clandestina alla Stazione FF.SS., quando Rina prende il treno per La Spezia, dove lavora nel negozio di scarpe di Melley.
Quanto alle riunioni, esse avvengono, specie all’inizio e approfittando della buona stagione, generalmente in luoghi poco sospettabili, quindi non tanto e solo nelle case, ma in campagna o in riva al fiume, per sembrare, nel caso di gruppi sia misti di ragazze e ragazzi che formati da elementi di un solo sesso, impegnate/i in una scampagnata o per dare la sensazione di essere innocue/i bagnanti.
C’è una foto di Anna Maria insieme ad altri tre giovani (due uomini -Werther Bianchini e Dante Savona- e una donna, Benita Marchini) risalente all’estate del 1944, scattata in campagna, in cui il gruppetto, in questo caso animatore del Fronte della Gioventù (esempio lampante dell’osmosi fra varie organizzazioni di cui abbiamo lungamente detto nella presente Scheda), sembra tutto fuori che un pericoloso nucleo sovversivo.
Fra le azioni promosse dai Gruppi Difesa della Donna che Anna Maria Vignolini ricorda forse con più commozione è senza dubbio il grande sciopero delle fabbriche spezzine ai primi del 1944, durante il quale le donne organizzate da lei fungono da sostegno e supporto per la lotta in generale, ma specialmente partecipano in modo attivo e circostanziato a quella condotta dalle operaie dello Jutificio: fra queste ultime i nazi-fascisti catturano poi le due sorelle Elvira e Dora Fidolfi, deportandole: solo Dora ritornerà a casa.
Nel corso della sua attività, ad un certo punto, Anna Maria Vignolini si sposta di casa, si allontana cioè dalla sua dimora sarzanese, per collocarsi più vicino alla Brigata “U. Muccini”, caposaldo della Resistenza in zona, Brigata cui ella ha già portato aiuti in vestiario quando un primo nucleo della formazione si trovava al lago Santo nel Parmense: alloggia così nella casa di “Venù” (Benvenuto Ambrosini), futuro suocero di Flavio Bertone “Walter” nella zona di Giucano, una casa considerata il vero avamposto della “Muccini” verso il piano.
Poiché però bisogna giustificare la sua assenza da casa, viene sparsa la voce che Anna Maria insegna in un paesetto sui monti. Nel frattempo, nella sua casa di Sarzana, è stata requisita una stanza per un ufficiale tedesco che, non essendo a conoscenza della vera attività della ragazza, si offre, quando lei torna a casa a salutare i genitori, di farla accompagnare qualche volta con una macchina per risparmiarle un tratto di strada.
E’ così che Anna Maria sfila davanti all’Albergo Laurina, dove ha sede il Comando delle Brigate Nere, con la sua borsa apparentemente innocua ma carica di materiale clandestino ad elevatissimo rischio. La guerra rende audaci i timidi ed Anna Maria, ragazza riservata e perfino, come lei stessa si autodefinisce, un po’ paurosa, osa cose inimmaginabili: e questo soprattutto in nome degli ideali da cui è animata e da cui –ella dice- è spinta e sono spinti i ragazzi e le ragazze che operano con lei.
La vicenda sarzanese del suo impegno si chiude il 29 novembre 1944, quando i nazi-fascisti scatenano contro la “Muccini” il drammatico rastrellamento a seguito del quale buona parte della Brigata è costretta a passare il fronte guidata da Piero Galantini “Federico”, rimanendo nella zona sarzanese un nucleo ristretto con Flavio Bertone e Paolino Ranieri.
Proprio nella mattinata del 29 novembre Anna Maria si sta recando alla postazione avanzata della “Muccini”, e cioè alla casa di “Venù”, di cui si è detto, e sta facendo un tratto di via accompagnata dal padre. Ad un certo punto essi incontrano però un amico di famiglia il quale comunica loro che sta succedendo un vero inferno, che c’è un rastrellamento, insomma che non devono assolutamente andare verso quella direzione.
