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Giorni con la Storia: Marco Cerri

Autori, autrici e protagonisti/e

Mercoledì 17 Aprile 2024 ore 17
Centro studi “Memoria in rete” , Via G.B.Valle 6, La Spezia

Marco Cerri, autore di La pastasciutta dei Cervi. Fame, dono e sfida antifascista in una festa del luglio 1943 (Viella Editrice, 2023)

Dialoga con Annalisa Coviello, giornalista.


All’indomani del 25 luglio 1943, la destituzione di Mussolini venne salutata con forme di distruzione simbolica del regime fascista (abbattimento di busti e statue del duce, cancellazione delle scritte murali, saccheggi delle sedi fasciste, falò purificatori, ecc.). I sette fratelli Cervi, insieme agli antifascisti del loro paese, portarono invece in piazza due bidoni del latte, ricolmi di pastasciutta; proposero, cioè, un banchetto collettivo all’interno del quale, senza distinzioni e gerarchie, una comunità avrebbe ritrovato un nuovo senso della propria identità. Alla fine degli anni Ottanta, si ebbe la felice intuizione di riproporre l’antico gesto dei sette fratelli; nel corso degli anni, la festa della pastasciutta antifascista si è diffusa in tutta Italia, fino a diventare una delle manifestazioni più importanti e conosciute dell’antifascismo italiano.

Marco Cerri, di formazione sociologica, da tempo si occupa di storia della Resistenza italiana. Si è già interessato alla vicenda della famiglia e dei fratelli Cervi in una ricerca sulla costruzione del loro mito nell’Italia repubblicana (Papà Cervi e i suoi sette figli. Parole della storia e figure del mito, Rubbettino, 2013).

Una giornata particolare: 26 marzo 1944, la Missione Ginny II si conclude tragicamente

Pillole di storia: domande e risposte per “rispolverare” un avvenimento tragico
English version here

Il 26 marzo 1944 i tedeschi fucilarono ad Ameglia (La Spezia)1 15 soldati statunitensi catturati nel corso di una missione di guerra.

Dopo 80 anni dall’eccidio ricordiamo brevemente l’episodio2, traducendo il testo, in omaggio alle vittime, anche in lingua inglese.

I soldati statunitensi erano3:

  • Vincent Russo, di 28 anni, tenente US Army
  • Paul J. Traficante, di 26 anni, tenente US Army
  • Alfred L. De Flumeri, di 33 anni, sergente US Army
  • Liberty J. Tremonte, di 24 anni, caporale tecnico US Army
  • Joseph M. Farrell, di 22 anni, caporale tecnico US Army
  • Salvatore DiSclafani, di 28 anni, caporale tecnico US Army
  • Angelo Sirico, di 23 anni, caporale tecnico US Army
  • Thomas N. Savino, di 29 anni, caporale tecnico US Army
  • John J. Leone, di 22 anni, caporale tecnico US Army
  • Joseph A. Libardi, caporale tecnico US Army
  • Livio Visceli, di 28 anni, sergente tecnico US Army
  • Dominick Mauro, di 27 anni, sergente US Army
  • Joseph Noia, di 25 anni, sergente US Army
  • Rosario Squatrito, di 22 anni, caporale tecnico US Army
  • Santoro Calcara, di 24 anni, caporale tecnico US Army.

Come si chiamava la missione di guerra di cui i soldati erano stati incaricati, quando avvenne, da chi ebbero tale compito?

La missione si chiamava “Ginny II4, avvenne in data 22 marzo 1944, su ordine dell’OSS5.

A quale reparto appartenevano i soldati statunitensi? Erano riconoscibili come soldati? Qual era il compito della loro missione?

I componenti del Commando appartenevano tutti all’US Army OSS 2677 Special Reconnaissance Regiment (Company D), vestivano tutti l’uniforme e dovevano interrompere, tra Bonassola e Framura, la linea ferroviaria, strategica per le comunicazioni tedesche e per i rifornimenti alla Linea Gustav.

Quando e con quale mezzo arrivarono? Come era stato programmato il loro arrivo e il loro rientro?

Arrivarono dalla Corsica, a bordo di motosiluranti6, nella notte del 22 marzo 1944, e, tramite tre gommoni, sbarcarono sulla spiaggia, tra Bonassola e Framura; dopo il sabotaggio, per il ritorno, da attuare sempre a bordo dei gommoni, sarebbero stati attesi dalle stesse motosiluranti.

Che cosa successe realmente?

Il punto di sbarco risultò diverso da quello previsto, e molto lontano dal punto del sabotaggio, i contatti “in loco” non si attivarono subito, le motosiluranti, che avrebbero dovuto all’occorrenza recuperare i soldati, non poterono farlo per sopravvenute difficoltà, ed essi dovettero nascondere, con problemi, tutto il loro materiale, compresi i gommoni, trovare un rifugio e, poiché non era previsto che rimanessero lì, cercare anche del cibo. Un ragazzo del luogo li aiutò ma, purtroppo, un altro abitante avvertì il posto di guardia fascista e i 15 militari statunitensi vennero fatti prigionieri.

Questo successe il 24 marzo 1944.

lapide in loc. Punta Bianca

Che cosa accadde nell’intervallo di tempo tra la loro cattura e la fucilazione?

Brevemente interrogati a Bonassola, furono poi portati alla Spezia, dove subirono veri e propri interrogatori da parte di ufficiali tedeschi che sapevano la lingua inglese. Ciò avvenne a Carozzo, presso il Comando della 135° Brigata da Fortezza agli ordini del Colonnello Kurt Almers. Egli trasmise la notizia al suo superiore generale Anton Dostler del LXXV Corpo d’Armata. Dostler informò, a sua volta, il Comandante supremo tedesco in Italia, Feldmaresciallo Albert von Kesselring, ricevendo, secondo la testimonianza resa successivamente dallo stesso Dostler, l’ordine di fucilarli, sulla base dell’ordine del Führer per l’eliminazione dei Commando catturati dietro le linee. E così accadde, sebbene Kurt Almers avesse tentato, in data 25 marzo 1944, di far annullare a Dostler l’ordine di esecuzione.

Quando e dove avvenne la loro fucilazione?

I 15 militari statunitensi furono portati ad Ameglia, dove vennero fucilati in località Punta Bianca, all’alba di domenica 26 marzo 1944, senza alcun processo, forse alla presenza della popolazione, e poi sepolti in località isolata di quel territorio.

Dopo la guerra, qualcuno ha pagato per la loro morte?

Il Generale Anton Dostler fu processato a Caserta7 da un tribunale alleato per crimini di guerra e condannato a morte, sentenza eseguita mediante fucilazione ad Aversa il 1° dicembre 1945. Non fu possibile, in quel contesto, dimostrare la responsabilità di Albert von Kesselring riguardo ai fatti, sebbene, all’epoca di essi, egli si trovasse, come accertato in seguito, addirittura in Liguria.8

Il generale Dostler con il suo interprete Albert O. Hirschman durante un’udienza del processo.

Note

1 Nel Comune di Ameglia esistono più targhe in memoria della fucilazione (luogo), del loro seppellimento (luogo) e una in ricordo dell’episodio (con tutti i nomi dei 15 soldati).

2 Numerosi sono coloro che si sono interessati all’eccidio nel corso degli anni. Tra essi, Maurizio Fiorillo, che compila la scheda “Episodio di Punta Bianca, Ameglia”; Giorgio Pagano, che scrive in data 3 aprile 2022 “Dalla Corsica a Punta Bianca. Il viaggio senza ritorno di 15 giovani” e “Kesserling e le menzogne sull’episodio degli americani a Punta Bianca” in “Ameglia informa”, maggio 2022 e seg..
Sia Maurizio Fiorillo che Giorgio Pagano indicano numerose fonti di appoggio.
Molto articolata e documentata, riguardo allo svolgersi della missione, cattura dei soldati, loro fucilazione e processo relativo alla loro uccisione, è anche la voce relativa su Wikipedia.

3 L’elenco è stato trascritto integralmente dalla Scheda di Maurizio Fiorillo (V. Nota 2).

4 L’impresa era stata già tentata, ma inutilmente, nella notte tra 27 e 28 febbraio 1944 (Missione “Ginny I”).

5 Office of Strategic Services.

6 PT 214 e PT 210

7 Il processo a Dostler viene ritenuto, giuridicamente, l’apripista per il processo di Norimberga.

8 Giorgio Pagano, riprendendo il libro di Sandro Antonini “Generali e burocrati nazisti in Italia:1943-1945” e il saggio “Kesserling, via Rasella e la ‘missione Ginny’” dello storico statunitense Richard Raiben, scrive un articolo sul fatto che, proprio nei giorni della strage, Kesserling era in Italia, anzi in Liguria, e il 24 marzo 1944, alle 10,45 alla Spezia.


It was the day of March 26th, 1944

(Translated by Tamara Corning and Valerio Martone)

Snippets of history: a few questions and answers to remember a tragic event.

On March 26th, 1944 German soldiers executed 15 American soldiers by firing squad after they were captured during a war mission.

Eighty years after the massacre, we revisit the episode and include the text in English as a tribute to the victims.

The American soldiers were:

  • Vincent Russo, 28 years old, Lieutenant of the US Army
  • Paul J. Traficante, 26 years old, Lieutenant of the US Army
  • Alfred L. De Flumeri, 33 years old, Sergeant of the US Army
  • Liberty J. Tremonte, 24 years old, Tech Corporal of the US Army
  • Joseph M. Farrell, 22 years old, Tech Corporal of the US Army
  • Salvatore DiSclafani, 28 years old, Tech Corporal of the US Army
  • Angelo Sirico, 23 years old, Tech Corporal of the US Army
  • Thomas N. Savino, 29 years old, Tech Corporal of the US Army
  • John J. Leone, 22 years old, Tech Corporal of the US Army
  • Joseph A. Libardi, Tech Corporal of the US Army
  • Livio Visceli, 28 years old, Tech Corporal of the US Army
  • Dominick Mauro, 27 years old, Sergeant of the US Army
  • Joseph Noia, 25 years old, Sergeant of the US Army
  • Rosario Squatrito, 22 years old, Tech Corporal of the US Army
  • Santoro Calcara, 24 years old, Tech Corporal of the US Army.

What was the name of the war mission to which the soldiers were entrusted? When did it happen? Who gave them this duty?

The mission was called “Ginny II”. It occurred on March 22nd, 1944 under the OSS orders.

What was the military unit of the American soldiers? Were they recognizable as soldiers? What was the final goal of their mission?

All the men of the commando were part of the US Army OSS 2677 Special Reconnaissance Regiment (Company D). All of them wore a military uniform. Their final goal was to blow up the railway line between Bonassola and Framura, which was strategic for both German communications and their supply lines that reinforced the Gustav line.

When and how did they arrive? How was their arrival and return planned?

They arrived from Corsica during the night of March 22nd, 1944, using PT boats. They landed on the beach between Bonassola and Framura using three rubber dinghy boats. After the sabotage, the plan was to use the same means of transport to return.

What actually happened?

They landed in a different place than they had intended to, which was very far from the point of the sabotage. Due to this error, the local contacts did not come to action immediatly. Causing further complications, the PT boats, which the soldiers should have used for their return, couldn’t recover them because of unexpected difficulties. At this point, the American soldiers weren’t where they were supposed to be, so they had to hide all their equipment and find refuge and food. They found help from a local boy, but unfortunately another local inhabitant notified their presence to the local fascist guard post and the 15 American soldiers were taken as prisoners. All of this happened on March 24th, 1944.

What happended in the time between being captured and their executed by firing squad?

After being briefly questioned in Bonassola, they were brought to La Spezia, where they were interrogated by English speaking German officers. This took place in Carozzo, at the command post of the 135th Fortress Brigade, under the command of Colonel Kurt Almers. Almers informed his superior in command, the General of the LXXV army corps, Anton Dostler who in turn informed the supreme German commander in Italy, General Field Marshal Albert von Kesserling. According to the testimony later released by Dostler himself, it was von Kesserling who gave the execution orders, as ordered by the Führer himself for the enemy commandoes caughts behind the lines. Despite the efforts of Kurt Almers to cancel the execution orders on March 25th, 1944, it became a reality.

When and where they were executed?

The 15 American soldiers were brought to Ameglia, where they were executed by firing squad near Punta Bianca, at dawn on Sunday, March 26th, 1944, without a trial, perhaps in the presence of the local citizens, and then buried in an isolated location in the area.

After the war, did anybody pay for their death?

General Anton Dostler was tried in an Allied war trial in Caserta for war crimes and sentenced to death. The sentence was carried out by firing squad in Aversa, on December 1st, 1945. Despite the fact that it was later verified he was in Liguria at the time everything happened, in 1945 it was not possible for the courts to prove any responsibility on the part of Albert von Kesserling.

Note: see the original text in Italian for the bibliography.

Una giornata particolare: 8 marzo. “La Resistenza la fanno le donne”, come affermò Arrigo Boldrini (Bulow)

Premessa a cura di Patrizia Gallotti e Maria Cristina Mirabello

Abbiamo più volte ricordato come la Resistenza sia il momento in cui le donne italiane rivelano un protagonismo prima sconosciuto, sebbene luminosi esempi femminili siano ravvisabili anche anteriormente, a livello di lotta per l’emancipazione, per la giustizia, per la libertà.

Senza soffermarci sulla storia generale delle donne italiane, basti ricordare che, nel corso del Ventennio fascista, non tutte le donne chinarono il capo, anzi, molte conobbero la persecuzione politica, la vigilanza continua, l’esilio, il confino, la prigione, incorrendo anche nelle condanne del Tribunale Speciale, e/o furono oggetto di vessazioni, semplicemente perché amiche o familiari di antifascisti.

Sicuramente è però il momento resistenziale a svelare, con più nettezza, il protagonismo femminile, sia a livello di lotta armata che di rete civile clandestina: portaordini, staffette, dattilografe, travestitrici di soldati sbandati nel dramma dell’8 settembre, coadiuvanti di una scelta che implicava, comunque, anche semplicemente proteggendo con il silenzio chi effettivamente cospirava, grossi rischi.

La loro funzione è riconosciuta chiaramente da Antonio Borgatti “Silvio”, membro comunista del CLNp, in molte delle sue Relazioni, nonché nel suo libro, postumo, pubblicato nel 2022, tanto che, tra febbraio e marzo 1945, essendo colpita la rete clandestina da vere e proprie ondate di arresti, egli dice chiaramente che, ormai, può fidare solo sulle donne, meno individuabili sicuramente degli uomini.

Non si può comunque dimenticare che proprio queste ultime furono, in un certo senso, le vere volontarie della libertà, non essendo colpite dai bandi forzati di chiamata alle armi della RSI, ma compiendo dunque una scelta che potevano risparmiarsi, e che, per il genere femminile, si rivelava, in quel contesto, inusuale, oltremodo difficile e pericolosa.

In occasione dell’8 marzo 2024, pensiamo, ripubblicando di seguito la scheda sui Gruppi Difesa della Donna, di rendere un argomentato omaggio a tante donne che hanno fatto la Resistenza spezzina, mettendo direttamente a disposizione del grande pubblico un importante contenuto degli Strumenti, il Lessico della Resistenza spezzina.

Vogliamo infine anche ricordare che, proprio negli scioperi del 1-3 marzo 1944, fu rilevante il protagonismo femminile, sia dei GDD, che di singole donne, ad esempio di Elvira Fidolfi, operaia dello Jutificio Montecatini: faceva parte del gruppo organizzatore della protesta, venne arrestata con la sorella Dora e deportata, non tornando più dal campo di concentramento.

Foto di copertina tratta dall’archivio della rivista Noi Donne.

G.D.D. Gruppi Difesa della Donna

A cura di Maria Cristina Mirabello

Nel novembre 1943 si incontrano a Milano le comuniste Rina Picolato, Giovanna Barcellona e Lina Fibbi, l’azionista Ada Gobetti e la socialista Lina Merlin per costituire un’Associazione di donne che assista i combattenti per la libertà e sia aperta a tutte le donne intenzionate a lottare per la loro emancipazione, indipendentemente dalla propria fede religiosa o politica. A questo primo nucleo si aggiungono poi anche donne democristiane e il 10 luglio 1944 i Gruppi Difesa della Donna sono riconosciuti ufficialmente dal CLNAI come proprio organo.

I Gruppi Difesa della Donna affiancano quindi la Resistenza su molteplici piani: organizzano infatti scioperi contri i nazifascisti; creano una rete di assistenza solidale alle famiglie dei deportati, incarcerati e caduti; organizzano le proteste contro il caro-vita; propagandano la resistenza ai nazi-fascisti contribuendo a ciò nella vita quotidiana e nelle fabbriche ( per il sabotaggio della produzione di guerra), nelle scuole, nelle campagne (per boicottare la consegna di viveri all’ammasso); si dedicano all’assistenza sanitaria, alla stampa (abbiamo in tale ambito i giornali “La compagna”, “La difesa della donna lavoratrice”, mentre di ispirazione cattolica è “La Fiamma”)[1].

IV Zona Operativa
Va detto innanzitutto che i Gruppi Difesa della Donna si presentano in genere in Liguria come un fenomeno fondamentalmente urbano ma che nel territorio spezzino[2] vedono un radicamento nelle campagne, specie arcolane e sarzanesi.

Per quanto si può capire e ricavare dai documenti di Archivio (scarsi) coevi e dalle testimonianze posteriori si ha un continuo interscambio fra S.A.P., Gruppi Difesa della Donna e Fronte della Gioventù. In un certo senso è come se chi agiva in quel momento avesse di sé l’idea di operare in qualità di appartenente ai Gruppi Difesa della Donna e/o al Fronte della Gioventù, essendo però inquadrato burocraticamente “a posteriori” nei Battaglioni S.A.P. Questa importante notazione esce fuori anche dalla lucidissima e organica testimonianza resa da Anna Maria Vignolini la quale parla, a proposito delle organizzazioni dell’epoca, di un lavoro “artigianale”, cioè poco formalizzato, in cui sicuramente c’erano alcuni elementi-snodo, a conoscenza della rete cospirativa nel suo complesso, ma la maggior parte dei componenti sapeva solo un “segmento” delle strutture, accadimenti e decisioni[3].

E’ indubbio che alcune zone della Provincia presentino nel corso della Resistenza gruppi di donne particolarmente attive, come si può dedurre e dalle testimonianze citate nelle Fonti e da documenti trasmessi. Alla fine di dicembre 1943 esce, ad esempio, in tutta la Val di Magra un lungo volantino in cui sono ripresi articoli de “l’Unità”.

Ad Arcola, da cui proviene Elvira Fidolfi, animatrice insieme alla sorella Dora dello sciopero del 1944 allo Jutificio Montecatini[4], esiste un gruppo particolarmente combattivo di donne, alcune delle quali molto giovani: fra esse si distinguono Laura De Fraia “Franca”, Mimma Rolla “Aura”, Iva Rolla (madre di Mimma), tutte riconosciute nel Battaglione S.A.P. II Zona. Con loro è Paola Toffi (riconosciuta nel Battaglione S.A.P. II Zona) addetta alla stampa e propaganda (in contatto con Antonio Borgatti “Silvio”, segretario della Federazione Comunista, Maria Roffo (riconosciuta nel battaglione S.A.P. II Zona), Jone Nevia Ricco, incaricata di battere a macchina.

Sempre di questo gruppo fa parte Dina Gattoronchieri, che rimarrà poi uccisa. Con tale consistente nucleo entra per un certo periodo in contatto anche Vega Gori “Ivana” di Vezzano Stazione (riconosciuta nel Battaglione S.A.P. III Zona), la quale lavora come dattilografa della stampa clandestina, dei documenti P.C.I. e C.L.N., a continuo contatto, per questa mansione e per quella di staffetta porta-materiale, con Antonio Borgatti “Silvio”.

Anna Maria Vignolini “Valeria” (riconosciuta nel Battaglione S.A.P. Ia Zona) muove le fila delle donne di tutta la variegata area che va da Ortonovo, a Sarzana, a Santo Stefano, Lerici, S. Terenzo, Termo, Limone. Melara, fino alla zona del cimitero dei Boschetti alla Spezia.
La sua opera inizia subito dopo l’8 settembre 1943, quando è incaricata di organizzare gruppi femminili per raccogliere denaro e vestiario, onde dare supporto a nuclei partigiani ai monti, gruppi che solo successivamente si chiameranno Gruppi Difesa della Donna. E’ lei che, nel suo operare, incontra tutta una serie di donne: quelle arcolane citate più sopra, specie Laura De Fraia e Mimma Rolla, ma si reca anche molte volte a casa di Vega Gori a Vezzano Stazione per insegnarle, fra l’altro, a scrivere a macchina in grande, tramite l’uso ripetuto delle X, le testate della stampa clandestina.

I compiti svolti dalle donne, deducibili dalla testimonianza di “Valeria” e dalle testimonianze citate nelle Fonti, sono molteplici: da quelli, più legati al ruolo femminile, del lavoro a maglia e del ricamo e cucito per le uniformi partigiane e bandiere a quelli di supporto alla così detta “resistenza civile”, fino a quelli che traguardano livelli di rischio ben più elevati, e comunque più lontani dalla tradizionale immagine femminile: si va così dal fare le scritte sui muri, alla battitura a macchina di documenti delicatissimi del C.L.N. e del P.C.I., della stampa clandestina (specialmente “l’Unità” e “Noi Donne”), al trasporto e diffusione di materiale clandestino (talvolta anche armi), al mantenimento dei contatti fra le varie zone della città, della montagna e, in taluni casi, fuori La Spezia.