Allora Anna Maria rapidamente decide, ed è la sua fortuna, che è meglio ritornare alla Stazione di Sarzana per tentare di prendere un treno che va a Carrara, dove la sua mamma sta assistendo un’altra figlia, ricoverata per un intervento.
Riesce a prendere il treno, nessuno la cerca o riconosce, scende all’Avenza e arriva da lì a Carrara, dove si riunisce alla mamma e alla sorella, alloggiando presso una zia. E’ quindi a Carrara che vive, fino alla Liberazione, la seconda, importante fase della sua esperienza resistenziale, dirigendo i Gruppi Difesa della Donna del luogo, in continuo contatto con la dirigenza politica del P.C.I. e con la formazione partigiana “Menconi”, partecipando alle riunioni, accogliendo, nell’abitazione in cui è ospitata o in case amiche, i partigiani della “Muccini” quando, stremati e bisognosi di cure mediche ed ospedaliere, sconfinano oltre la IV Zona.
Anna Maria presta inoltre assistenza, con le altre donne ai numerosissimi feriti che, in condizioni precarie e drammatiche, affollano l’ospedale della città. Questi ultimi sono in massima parte vittime civili delle cannonate provenienti dalla Linea Gotica, dove gli anglo-americani le tirano, avendo l’obiettivo giornaliero di difendere i confini fra la provincia di Massa Carrara e La Spezia da incursioni tedesche e fasciste.
In questo drammatico e devastante contesto, quasi incredibilmente, dati i tempi, Anna Maria riesce anche a dedicarsi alla promozione e allestimento di spettacoli di varietà in teatro.
A guerra finita ritorna a Sarzana ed è chiamata per svariati anni ad importanti incarichi politici e istituzionali per conto del P.C.I.: eletta nelle prime votazioni per l’Amministrazione Comunale della Spezia, fa parte di essa ricoprendovi il ruolo di Assessore all’Assistenza Sociale ma rinunciando in seguito, nel 1954, ad ogni incarico, per motivi familiari.
Anna Maria Vignolini “Valeria”, fino al novembre 1944 coordina i G.D.D. in una vasta area della provincia spezzina
Delfina Betti, operaia dello Jutificio Montecatini e staffetta
Dina Gattoronchieri, staffetta, muore a causa delle ferite riportate il 22 aprile 1945 durante il cannoneggiamento di Arcola
Laura De Fraia (Franca), insieme a Mimma Rolla (Aura) fa parte dei G.D.D. di Arcola, svolgendo in essi importanti funzioni e organizzando rilevanti azioni
Mimma Rolla (Aura), insieme a Laura De Fraia (Franca) fa parte dei G.D.D. di Arcola, svolgendo in essi importanti funzioni e organizzando rilevanti azioni
Rina Gennaro “Anna”: collega Sarzana con la Spezia recandosi anche fuori provincia
Vega Gori “Ivana”, lavora come dattilografa a fianco di del segretario del P.C.I. Antonio Borgatti “Silvio”, entrando in contatto con Anna Maria Vignolini e con il gruppo di Arcola
Fonti
In generale e sulla Liguria
AA.VV. Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, La Pietra, Milano 1968, vol. II, p.676 e segg. (voce Gruppi Difesa Donna) e vol.II p. 127 e segg. (Donne nella Resistenza)
Gimelli, Franco; Battifora, Paolo, (a cura di), Dizionario della Resistenza in Liguria, Genova, De Ferrari, [2008?], p.184 (Voce Gruppi Difesa della Donna)