Ha compiti di questo tipo ad esempio Rina Gennaro “Anna”[5] (riconosciuta nel Battaglione S.A.P. IV Zona, v. Fonti): “Anna”, membro per un certo periodo del Comitato federale del P.C.I., funge da staffetta in provincia ma si reca anche a Genova (con lei ha un fitto scambio di materiale alla stazione FF.SS. di Sarzana sempre Anna Maria Vignolini). Tutte le donne nominate ed in genere i Gruppi Difesa della Donna ruotano nell’area del Partito Comunista[6].

Particolarmente rimarchevole è il ruolo dei Gruppi Difesa della Donna nella preparazione e supporto dei grandi scioperi del marzo 1944 che, diretti e voluti dal C.L.N.A.I. si diffondono nel Nord Italia, interessando le industrie spezzine e segnando un punto di svolta notevole a livello di Resistenza (e di repressione di essa).

I Gruppi Difesa della Donna offrono un notevole supporto al grande sciopero delle fabbriche spezzine in generale, sostenendo e partecipando in modo attivo particolarmente alla dura e coraggiosa lotta condotta dalle operaie dello Jutificio “Montecatini”.

E tuttavia le donne dei G.D.D. non operano solo in appoggio ad azioni decise da altri, cioè da organismi esterni rispetto ai Gruppi, ma arrivano anche a promuovere azioni autonome, che le vedono protagoniste a tutti gli effetti della lotta.

Ad Arcola, ad esempio, esse pensano, vogliono e gestiscono in proprio una manifestazione per ottenere derrate alimentari. La protesta si articola in due fasi: la prima, meno partecipata, avviene il 12 febbraio 1945, la seconda, di fronte al Palazzo Comunale, il 15 febbraio 1945: in quest’ultima circa 300 donne, fra arcolane e sfollate, ottengono pieno successo, tanto che riescono pienamente nel loro intento di far distribuire pane e zucchero.

Dalla lettura delle testimonianze e dai documenti d’archivio (pochi) rimasti, si ricava comunque, cosa già detta alla nota 2, ma che è utile sottolineare, un continuo interscambio fra S.A.P., Gruppi Difesa della Donna e Fronte della Gioventù.

Sintesi della conversazione tra M. Cristina Mirabello e Anna Maria Vignolini “Valeria” nella sua casa sarzanese, il giorno 23 novembre 2015. Tale sintesi va vista come integrativa e non sostitutiva delle altre importanti testimonianze da lei rilasciate in passato e citate nelle Fonti.

Anna Maria Vignolini “Valeria”, nata nel 1923, è forse la donna il cui nome ricorre più frequentemente nei documenti di Archivio e nelle pubblicazioni sulla IV Zona Operativa, pur essendosi ella mantenuta piuttosto defilata rispetto alle occasioni pubbliche in cui negli ultimi anni si è parlato di Resistenza, tanto che, ad esempio, è decisamente poco ritrovabile nella Rete e quindi nella comunicazione on line.

La sua importante vicenda resistenziale parte prima del 25 luglio 1943 e matura definitivamente nel contesto dei drammatici fatti dell’8 settembre 1943.

Nata e cresciuta in una famiglia di sentimenti antifascisti, dopo essersi diplomata maestra, lavora immediatamente dopo il diploma al Consorzio Agrario di Sarzana: qui sostituisce un impiegato richiamato al fronte e fratello del suo futuro fidanzato e marito, Turiddo Perugi, che Anna Maria conosce al Consorzio e che sarà, con il nome di battaglia “Rì”, fra i fondatori della Brigata “U. Muccini”. E’ proprio Turiddo che la segnala, come elemento potenzialmente disponibile alla lotta antifascista, ai comunisti sarzanesi, da cui viene progressivamente avvicinata.
Paolino Ranieri ed Anelito Barontini, dirigenti del P.C.I., che hanno già patito il carcere e il confino fascista e che tanta parte avranno nella Resistenza dopo l’8 settembre, tengono con lei illuminanti conversazioni a carattere politico-storico, ad esempio sulle recenti vicende della guerra di Spagna e di Etiopia.

Anna Maria comincia così a leggere “La madre” di Gorki e viene convinta a trascrivere a macchina l’intero testo del “Manifesto del Partito Comunista” di K.Marx e F.Engels, cosa che fa nella pausa pranzo dalle 13 alle 14 o dopo l’orario di lavoro, anche se viene poi scoperta e denunciata da un impiegato.

Quando arriva l’8 settembre 1943, il gruppo sarzanese del P.C.I. è quello più organizzato in provincia per affrontare le drammatiche vicende dell’epoca ed Anna Maria Vignolini, che rimane al Consorzio Agrario fino alla primavera 1944, quando sarà invitata dal Partito a dedicarsi completamente alla lotta resistenziale, è subito investita della responsabilità di coordinare ed organizzare le donne, le quali solo ad un certo punto prendono la denominazione di Gruppi Difesa della Donna.

A Sarzana, già dal dicembre ’43, Anna Maria, cui viene raccomandato di non far conoscere fra loro i gruppi resistenziali, costituiti al massimo da cinque elementi fra loro e di non dire i nomi dei capi partigiani, prende i contatti, presentandosi come comunista, con numerose donne.

Fra esse, innanzitutto, una collega di lavoro al Consorzio, Benita Marchini, quindi con Saura Bertolla, Anna Garbusi, Nella Giannazzi, Maria Guelfi, Iella Cargioli, Anna Merli, Adriana Galletto, Lucetta Posselt con l’obiettivo di svolgere importanti compiti giornalieri, quali la raccolta di materiale, vestiario, cibo, denari e collegamenti con il nucleo originario di quella che sarà poi la “Brigata Muccini”.

Nel corso del suo impegno incontra così, in alcuni casi per una volta sola, in altri casi più frequentemente o abitualmente, una serie di personaggi che hanno parte anche notevole nelle vicende resistenziali spezzine, ad esempio Franco Diodati “Renato” (v. nota 1, in “Fronte della Gioventù”) da lei visto una volta sola, all’inizio, ai Giardini pubblici della Spezia, dove si reca con titubanza, perché lontana dai luoghi conosciuti di Sarzana e dintorni, recando con sé un orologio datole da una zia per controllare i tempi e dove, probabilmente per l’agitazione del momento, lo smarrisce.

Ha invece contatti organici con i comunisti Eugenio Bellegoni “Marcello” di Sarzana, Luciano Goliardi “Wladimiro” capo del CLN sarzanese, incontra talvolta il comunista sarzanese Emilio Baccinelli, ha frequenti interscambi con il giovane Filippo Borrini di Vezzano che, dopo la partenza di Diodati fortemente sospettato a seguito degli scioperi del ’44, si occupa del Fronte della Gioventù, incontra il comunista Silvio Maggiani “Giuseppe” di Arcola.

La segretezza dell’organizzazione, divisa per compartimenti e strutturata in modo da far conoscere il minor numero possibile di militanti fra loro, onde evitare eventuali lunghe file di arresti in caso di cattura, è ben dimostrata dal fatto che Anna Maria Vignolini, nonostante l’incarico assai delicato ed importante che svolge, non incontra mai, nel corso del periodo resistenziale, Antonio Borgatti “Silvio”, segretario della Federazione Comunista spezzina, che conoscerà solo nel dopoguerra.

Quello della Resistenza è anche, per molti versi, un lavoro “artigianale”, cioè poco formalizzato, in cui sicuramente ci sono alcuni uomini raffigurabili quali elementi- snodo, a conoscenza della rete cospirativa nel suo complesso, ma la maggior parte dei componenti, e per motivi di segretezza e perché talune cose erano in continuo divenire, conosce solo un “segmento” degli accadimenti, decisioni, linee generali dell’organizzazione.

L’ampiezza della zona coordinata da “Valeria” è notevole, allargandosi geograficamente da Ortonovo, confine della provincia spezzina a oriente, a Sarzana, Santo Stefano, Vezzano, Arcola, Lerici, fino a comprendere la parte del Comune della Spezia che riguarda il Termo, Melara, Limone, per arrivare al cimitero dei Boschetti.

Anna Maria si muove a piedi, in bicicletta, in treno, per informare, coordinare, consegnare e smistare materiale che batte a macchina. E nella vasta zona cui sovrintende risultano i gruppi forse più attivi di donne: quello di Sarzana sopra citato e quello di Arcola, in cui “Valeria” ricorda particolarmente Laura De Fraia e Mimma Rolla, con le quali si incontra una prima volta per strada, avendo come segno convenzionale di riconoscimento un fiore, anche se poi ci saranno riunioni, specie nella casa di Mimma Rolla, dentro il paese, e in quella di Anna Bassano, sorella di Ezio Bassano, a Ressora).

Proprio il gruppo costituitosi ad Arcola diventa ben presto uno dei più preparati ed attivi. Della zona di Vezzano Ligure ricorda soprattutto Vega Gori “Ivana”: a quest’ultima, andando nella sua casa, a Vezzano Stazione, insegna come si batte a macchina la stampa clandestina e soprattutto come si dispongono i caratteri per le testate dei giornali.

A Sarzana ha anche contatti con Rina Gennaro “Anna”, lì sfollata, cui consegna pacchi di volantini e stampa clandestina alla Stazione FF.SS., quando Rina prende il treno per La Spezia, dove lavora nel negozio di scarpe di Melley.

Quanto alle riunioni, esse avvengono, specie all’inizio e approfittando della buona stagione, generalmente in luoghi poco sospettabili, quindi non tanto e solo nelle case, ma in campagna o in riva al fiume, per sembrare, nel caso di gruppi sia misti di ragazze e ragazzi che formati da elementi di un solo sesso, impegnate/i in una scampagnata o per dare la sensazione di essere innocue/i bagnanti.

C’è una foto di Anna Maria insieme ad altri tre giovani (due uomini -Werther Bianchini e Dante Savona- e una donna, Benita Marchini) risalente all’estate del 1944, scattata in campagna, in cui il gruppetto, in questo caso animatore del Fronte della Gioventù (esempio lampante dell’osmosi fra varie organizzazioni di cui abbiamo lungamente detto nella presente Scheda), sembra tutto fuori che un pericoloso nucleo sovversivo.