Riflessione della storica Anna Bravo e testimonianza di Marisa Cinciari Rodano
IV Zona Operativa
Testimonianze di Anna Maria Vignolini, Rina Gennaro, Delfina Betti, in “La Resistenza nello Spezzino e nella Lunigiana”, ISR, La Spezia, 1973, pp.185-190
Ricci, Giulivo, Storia della Brigata garibaldina “U. Muccini”, I.S.R. La Spezia, 1978, passim
Donne arcolane nella Resistenza- Le celebrazioni del 30° della Resistenza e della Liberazione, 1975, con particolare riferimento alle testimonianze di Diana Bassano, Laura De Fraia, Dora Fidolfi , Vega Gori, Esperia Morettini, Maria Roffo, Gigina Rolla, Iva Rolla, Mimma Rolla, Paola Toffi, Jone Nevia Ricco),
Bianchi, Antonio, Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana, Editori Riuniti, 1975, (p.256 e segg., p. 314, p.361, ma anche seguendo i nomi delle donne citate nel testo dello stesso Bianchi Antonio del 1999, v. più sotto)
La Spezia marzo 1944-Classe operaia e Resistenza, Atti della Conferenza “Scioperi del marzo 1944” Sala del Consiglio Provinciale, 1° marzo 1974, Farina, Mario (a cura), I.S.R. La Spezia, 1976
Ricci, Giulivo, Storia della Brigata garibaldina “U Muccini”, I.S.R. La Spezia, 1978, passim
Articolo “Il contributo delle donne sarzanesi alla Resistenza- Con i volantini sotto il naso dei fascisti” (giornale “Il Secolo XIX”), 28 novembre 1982.
“La donna e la Resistenza” in Petacco, Arrigo, in collaborazione con G.Fusco, La Spezia in guerra 1940-45, cinque anni della nostra vita, La Nazione 1984, p.313
Articolo “L’eroismo delle donne” (giornale “Il Secolo XIX”), 29 novembre 1987
Valle, Anna, Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano, Edizioni Giacché, 1994, passim
Bianchi, Antonio, La Spezia e Lunigiana-Società e politica dal 1861 al 1945, Franco Angeli, 1999, 336-342, passim; 401-402 passim; ma anche seguendo i nomi di Anna Bassano, Laura De Fraia, Dora Fidolfi, Elvira Fidolfi, Rina Gennaro, Vega Gori, Mimma Rolla, Iva Rolla, Paola Toffi, Anna Maria Vignolini, citati nella presente scheda.
Gimelli, Giorgio, La Resistenza in Liguria, Cronache militari e documenti, a cura di Franco Gimelli, Carocci, 2005, p. 37, 151, 164, 347, 348 e n, 349n, 550, 561, 562, 644-645, 644n, 870, 871n (ma anche seguendo i nomi di Anna Bassano, Delfina Betti “Mariuccia”, Laura De Fraia “Franca”, sorelle Fidolfi, Rina Gennaro “Anna”, Vega Gori “Ivana”, Mimma Rolla, Iva Rolla, Paola Toffi, Anna Maria Vignolini “Valeria”)
Valle, Anna; Coviello Annalisa, Anch’io ho votato Repubblica, Edizioni Giacché, 2008, con particolare riferimento alle testimonianze di Rina Gennaro Bruzzone e Anna Maria Vignolini Perugi
Marchini, Pino “Un berretto pieno di speranze. I ricordi di Vanda Bianchi” (Edizioni Cinque Terre, 2010)
Gori, Vega, “Ivana”; Mirabello M.Cristina “Ivana” racconta la sua Resistenza. Una ragazza nel cuore della rete clandestina, Edizioni Giacché, 2013.
Borgatti, Antonio (a cura di Aldo Giacché), Anni clandestini. Memorie dal 1904 al 1945”, Edizioni Giacché, 2022.