Fra le azioni promosse dai Gruppi Difesa della Donna che Anna Maria Vignolini ricorda forse con più commozione è senza dubbio il grande sciopero delle fabbriche spezzine ai primi del 1944, durante il quale le donne organizzate da lei fungono da sostegno e supporto per la lotta in generale, ma specialmente partecipano in modo attivo e circostanziato a quella condotta dalle operaie dello Jutificio: fra queste ultime i nazi-fascisti catturano poi le due sorelle Elvira e Dora Fidolfi, deportandole: solo Dora ritornerà a casa.

Nel corso della sua attività, ad un certo punto, Anna Maria Vignolini si sposta di casa, si allontana cioè dalla sua dimora sarzanese, per collocarsi più vicino alla Brigata “U. Muccini”, caposaldo della Resistenza in zona, Brigata cui ella ha già portato aiuti in vestiario quando un primo nucleo della formazione si trovava al lago Santo nel Parmense: alloggia così nella casa di “Venù” (Benvenuto Ambrosini), futuro suocero di Flavio Bertone “Walter” nella zona di Giucano, una casa considerata il vero avamposto della “Muccini” verso il piano.

Poiché però bisogna giustificare la sua assenza da casa, viene sparsa la voce che Anna Maria insegna in un paesetto sui monti. Nel frattempo, nella sua casa di Sarzana, è stata requisita una stanza per un ufficiale tedesco che, non essendo a conoscenza della vera attività della ragazza, si offre, quando lei torna a casa a salutare i genitori, di farla accompagnare qualche volta con una macchina per risparmiarle un tratto di strada.

E’ così che Anna Maria sfila davanti all’Albergo Laurina, dove ha sede il Comando delle Brigate Nere, con la sua borsa apparentemente innocua ma carica di materiale clandestino ad elevatissimo rischio. La guerra rende audaci i timidi ed Anna Maria, ragazza riservata e perfino, come lei stessa si autodefinisce, un po’ paurosa, osa cose inimmaginabili: e questo soprattutto in nome degli ideali da cui è animata e da cui –ella dice- è spinta e sono spinti i ragazzi e le ragazze che operano con lei.

La vicenda sarzanese del suo impegno si chiude il 29 novembre 1944, quando i nazi-fascisti scatenano contro la “Muccini” il drammatico rastrellamento a seguito del quale buona parte della Brigata è costretta a passare il fronte guidata da Piero Galantini “Federico”, rimanendo nella zona sarzanese un nucleo ristretto con Flavio Bertone e Paolino Ranieri.

Proprio nella mattinata del 29 novembre Anna Maria si sta recando alla postazione avanzata della “Muccini”, e cioè alla casa di “Venù”, di cui si è detto, e sta facendo un tratto di via accompagnata dal padre. Ad un certo punto essi incontrano però un amico di famiglia il quale comunica loro che sta succedendo un vero inferno, che c’è un rastrellamento, insomma che non devono assolutamente andare verso quella direzione.

Allora Anna Maria rapidamente decide, ed è la sua fortuna, che è meglio ritornare alla Stazione di Sarzana per tentare di prendere un treno che va a Carrara, dove la sua mamma sta assistendo un’altra figlia, ricoverata per un intervento.

Riesce a prendere il treno, nessuno la cerca o riconosce, scende all’Avenza e arriva da lì a Carrara, dove si riunisce alla mamma e alla sorella, alloggiando presso una zia. E’ quindi a Carrara che vive, fino alla Liberazione, la seconda, importante fase della sua esperienza resistenziale, dirigendo i Gruppi Difesa della Donna del luogo, in continuo contatto con la dirigenza politica del P.C.I. e con la formazione partigiana “Menconi”, partecipando alle riunioni, accogliendo, nell’abitazione in cui è ospitata o in case amiche, i partigiani della “Muccini” quando, stremati e bisognosi di cure mediche ed ospedaliere, sconfinano oltre la IV Zona.

Anna Maria presta inoltre assistenza, con le altre donne ai numerosissimi feriti che, in condizioni precarie e drammatiche, affollano l’ospedale della città. Questi ultimi sono in massima parte vittime civili delle cannonate provenienti dalla Linea Gotica, dove gli anglo-americani le tirano, avendo l’obiettivo giornaliero di difendere i confini fra la provincia di Massa Carrara e La Spezia da incursioni tedesche e fasciste.

In questo drammatico e devastante contesto, quasi incredibilmente, dati i tempi, Anna Maria riesce anche a dedicarsi alla promozione e allestimento di spettacoli di varietà in teatro.

A guerra finita ritorna a Sarzana ed è chiamata per svariati anni ad importanti incarichi politici e istituzionali per conto del P.C.I.: eletta nelle prime votazioni per l’Amministrazione Comunale della Spezia, fa parte di essa ricoprendovi il ruolo di Assessore all’Assistenza Sociale ma rinunciando in seguito, nel 1954, ad ogni incarico, per motivi familiari.

 
 

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Anna Maria Vignolini “Valeria”, fino al novembre 1944 coordina i G.D.D. in una vasta area della provincia spezzina

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Delfina Betti, operaia dello Jutificio Montecatini e staffetta

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Dina Gattoronchieri, staffetta, muore a causa delle ferite riportate il 22 aprile 1945 durante il cannoneggiamento di Arcola

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Laura De Fraia (Franca), insieme a Mimma Rolla (Aura) fa parte dei G.D.D. di Arcola, svolgendo in essi importanti funzioni e organizzando rilevanti azioni

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Mimma Rolla (Aura), insieme a Laura De Fraia (Franca) fa parte dei G.D.D. di Arcola, svolgendo in essi importanti funzioni e organizzando rilevanti azioni

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Rina Gennaro “Anna”: collega Sarzana con la Spezia recandosi anche fuori provincia

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Vega Gori “Ivana”, lavora come dattilografa a fianco di del segretario del P.C.I. Antonio Borgatti “Silvio”, entrando in contatto con Anna Maria Vignolini e con il gruppo di Arcola

Fonti

In generale e sulla Liguria

  • AA.VV. Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, La Pietra, Milano 1968, vol. II, p.676 e segg. (voce Gruppi Difesa Donna) e vol.II p. 127 e segg. (Donne nella Resistenza)
  • Gimelli, Franco; Battifora, Paolo, (a cura di), Dizionario della Resistenza in Liguria, Genova, De Ferrari, [2008?], p.184 (Voce Gruppi Difesa della Donna)
  • Gruppi di difesa della donna
  • Riflessione della storica Anna Bravo e testimonianza di Marisa Cinciari Rodano

IV Zona Operativa

  • Testimonianze di Anna Maria Vignolini, Rina Gennaro, Delfina Betti, in “La Resistenza nello Spezzino e nella Lunigiana”, ISR, La Spezia, 1973, pp.185-190
  • Ricci, Giulivo, Storia della Brigata garibaldina “U. Muccini”, I.S.R. La Spezia, 1978, passim
  • Donne arcolane nella Resistenza- Le celebrazioni del 30° della Resistenza e della Liberazione, 1975, con particolare riferimento alle testimonianze di Diana Bassano, Laura De Fraia, Dora Fidolfi , Vega Gori, Esperia Morettini, Maria Roffo, Gigina Rolla, Iva Rolla, Mimma Rolla, Paola Toffi, Jone Nevia Ricco),
  • Bianchi, Antonio, Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana, Editori Riuniti, 1975, (p.256 e segg., p. 314, p.361, ma anche seguendo i nomi delle donne citate nel testo dello stesso Bianchi Antonio del 1999, v. più sotto)
  • La Spezia marzo 1944-Classe operaia e Resistenza, Atti della Conferenza “Scioperi del marzo 1944” Sala del Consiglio Provinciale, 1° marzo 1974, Farina, Mario (a cura), I.S.R. La Spezia, 1976
  • Ricci, Giulivo, Storia della Brigata garibaldina “U Muccini”, I.S.R. La Spezia, 1978, passim
  • Articolo “Il contributo delle donne sarzanesi alla Resistenza- Con i volantini sotto il naso dei fascisti” (giornale “Il Secolo XIX”), 28 novembre 1982.
  • “La donna e la Resistenza” in Petacco, Arrigo, in collaborazione con G.Fusco, La Spezia in guerra 1940-45, cinque anni della nostra vita, La Nazione 1984, p.313
  • Articolo “L’eroismo delle donne” (giornale “Il Secolo XIX”), 29 novembre 1987
  • Valle, Anna, Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano, Edizioni Giacché, 1994, passim
  • Bianchi, Antonio, La Spezia e Lunigiana-Società e politica dal 1861 al 1945, Franco Angeli, 1999, 336-342, passim; 401-402 passim; ma anche seguendo i nomi di Anna Bassano, Laura De Fraia, Dora Fidolfi, Elvira Fidolfi, Rina Gennaro, Vega Gori, Mimma Rolla, Iva Rolla, Paola Toffi, Anna Maria Vignolini, citati nella presente scheda.
  • Gimelli, Giorgio, La Resistenza in Liguria, Cronache militari e documenti, a cura di Franco Gimelli, Carocci, 2005, p. 37, 151, 164, 347, 348 e n, 349n, 550, 561, 562, 644-645, 644n, 870, 871n (ma anche seguendo i nomi di Anna Bassano, Delfina Betti “Mariuccia”, Laura De Fraia “Franca”, sorelle Fidolfi, Rina Gennaro “Anna”, Vega Gori “Ivana”, Mimma Rolla, Iva Rolla, Paola Toffi, Anna Maria Vignolini “Valeria”)
  • Valle, Anna; Coviello Annalisa, Anch’io ho votato Repubblica, Edizioni Giacché, 2008, con particolare riferimento alle testimonianze di Rina Gennaro Bruzzone e Anna Maria Vignolini Perugi
  • Marchini, Pino “Un berretto pieno di speranze. I ricordi di Vanda Bianchi” (Edizioni Cinque Terre, 2010)
  • Gori, Vega, “Ivana”; Mirabello M.Cristina “Ivana” racconta la sua Resistenza. Una ragazza nel cuore della rete clandestina, Edizioni Giacché, 2013.
  • Borgatti, Antonio (a cura di Aldo Giacché), Anni clandestini. Memorie dal 1904 al 1945”, Edizioni Giacché, 2022.
  • Interviste a Vanda Bianchi, Luisa Borrini, Laura De Fraia, Rina Gennaro, Vega Gori
  • Due interventi audiovisivi di Anna Maria Vignolini
  • Per una storia generale e sintetica della Resistenza nello Spezzino

Le fotografie di Laura De Fraia, Vega Gori, Mimma Rolla, Anna Maria Vignolini sono state gentilmente concesse dalle interessate, la fotografia di Rina Gennaro fa parte della collezione privata di Vega Gori, la fotografia di Dina Gattoronchieri è tratta dal libro Comune di Arcola-Comitato Unitario della Resistenza, Arcola tra storia e ricordo 1939-1945, Centrostampa, Arcola, 1996, p.215; la fotografia di Delfina Betti fa parte della collezione privata della sig.ra Renata Bambini.


Gli inserimenti fotografici della presente Scheda sono stati curati da Mauro Martone

 
 
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Note

[1] Dopo la Liberazione i GDD si sciolgono per entrare nell’UDI (Unione Donne Italiane) fondato il 15 settembre 1944 a Roma, ormai liberata, dalle comuniste Rita Montagnana, Marisa Cinciari Rodano, Egle Gualdi, Marisa Musu comuniste e dalle socialiste Giuliana Nenni e Maria Rovita.
[2] E’ opportuno far presente a chi legge che un conto è una ricostruzione lineare “a posteriori”, specie di organismi estremamente fluidi quali ad esempio i Gruppi Difesa della Donna fondamentalmente impiegati in ambito urbano, e un conto è il divenire reale di essi nel corso tumultuoso degli avvenimenti dell’epoca. Proprio perciò la razionalizzazione dei fatti frequentemente porta ordine in quella che è di fatto una rete che si allarga, si restringe, sovrappone maglie e nodi, a seconda dei momenti. Spesso si evince dalle carte di Archivio che S.A.P., Fronte della Gioventù (F.d.G.) e Gruppi Difesa della Donna (G.d.D.) vivono in osmosi. Non esiste un elenco dei GDD nello Spezzino e perciò bisogna risalire molto faticosamente ai nomi delle componenti di essi dall’elenco S.A.P. in cui le donne sono state inquadrate al momento del riconoscimento da parte della Commissione provinciale.
[3] Riportiamo in fondo alla Scheda, prima delle fotografie e delle Fonti, la sintesi di quanto Anna Maria Vignolini “Valeria” ha detto nel corso della conversazione avvenuta nella sua casa sarzanese, il giorno 23 novembre 2015, con M. Cristina Mirabello, curatrice della Scheda stessa per conto dell’I.S.R. della Spezia. La conversazione è importante per il contenuto intrinseco e perché on line ci sono scarsi documenti che riguardino Anna Maria Vignolini, la quale ha avuto invece un ruolo di tutto rilievo per la Resistenza al femminile
[4] Per lo Sciopero allo Jutificio “Montecatini” v. la testimonianza di Delfina Betti, dapprima operaia in fabbrica e poi staffetta, in I.S.R. La Spezia, La Resistenza nello Spezzino e nella Lunigiana- Scritti e testimonianze, 1973, p.190; ed ancora sempre la testimonianza di Delfina Betti in “La Spezia marzo 1944, Classe operaia e Resistenza. Atti della conferenza “Scioperi del marzo 1944”, a cura di Mario Farina, I.S.R. La Spezia, 1974, p.91
[5] A proposito dell’osmosi fra S.A.P., GDD. FDG di cui si parla alla Nota 2 della presente Scheda, proprio Rina Gennaro in una sua testimonianza del 1973 (v. Fonti) dice di essere stata contattata da Franco Diodati (v. Fronte della Gioventù) e di avere fatto parte delle S.A.P.
[6] Alcune di queste donne rivestiranno nel dopoguerra incarichi pubblici in cui metteranno a frutto l’incredibile esperienza e il patrimonio di idee maturati nel corso della Resistenza. Rina Gennaro sarà la prima segretaria U.D.I. alla Spezia, Anna Maria Vignolini sarà, fra le varie cariche ricoperte, l’unica donna Assessore nella Giunta del Comune della Spezia nel 1950, Laura De Fraia diventerà Assessore del Comune della Spezia

Una giornata particolare: 1° marzo 1944: SCIOPERO!

Classe operaia spezzina e suo protagonismo nella Resistenza… leggiamo Mario Farina

Abbiamo preannunciato, all’inizio di quest’anno, come fosse nostra intenzione, ricordare alcune figure di storici o cultori di storia, che, morti da tempo, si sono particolarmente distinti per la conservazione della memoria e per le indagini riguardo alla Resistenza nella IV Zona Operativa.

Nel decidere ciò, abbiamo anche pensato di pubblicare non un semplice profilo biografico che li riguardasse, ma, rendendo noti ai lettori testi di cui sono stati autori, far sì che il ricordo si intrecciasse proficuamente alla documentazione della loro opera.

In occasione dell’80° degli scioperi del 1°-2 marzo 1944, quando la classe operaia spezzina dimostrò la sua capacità di perseguire obiettivi non solo economici, ma tali da impensierire seriamente tedeschi e fascisti, così da scatenare la violenta repressione di essi, offriamo al nostro pubblico la possibilità di rileggere e, probabilmente, per i più giovani, di scorrere, per la prima volta, le belle pagine scritte sulla questione da Mario Farina1, autore della “Prefazione” che proponiamo.

Note:

1 Mario Farina, nato a Trieste nel 1931 e morto alla Spezia nel 2011, proviene da una famiglia di salde convinzioni antifasciste, basti ricordare che lo zio Mario Farina si attivò, tra altri, per acquistare la “pedalina” della Rocchetta di Lerici, luogo in cui aveva sede una tipografia clandestina, prestando poi la sua opera medica ai monti, tra i partigiani, come fece l’altro zio Sergio Farina, fratello di Mario, anche se non ancora laureato. Dopo aver respirato aria antifascista, Mario Farina, laureatosi nell’anno accademico 1957-1958 con una tesi sulle origini del fascismo alla Spezia, divenne professore di Lettere nella Scuola Secondaria Superiore e storico rigoroso. Si è occupato delle vicende del movimento operaio italiano e di scoperte geografiche, dando alle stampe numerosi volumi. Tra questi un posto di rilievo merita “La Spezia Marzo 1944. Classe operaia e Resistenza” che contiene gli atti della conferenza sugli scioperi del 1944, tenutasi il 1° marzo 1974. In tutta la sua vita Farina, prima Consigliere del PCI, poi stimato Assessore dell’Amministrazione comunale spezzina, ha sempre mostrato dedizione verso la propria comunità. Da ultimo, ne è stata prova anche la donazione alle Biblioteche del Comune della Spezia di una serie di volumi che rappresentano il percorso di una vita, testimoniando le preferenze, le scelte, l’amore per il suo impegno di insegnante e di storico. A lui è dedicato l’Auditorium della Civica Biblioteca Beghi.

Giorni con la Storia: Ilenia Rossini

Autori, autrici e protagonisti/e

Lunedì 4 Marzo 2024 ore 17
Centro studi “Memoria in rete” , Via G.B.Valle 6, La Spezia

Ilenia Rossini autrice di Un fiore che non muore. La voce delle donne nella Resistenza italiana (Red Star Press, 2022)

Dialoga con Annalisa Coviello, giornalista

Giorni con la Storia: Cinzia Dutto

Autori, autrici e protagonisti/e

Venerdì 22 Febbraio 2024 ore 17
Presso il Centro studi “Memoria in rete” , Via G.B.Valle 6, La Spezia

Cinzia Dutto, autrice de Il diario di Maria – Storie di donne sulle montagne della Resistenza (LAReditore,2023)

Dialoga con Annalisa Coviello, giornalista

Una giornata particolare: 27 gennaio, Giorno della Memoria

a cura di Doriana Ferrato, Presidente ANED La Spezia

Premessa: la scelta della data
La legge 20 luglio 2000 n. 211 ha istituito il 27 gennaio come “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.

L’articolo 1 precisa:

“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”

L’articolo 2 prosegue:

In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere

Prima di giungere a definire il disegno di legge, in Parlamento si discusse a lungo su quale data di riferimento potesse essere considerata simbolica e su quali eventi fondare la riflessione pubblica sulla memoria.

Inizialmente emersero due opzioni alternative, avanzate rispettivamente dal deputato Furio Colombo e dall’Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti (ANED): il 16 ottobre, data del rastrellamento del ghetto di Roma, e il 5 maggio, anniversario della liberazione del campo di Mauthausen.

Il 16 ottobre 1943 truppe tedesche delle SS e collaborazionisti fascisti effettuarono una retata di 1.259 cittadini ebrei prelevati dalle loro case; tra loro anche una donna incinta, che darà alla luce il suo bambino il giorno seguente. Saranno deportati ad Auschwitz in 1.023, solo una donna e quindici uomini sopravviveranno. Questa data avrebbe focalizzato l’attenzione sulle deportazioni razziali e sulle responsabilità, anche italiane, nello sterminio.

Il 5 maggio 1945 le avanguardie dell’Armata americana entrarono nel lager di Mauthausen, ultimo campo nazista liberato. Circa 20.000 deportati erano ancora prigionieri, quasi tutti al limite della sopravvivenza. Più del 10% morirà nel mese successivo alla liberazione, altri in seguito.

Si calcola che nel complesso dei lager dipendenti da Mauthausen siano stati imprigionati circa 230.000 deportati, quasi tutti “politici” e di decine di nazionalità diverse, oltre la metà deceduti.

La data del 5 maggio avrebbe sottolineato la centralità dell’antifascismo e delle deportazioni politiche in Italia.

Un’altra data fu proposta e accolta: il 27 gennaio, giorno della liberazione di Auschwitz, divenuto simbolo universale dello sterminio nazista durante la seconda guerra mondiale.

Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche arrivarono per prime presso la città polacca di Oswiecim (in tedesco Auschwitz), scoprirono il vicino campo di sterminio che rivelò compiutamente al mondo l’orrore del genocidio nazista e dei campi di sterminio.

Le cerimonie e le iniziative del “Giorno della Memoria” sono volte a conservare nel futuro la memoria delle vittime della Shoah e delle leggi razziali, di coloro che hanno messo a rischio la propria vita per proteggere gli ebrei, degli italiani perseguitati e deportati nella Germania nazista, sia militari sia politici.

Le cifre sono spaventose: circa 12 milioni di deportati (bambini, donne, uomini), 11 milioni di loro sterminati, circa la metà ebrei, gli altri principalmente oppositori politici e inoltre rom, sinti, zingari, Testimoni di Geova, asociali, apolidi, criminali comuni, omosessuali1.

Dall’anno 2005 il 27 gennaio, “Giorno della Memoria“, è una ricorrenza internazionale, come designato dalla risoluzione dell’Assemblea generale delle nazioni Unite.

Gli ultimi giorni di Auschwitz

Negli ultimi anni del secondo conflitto mondiale, la crescente pressione degli eserciti alleati sul Terzo Reich spinse i nazisti a liquidare progressivamente i campi di concentramento e i centri di sterminio situati a est e quindi prossimi alla linea del fronte orientale.