Interviste a Vanda Bianchi, Luisa Borrini, Laura De Fraia, Rina Gennaro, Vega Gori
Le fotografie di Laura De Fraia, Vega Gori, Mimma Rolla, Anna Maria Vignolini sono state gentilmente concesse dalle interessate, la fotografia di Rina Gennaro fa parte della collezione privata di Vega Gori, la fotografia di Dina Gattoronchieri è tratta dal libro Comune di Arcola-Comitato Unitario della Resistenza, Arcola tra storia e ricordo 1939-1945, Centrostampa, Arcola, 1996, p.215; la fotografia di Delfina Betti fa parte della collezione privata della sig.ra Renata Bambini.
Gli inserimenti fotografici della presente Scheda sono stati curati da Mauro Martone
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Note
[1] Dopo la Liberazione i GDD si sciolgono per entrare nell’UDI (Unione Donne Italiane) fondato il 15 settembre 1944 a Roma, ormai liberata, dalle comuniste Rita Montagnana, Marisa Cinciari Rodano, Egle Gualdi, Marisa Musu comuniste e dalle socialiste Giuliana Nenni e Maria Rovita. ⇑ [2] E’ opportuno far presente a chi legge che un conto è una ricostruzione lineare “a posteriori”, specie di organismi estremamente fluidi quali ad esempio i Gruppi Difesa della Donna fondamentalmente impiegati in ambito urbano, e un conto è il divenire reale di essi nel corso tumultuoso degli avvenimenti dell’epoca. Proprio perciò la razionalizzazione dei fatti frequentemente porta ordine in quella che è di fatto una rete che si allarga, si restringe, sovrappone maglie e nodi, a seconda dei momenti. Spesso si evince dalle carte di Archivio che S.A.P., Fronte della Gioventù (F.d.G.) e Gruppi Difesa della Donna (G.d.D.) vivono in osmosi. Non esiste un elenco dei GDD nello Spezzino e perciò bisogna risalire molto faticosamente ai nomi delle componenti di essi dall’elenco S.A.P. in cui le donne sono state inquadrate al momento del riconoscimento da parte della Commissione provinciale. ⇑ [3] Riportiamo in fondo alla Scheda, prima delle fotografie e delle Fonti, la sintesi di quanto Anna Maria Vignolini “Valeria” ha detto nel corso della conversazione avvenuta nella sua casa sarzanese, il giorno 23 novembre 2015, con M. Cristina Mirabello, curatrice della Scheda stessa per conto dell’I.S.R. della Spezia. La conversazione è importante per il contenuto intrinseco e perché on line ci sono scarsi documenti che riguardino Anna Maria Vignolini, la quale ha avuto invece un ruolo di tutto rilievo per la Resistenza al femminile ⇑ [4] Per lo Sciopero allo Jutificio “Montecatini” v. la testimonianza di Delfina Betti, dapprima operaia in fabbrica e poi staffetta, in I.S.R. La Spezia, La Resistenza nello Spezzino e nella Lunigiana- Scritti e testimonianze, 1973, p.190; ed ancora sempre la testimonianza di Delfina Betti in “La Spezia marzo 1944, Classe operaia e Resistenza. Atti della conferenza “Scioperi del marzo 1944”, a cura di Mario Farina, I.S.R. La Spezia, 1974, p.91 ⇑ [5] A proposito dell’osmosi fra S.A.P., GDD. FDG di cui si parla alla Nota 2 della presente Scheda, proprio Rina Gennaro in una sua testimonianza del 1973 (v. Fonti) dice di essere stata contattata da Franco Diodati (v. Fronte della Gioventù) e di avere fatto parte delle S.A.P. ⇑ [6] Alcune di queste donne rivestiranno nel dopoguerra incarichi pubblici in cui metteranno a frutto l’incredibile esperienza e il patrimonio di idee maturati nel corso della Resistenza. Rina Gennaro sarà la prima segretaria U.D.I. alla Spezia, Anna Maria Vignolini sarà, fra le varie cariche ricoperte, l’unica donna Assessore nella Giunta del Comune della Spezia nel 1950, Laura De Fraia diventerà Assessore del Comune della Spezia ⇑