Il 18 gennaio 1945, incalzate dall’avanzata dell’Armata Rossa, le autorità naziste diedero inizio all’operazione di liquidazione definitiva del complesso concentrazionario di Auschwitz I, Auschwitz II (Birkenau), Monowitz (Buna) e dei suoi sottocampi, più di quaranta.

Le marce della morte

Circa 58.000 prigionieri di entrambi i sessi, purché si reggessero in piedi, furono incolonnati e costretti a marciare per chilometri nella neve in direzione ovest.

Ai liberatori, i percorsi si presenteranno disseminati di migliaia di corpi senza vita dei deportati, fucilati o morti per lo sfinimento o per il gelo durante il cammino.

I sopravvissuti alle marce della morte furono deportati principalmente ai campi di Mauthausen, Buchenwald e altri situati all’interno del Terzo Reich. I prigionieri superstiti vedranno la liberazione solo il 5 maggio 1945.

Primo Levi “giorni fuori dal mondo e dal tempo”

(18 gennaio – 27 gennaio 1945)

Primo Levi, deportato 174 517 nel lager Buna Monowitz, del complesso di Auschwitz, sopravvisse per alcune circostanze casuali: una certa conoscenza del tedesco che gli fece comprendere rapidamente le regole da rispettare nel lager, l’assegnazione al lavoro in laboratorio in una squadra di chimici e… la scarlattina. Infatti la malattia, nei giorni drammatici dell’evacuazione, non gli consentì di partire e lo costrinse a rimanere in infermeria nel campo. Questo lo salverà dalla “marcia della morte”.

In “Se questo è un uomo” Primo Levi testimonia ciò che ha visto e subito direttamente e l’oppressione esercitata contro l’uomo fino all’annientamento. Conclude l’autobiografia proprio con la “storia di dieci giorni fuori dal mondo e dal tempo”, (18 gennaio – 27 gennaio 1945), quelli dell’evacuazione e della liberazione del campo: in un mondo “di morti e di larve, l’ultima traccia di civiltà era sparita intorno a loro e dentro di loro. L’opera di bestializzazione, intrapresa dai tedeschi trionfanti, era stata portata a compimento da tedeschi disfatti”.

Dalla Spezia ad Auschwitz

Primo Levi era stato deportato ad Auschwitz dal campo di internamento di Fossoli (MO) il 22 febbraio 1944. In quello stesso trasporto (n.27), stimato intorno a 650 persone, delle quali 489 identificate2, si trovavano gli spezzini ebrei, donne, uomini e una bambina.

La piccola Adriana Revere ha compiuto nove anni da pochi giorni quando, con il padre Enrico e la madre Emilia De Benedetti, iniziò quel viaggio verso l’inferno che si concluse il 26 febbraio 1944. Adriana e la madre furono inviate alla camera a gas lo stesso giorno dell’arrivo ad Auschwitz II Birkenau, il padre superò la selezione ma successivamente fu deportato al campo di Flossenbürg, dove venne ucciso otto mesi dopo.

Nessuno degli ebrei spezzini deportati nei campi nazisti sopravvisse allo sterminio.

La liberazione di Auschwitz
Il Giorno della Memoria e La Spezia

La Spezia è una delle città italiane maggiormente colpita dalle deportazioni nazifasciste, in proporzione alla popolazione del tempo, e in particolare il quartiere di Migliarina, abitato da persone notoriamente antifasciste, già condannate negli anni Trenta a lunghi anni di esilio e confino e, dopo l’8 settembre 1943, tenute sotto stretta sorveglianza dai fascisti locali, pronti a vendette personali, ritorsioni e delazioni.

Il 27 gennaio di ogni anno La Spezia rinnova con sentita partecipazione il ricordo degli spezzini ebrei assassinati nel campo di Auschwitz e dei deportati perseguitati e uccisi per aver scelto di lottare per la Liberazione del Paese dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista.

Erano sindacalisti e maestranze che avevano organizzato o partecipato nelle fabbriche cittadine allo sciopero insurrezionale del marzo 1944, erano combattenti per la resistenza e partigiani arrestati da compiacenti Brigatisti Neri, donne e uomini diversi per idee, di ogni condizione sociale, comprese figure delle Forze Armate e del clero, uniti nella Resistenza civile contro i nazi-fascisti.

Il grande rastrellamento di Migliarina del 21 novembre 1944, rappresenta il culmine della ferocia nazifascista nel territorio spezzino.

Centinaia di cittadini inermi furono arrestati, imprigionati e torturati nella locale caserma XXI Reggimento di Fanteria, trasferiti via mare dal Molo Pirelli (oggi Molo Pagliari) al carcere di Marassi (GE) e poi nel campo di Bolzano. Infine deportati nei campi di sterminio del Reich, principalmente Mauthausen.

Gli ebrei, sterminati per la “colpa” di essere nati; tutti gli altri spezzini furono internati come oppositori politici. Accanto al numero di matricola, il triangolo di colore rosso, da esibire sulla divisa, nella simbologia del lager indicava il motivo della deportazione e il rosso rappresentava “i politici”.

A Mauthausen e nei sottocampi Gusen, Melk, Ebensee, ma anche a Dachau, Flossenbürg, Ravensbrück, Buchenwald,Neuengamme, Natzwweiler, Bergen Belsen si contano vittime spezzine.

Dalla sezione ANED della Spezia sono state accertate 585 persone deportate, di cui 234 decedute nei campi nazisti, ma le cifre sono sicuramente maggiori3.

La Spezia detiene un tragico primato: il più giovane deportato “triangolo rosso” deceduto nei lager, il quattordicenne Franco Cetrelli, ucciso il 22 aprile 1945 a Mauthausen.

Le cerimonie e le molteplici iniziative nel Giorno della Memoria, in particolare con gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, rappresentano momenti di narrazione e di riflessione su quanto è avvenuto nel nostro territorio e quanto accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, per non smarrire la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, nella speranza che mai più torni quel passato.

Il triangolo rosso, assegnato ai progionieri politici
27 gennaio 1945 – 5 maggio 1945

Non dimentichiamo: il 27 gennaio 1945 non segna la fine dell’orrore nei lager!

Per oltre tre lunghi e drammatici mesi lo sterminio nei campi a ovest del Reich prosegue con indici di mortalità altissimi per il sovraffollamento, le malattie, la denutrizione, lo sfruttamento nel lavoro schiavo, le esecuzioni in massa…

A Dachau, Flossenbürg, Ravensbrück, Buchenwald,Neuengamme, Natzwweiler, Bergen Belsen e principalmente a Mauthausen e nei sottocampi Gusen, Melk, Ebensee si contano centinaia di vittime spezzine uccise o mandate alla camera a gas nei mesi di marzo e aprile 1945.

Quando, il 25 Aprile 1945, l’Italia festeggiava la Liberazione dal nazifascismo, la camera a gas di Mauthausen era in funzione a pieno regime: era l’ultimo giorno.

Il 25 Aprile dei superstiti di Mauthausen e dei sessanta campi dipendenti, sarà il 5 maggio 1945.

Il simbolo assegnato ai Testimoni di Geova

Fonti

  • Archivio ANED della Spezia.
  • Tibaldi Italo, Compagni di viaggio Milano, Franco Angeli, 1994.
  • Sito: www.deportati.it

Note

  1. Le SS, probabilmente a partire dal 1937, introdussero nel sistema concentrazionario la classificazione dei deportati in base al motivo della deportazione. A ciascun deportato era assegnato come contrassegno un triangolo in stoffa di diverso colore da cucire sulla casacca, con mezzi di fortuna, con il vertice rivolto verso il basso. Semplificando, i colori erano i seguenti: Giallo, costituito da due triangoli sovrapposti a formare la stella di David per gli ebrei; Verde per i criminali comuni; Viola per i Testimoni di Geova; Marrone per gli zingari, rom, sinti; Nero per gli asociali: Azzurro per gli apolidi; Rosa per gli omosessuali; Rosso per gli oppositori politici, con all’interno la sigla della nazionalità. Nel triangolo rosso degli italiani c’era la “I” e talvolta “IT”. ↩︎
  2. Italo Tibaldi, deportato diciassettenne e superstite dei campi di Mauthausen ed Ebensee, dopo la liberazione ha dedicato la sua vita a studi e ricerche sulla deportazione dall’Italia ai lager nazisti, raccogliendo circa 44.000 nomi di deportati italiani. Ha svolto una ricerca capillare sui convogli dall’Italia e dalle isole greche verso il Reich e identificato nomi dei deportati di 267 trasporti. ↩︎
  3. Dati in possesso di ANED della Spezia in “Elenco delle persone deportate nei campi di sterminio KZ, registrate dalla sezione”. ↩︎

Una giornata particolare: in occasione del 79° Anniversario del Rastrellamento del 20 Gennaio 1945

A cura di Sandro Centi

Il 20 Gennaio 1945 avveniva il rastrellamento nazifascista, che può essere correttamente definito come uno dei fatti d’arme più importanti per la Cronologia della IV Zona Operativa.

Il rastrellamento, spesso ingiustamente trascurato dalle cronache e dalla storiografia generale, è, in realtà, per molti versi, decisivo riguardo all’evoluzione della guerra in Italia, e quindi la sua rilevanza va ben oltre il territorio spezzino.

Mario Fontana, Comandante della IV Zona Operativa, nella sua “Relazione sull’attività operativa svolta dai reparti della IV Zona dal luglio 1944 al 25 aprile 1945” così descrisse quei giorni:

Questa azione [NdR: cioè il rastrellamento] preparata lungamente ed accuratamente eseguita con enormi forze dotate di moderno materiale da guerra, condotta con decisa volontà di liquidare definitivamente le formazioni patriote della IV Zona, costituisce un definitivo ed inglorioso scacco di tutte le speranze fasciste. Sono 20.000 uomini stupendamente armati che vengono irreparabilmente gettati sulle posizioni di partenza da 2.000 patrioti che oltre al loro coraggio, alla loro fede, al loro spirito di sacrificio, al desiderio di immolarsi per i principi della libertà non avevano che armi portatili individuali, talune delle quali, come lo Sten, li obbligavano a buttarsi sotto per poterle usare.”

Insomma, la superiorità tecnica nazifascista non poté nulla contro un movimento partigiano che, attraverso tappe non facili, non sempre lineari, più di una volta dolorose, aveva però maturato una consapevolezza con la quale si era mostrato in grado di fronteggiare un nemico tanto più potente.

Nella 79° ricorrenza del rastrellamento, se qualcuno volesse leggere una veloce sintesi delle vicende occorse alle varie Brigate, nel quadro della massiccia operazione nazifascista, segnalo: La “Battaglia del Gottero”, una vera epopea senza retorica, pubblicata da ISR/ETS La Spezia, particolarmente utile per “rispolverare” la storia.

Quest’anno, tuttavia, ISR/ETS può presentare una novità che va a completare la pubblicazione, approfondendo alcune questioni.

Infatti, sulla scorta di quanto ho letto e sulla base di ricerche fatte, ho delineato due Mappe tridimensionali, a colori, con l’obiettivo:

a) di rendere chiara agli occhi di chi legge la vasta area del rastrellamento stesso e le forze nemiche impiegate in esso;

b) di far comprendere l’epicità dello sganciamento attuato dai partigiani del Battaglione “Vanni”1 che, dopo avere combattuto, si diressero, come era stato ordinato loro dal Comando IV Zona Operativa, verso il Monte Gottero, completamente innevato, arrivando a sopportare temperatura di 20 gradi sotto zero.

La Mappa n.12 delinea l’area del rastrellamento e le forze in campo. Ho lavorato ad essa basandomi su testi già noti, ma integrandoli a seguito di mie riflessioni, per mettere in evidenza le direttrici della manovra, specificando, dove possibile, i reparti nazifascisti impegnati.

Mappa 1,  Rastrellamento 20-1-1945, IV Zona Operativa
Mappa 1: Rastrellamento 20-1-1945, IV Zona Operativa

La Mappa n.23 chiarisce invece come il Battaglione “Melchiorre Vanni” (Comandante Astorre Tanca “Astorre”4; Commissario Politico Franco Mocchi “Paolo”) riesca a salvarsi, dapprima combattendo duramente verso Bozzolo e poi nella zona di Zignago, sganciandosi, infine, con l’ascesa quasi proibitiva, a causa delle condizioni climatiche e ambientali, della fame e dei vestiti non adatti, verso il Monte Gottero.

Mappa 2, Sganciamento dallo Zignago del Battaglione "Vanni", andata e ritorno, 20-24 gennaio 1945
Mappa 2: Sganciamento dallo Zignago del Battaglione “Vanni”, andata e ritorno, 20-24 gennaio 1945

Il cammino percorso, sull’andata e sul ritorno, fu incredibilmente lungo come chilometri e incredibilmente corto come capacità oraria di percorrerli, nonostante l’itinerario impervio, e la durissima giornata di combattimenti del 20 gennaio, che pesava sulle spalle di quegli uomini.

Il Battaglione “Vanni”, dopo avere combattuto senza sbandamenti, si ritrovò infatti, come stabilito, a Pieve di Zignago (sera del 20 gennaio 1945): qui la popolazione5 diede, con spirito fraterno, ai partigiani, tutto quel poco, praticamente quasi niente, che aveva, per cibarsi. Lo sganciamento avvenne in modo ordinato, e tendenzialmente omogeneo: se ci furono delle diversificazioni nei tempi, e delle variazioni di piccoli gruppi, esse furono causate dalla eventualità onnipresente di imboscate, dalla durezza del cammino, nonché dalla fatica e dai sintomi gravi di congelamento in numerosi partigiani.

Comunque, il ritorno dei primi gruppi6, e sembra quasi incredibile, avvenne già alla mezzanotte del 24 gennaio 1945, a Torpiana.


NOTE

1 La scelta di illustrare l’itinerario di tale Battaglione è dipesa dal fatto che ISR/ETS La Spezia sta preparando una pubblicazione su di esso, in cui confluiranno, tra le altre, le Mappe che vengono presentate nell’articolo. Per una visione complessiva delle vicende del Battaglione, V. https://www.isrlaspezia.it/strumenti/lessico-della-resistenza/battaglione-m-vanni/.

2 Per costruire la Mappa n.1 mi sono rifatto ai seguenti libri: AAVV, “La Battaglia del Monte Gottero”, ISR, 1970; Gimelli, Giorgio (a cura di Franco Gimelli), La Resistenza in Liguria. Cronache militari e documenti, Carocci, 2005; Fiorillo, Maurizio, Uomini alla macchia. Bande partigiane e guerra civile. Lunigiana 1943-1945, Editori Laterza, Roma-Bari, 2010; Battistelli, Pier Paolo, La Wermacht in Italia 1943-1945.Wehrmacht. Waffen-SS. Organisation Todt. SS e Polizei, Agrafe, 2022, nonché a vari documenti presenti in AISRSP.

3 Per costruire la Mappa n. 2 mi sono servito della Testimonianza di Giuseppe Mirabello “Apollo”, che fu impegnato, a capo del suo Distaccamento, tra Serò, Imara e Valle Oscura (in una carta militare del 1930 detta “Valle Scura”), confrontandola con le testimonianze di Saverio Sampietro “Falchetto” e Ottavio Chiappini “Lepre” (v. AISRSP) e con altri documenti di Archivio.

4 Astorre Tanca, Medaglia d’argento al VM alla memoria, muore, in combattimento, a Pieve di Zignago, il 4 marzo 1945

5 A proposito della popolazione, va ricordato brevemente, in questa sede, che essa non solo diede aiuto morale e materiale, ma che quella di Serò (dove si trovavano un Distaccamento del Battaglione “Vanni” e una Compagnia di “Giustizia e Libertà”, quest’ultima agli ordini di Giovanni Pagani, Medaglia d’oro al VM alla memoria, in seguito catturato sul Dragnone e poi fucilato (V. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2023/03/Pagani-Giovanni-largo.pdf), partecipò direttamente, prendendo le armi, ai combattimenti.

6 Tra essi, quello di Giuseppe Mirabello “Apollo” (V. Testimonianza).

Autunno 1943/ gennaio 1944: alcuni lineamenti di storia resistenziale spezzina e lunigianese, leggendo Giulivo Ricci.

A cura di Patrizia Gallotti e Maria Cristina Mirabello*

(* Presidente e Vice Presidente Fondazione ETS ISR La Spezia)

Abbiamo deciso, come ISR-La Spezia, di dedicare, in questi primi giorni del 2024, un ricordo a Giulivo Ricci1 che tanto ha scritto, tra l’altro, sulla Resistenza spezzina e lunigianese, consentendo a tutte/tutti noi, successivamente, di attingere al patrimonio prezioso che ha lasciato, sia per le storie narrate dai suoi libri, sia per la documentazione in essi contenuta.

Sicuramente, nel frattempo, la ricerca sul territorio è andata avanti, ma non dobbiamo mai dimenticare che, senza l’apporto di Giulivo Ricci, e di altri2 che, con passione, hanno indagato gli avvenimenti resistenziali, non sarebbe possibile a noi, oggi, integrare, approfondire, e, se necessario, emendare, la storia della IV Zona Operativa.

Abbiamo perciò pensato che fosse cosa buona, per ricordarlo, estrapolare alcuni passaggi contenuti nei suoi libri, dedicati ai primi nuclei di Resistenza che si formarono in maniera embrionale nel territorio spezzino e lunigianese (con riferimento alle vicende spezzine), volgendo perciò lo sguardo a quello che accadde tra autunno 1943 e fine gennaio 1944, riguardo:

1) al gruppo misto, fondamentalmente composto da sarzanesi e santostefanesi (ma anche da arcolani e spezzini), configurabile, per certi aspetti, come il nucleo originario della successiva Brigata garibaldina “Ugo Muccini”;

2) al gruppo di Torpiana (Zignago), riconducibile al Partito d’Azione, che poi confluirà nella Colonna “Giustizia e Libertà”;

3) al delinearsi della figura di Gordon Lett;

4) al Gruppo “Bottari”; al Gruppo, sorto a Calice al Cornoviglio, che poi confluirà nella Colonna “Giustizia e Libertà”, di aderenza azionista.

I brani, necessariamente selezionati, tratti dai libri di Giulivo Ricci, sono collocati tra virgolette3; i raccordi esplicativi tra essi, scritti in corsivo, sono curati da chi ha scritto questo articolo, e sono ripresi, ma solo in parte, da lavori on line, già pubblicati da ISR nel proprio sito, vedi: Lessico della Resistenza e Le vie della Resistenza.

  1. Argomento: Gruppo misto, fondamentalmente formato da sarzanesi e santostefanesi (ma anche da arcolani e spezzini), configurabile, per certi aspetti, come il nucleo originario della futura garibaldina Brigata “Muccini”

Zone di riferimento: Val di Magra, Tresanese (Lunigiana), Prede Bianche (tra Val di Magra e Val di Vara).

A Sarzana il Partito Comunista, aveva un gruppo fortemente determinato, che, nonostante le varie ondate di arresti, persisteva, in qualche modo, dal Ventennio fascista. A capo di esso era Anelito Barontini4, per cui, già a ridosso dell’8 settembre 1943, sulle colline retrostanti la città, aveva trovato collocazione un nucleo di ispirazione comunista, articolati tra la Ghiaia di Giucano, Prula, Monte Nebbione. Comandante militare del gruppo, come tale generalmente riconosciuto, era Emilio Baccinelli5, mentre Paolino Ranieri6 assumeva di fatto il ruolo di Commissario politico. L’ obiettivo era quello di tessere le fila organizzative nella bassa Val di Magra, tra Lerici, Vezzano, Arcola, Santo Stefano e Sarzana, dove, non a caso, furono compiuti attentati di tipo gappistico7, fermo restando che l’attività dei GAP altro non era se non un’emanazione dei gruppi dimoranti sulle colline.

Nel frattempo si era formato un gruppo santostefanese, avente come riferimento Primo Battistini8 (che in seguito si chiamerà “Tullio”).

pp. 49-509

“Dalla zona di Caprigliola, intanto, Primo Battistini, che a queste operazioni gappistiche diede un suo contributo insieme con Emilio Baccinelli, si era spostato sotto la Casa Bianca, alle Prade di Falcinello, in casa di un Musetti. Lì i sarzanesi, e soprattutto Dario Montarese (Briché)10 e Paolino Ranieri (Andrea), lo avvicinarono e, da quel momento, i rapporti, nonostante una certa autonomia dei due gruppi saranno mantenuti; dovendosi fin da ora sottolineare che quanto l’antifascismo e la professione di fede comunista dei vecchi carcerati e confinati politici erano provati, meditati e volti a considerare globalmente i problemi dell’ora, tanto l’antifascismo di ‘Tullio’ era istintivo, alieno da ogni preoccupazione politica e partitica, venato di sentimenti anarchici e piuttosto insofferente dei freni che i primi avrebbero voluto a buon diritto imporre”.

Nota 21, p. 5411

“’Tullio’ era poi tornato per qualche tempo verso Caprigliola e Santo Stefano, perché era stato avvertito che alcuni giovani intendevano unirsi ai ‘ribelli’: questi erano, tra gli altri, Adalberto Signanini [NdR12: in realtà Cesare Signanini13 “Adalberto”], il cui padre, in contatto con il CLN, era addetto alla mensa dello Stabilimento ‘Muggiano’…”

A seguito dei colpi di mano gappistici, e per eventuali azioni di antiguerriglia fasciste, alcuni esponenti del gruppo sarzanese si misero alla ricerca di un luogo dove potersi trasferire in sicurezza, individuandolo, dopo avere a lungo girovagato, nella località Trambacco, Comune di Tresana (MS), non lontana da Bolano (SP) e da Podenzana (MS). Al Trambacco andò anche Primo Battistini.

pp. 56-5714

“Un primo gruppo nel quale si trovavano, tra gli altri, ‘Briché’, Pilade Perugi, ‘Tullio’, Luciano Magnolia, Emilio Baccinelli, Guglielmo Vesco ed Ernesto Parducci, partì il 27 dicembre15… Qualche giorno dopo arrivarono gli altri, da venti a trenta uomini in tutto: Paolino Ranieri, Ercole Madrignani, Flavio Bertone16, Goliardo Luciani, Giuseppe Podestà, Angelo Tasso, Amedeo Luigi Giannetti, Lino e Ottorino Schiasselloni, i fratelli Forcieri e il figlio del vicesindaco socialista di Sarzana, Lanfranco Sabbadini (‘Cesare’); insomma i componenti dei nuclei già costituiti fra i Succisi di Caprigliola, Ponzano e Falcinello.

Al Trambacco si portavano anche Anelito Barontini, Giovanni Albertini del Canaletto, che era stato uno dei primi dirigenti giovanili comunisti clandestini ed aveva patito il confino di polizia nel 1933, e Anselmo Corsini che, con l’Albertini e Barontini, dopo l’8 settembre 1943 faceva parte del Comitato Federale del PCI… E al Trambacco, secondo autorevoli testimonianze, da altri non accolte, si sarebbe costituito ufficialmente per la prima volta un distaccamento garibaldino nel nome di ‘Ugo Muccini’”.

Svariate furono le azioni compiute avendo come base di partenza il Trambacco, da cui talvolta si allontanavano anche, per incombenze varie, alcuni uomini; lo stesso Anelito Barontini dovette rientrare, insieme ad Anselmo Corsini, alla Spezia, dove era stato nominato segretario del PCI al posto di Terzo Ballani, che aveva retto di fatto la Segreteria fino ad allora.
La permanenza al Trambacco si rivelò dunque impossibile per motivi logistici. Il gruppo, costituito in prevalenza da sarzanesi, girovagò alquanto.

pp. 59-6017

“Anche nella guerra per bande occorreva [NdA= secondo il PCI] fare di più: quella di Ranieri, di Montarese, di ‘Tullio’ ‘sganciatisi’ al Trambacco, era in effetti l’unica banda che il PCI spezzino fosse riuscito a conservare, ma ora essa si trovava a mal partito, proprio mentre altre forze politiche antifasciste, antinaziste e socialiste, tra Vezzano e la Val di Vara, usufruendo dell’apporto di ex-ufficiali dell’esercito italiano come Franco Coni, Pietro Borrotzu18 e il colonnello Bottari19, stavano attivamente cospirando e tessendo la tela di un’organizzazione guerrigliera di stampo ‘badogliano’, ma politicamente influenzata o influenzabile dal Partito Socialista e dal Partito d’Azione…

…Le condizioni di vita al Trambacco apparvero, dopo poco tempo, tali da non consentire una permanenza…

Sta di fatto che la comunanza si sciolse, profilandosi l’esigenza della ricerca della possibilità di sopravvivere in attesa che si ricreassero le condizioni per la ripresa della lotta.

Un gruppo costituito in prevalenza da vecchi antifascisti sarzanesi, poco dopo oltre la metà di gennaio decise di rifugiarsi a Zerla, villaggio in Comune di Albareto…”.

Di tale gruppo sarzanese facevano parte, in quel momento, Paolino Ranieri, Podestà, Vesco, Montarese, Goliardo Luciani, Ercole Madrignani e alcuni giovani. Essi però vennero rapidamente individuati, dovettero varcare il Monte Gottero, recarsi a Popetto nel Comune di Tresana (MS) e, infine, tornare indietro, tra Forte Bastione e Vallecchia, tra il Comune di Fosdinovo e quello di Castelnuovo Magra.

Tra i “ribelli” del Trambacco c’era tuttavia, come già detto, anche una decina di uomini che, raccolti intorno a Primo Battistini, preferirono, dopo aver lasciato quella zona, andare verso l’alto, alle Prede Bianche, tra Val di Vara e Val di Magra, dove rimasero fino al 30 gennaio 1944, quando, sorpresi da un attacco nemico, ebbero un morto e tre prigionieri. Si salvò, con alcuni, grazie a uno stratagemma, Primo Battistini.

Ritroveremo Primo Battistini, qualche elemento del primitivo gruppo sarzanese-santostefanese ed altri, arcolani e spezzini, nel frattempo confluiti verso il Parmense, impegnati nell’ambito della così detta banda “Betti”, quando, il 12 marzo 1944, avvenne, a Valmozzola, il famoso assalto al treno. Ma questo avvenimento, molto importante, sarà raccontato a parte.

  1. Gruppo di Torpiana (Val di Vara, Zignago), riconducibile al Partito d’Azione, che poi confluirà nella Colonna “Giustizia e Libertà”20
  2. Gordon Lett21

Zone di riferimento: Zignago (Torpiana) e Rossanese (Zerasco)

Il primo nucleo organizzato dal Partito d’Azione sul territorio spezzino è ascrivibile a Torpiana di Zignago, dove, a partire dall’autunno 1943, operano azionisti genovesi con la collaborazione di quelli spezzini. A tale proposito, si possono citare i nomi dei genovesi Giulio Bertonelli “Balbi”22, importante figura di riferimento del Partito d’Azione ligure, Edoardo e Gaetano Basevi, Antonio Zolesio, Pier Lorenzo Wronowski, mentre sono autoctoni i Bogo, i Ferretti, i Benelli e Livio Acerbi.

Il nucleo di Torpiana, che si sviluppa appunto nell’inverno 1943-1944, stringe anche importanti rapporti con un piccolo gruppo di militari inglesi fuggiti da un campo prigionia in provincia di Piacenza: al comando degli inglesi è il Maggiore Gordon Lett.

p. 42-4323

“… La posizione geografica [NdR: di Torpiana] offriva notevoli garanze per i requisiti che le erano propri, il trovarsi cioè quel villaggio all’interno di un Comune, Zignago, completamente privo di strade rotabili, Sufficientemente lontano dalle vie di comunicazione principali ma non tanto da ostacolare un rapporto od un contatto con il mondo ‘esterno’ ai fini del collegamento con la stessa città capoluogo di provincia, oltre che con altri ‘centri’ cospirativi e logistici, primo fra tutti Brugnato, punto di riferimento obbligato e tappa ineliminabile tra la Spezia e l’Alta Va di vara e, per sentieri e mulattiere impervi, Calice al Cornoviglio, Zeri, Rossano e la Val di Magra… A queste condizioni proprie dell’ambiente fisico si aggiungevano le caratteristiche dell’ambiente umano, di una popolazione ospitale, che aveva subito passivamente il fascismo, che aveva anzi visto non pochi tra i suoi figli rifugiarsi in Francia e in America durante il ventennio e, con l’invasione tedesca, divenire partigiani nella Resistenza d’Oltre Alpe. Altri fattori sostanziali vanno ricercati nel fatto che un esponente antifascista, qualificatosi su scala regionale, come Giulio Bertonelli, che già abbiamo più volte incontrato, fosse nato proprio in Comune di Zignago e mantenesse rapporti con la terra di provenienza, e che a Torpiana si trovassero, rifugiativisi per sfuggire alle persecuzioni razziali, i genovesi Edoardo e Gaetano Basevi, cugini, i quali si metteranno in contatto con un loro conoscente, il dottor Antonio Zolesio, che svolge a Genova attività cospirativa nell’ambito del partito d’Azione ed è già in contatto con altri noti antifascisti. E neppure va dimenticato che dal 15 ottobre 1943 a Rossano di Zeri, villaggio posto oltre la catena montuosa ma a pochi chilometri in linea d’aria da Torpiana, era capitato Gordon Lett, ex prigioniero di guerra, insieme con il sergente australiano Bob Blackmore, che poi abbandonerà il maggiore inglese e passerà alla G.L., il fuciliere Mick Micallef ed altri.”

p. 4324

“Nei primi tempi, come del resto in molti italiani, predominava in Gordon Lett la preoccupazione di non rischiare la vita, neppure con l’attraversamento delle linee del fronte, dal momento che ci si illudeva in una assai rapida fine del conflitto. Secondo un esponente della guerriglia tra Vara e Magra25, il Lett era, in quei tempi, convinto che il rischio non valesse la candela.

Chiusa momentaneamente questa parentesi su Lett, che sarà più volte riaperta, aggiungiamo subito che come in altre località di campagna e di montagna, anche a Torpiana ed in altri villaggi del Comune di Zignago e dei comuni limitrofi, avevano trovato ospitalità militari sbandati di ogni arma, soprattutto meridionali, impediti ed ostacolati a rientrare nei paesi nativi dalla divisione in due della penisola, configurantesi ormai in ‘Italia liberata? E in ‘Italia occupata’.

Tutti questi fattori, a loro volta, avevano agito fortemente nel senso di creare un’atmosfera di libertà e di speranza, di modo che le chiamate alle armi del governo di Salò non avevano conseguito risultati concreti; e materiale umano per l’opera di cospirazione e, poi, di lotta armata, stava maturandosi, pronto per i ruoli di collaboratori, d’informatori, di combattenti.”

p. 4526

“Secondo i ricordi del Bertonelli, l’inglese, ufficiale effettivo dell’esercito, concepiva i futuri partigiani italiani come una specie di legione straniera dell’esercito di Sua Maestà britannica. In ogni modo, la discussione [NdR: tra Bertonelli e Gordon Lett, durante un incontro avvenuto, secondo Giulivo Ricci il 1 novembre 1943] servì a chiarire a Gordon Lett quale fosse invece il concetto dominante deli antifascisti italiani, che si dichiararono pronti a stabilire un contatto tra lui e l’Inghilterra, dal quale sarebbero potuti uscire esiti favorevoli alla progettata collaborazione nella lotta contro il comune avversario. In effetti, gli azionisti milanesi, con Parri, avevano istituito un servizio di comunicazioni con la Svizzera e a Genova il Prof. Ottorino Balduzzi era riuscito a collegarsi con la Corsica. La lettera che il maggiore Gordon Lett consegnerà al Bertonelli giungerà a Londra prima di Natale.”

  1. Gruppo Bottari; Gruppo, sorto a Calice al Cornoviglio, che poi confluirà nella Colonna “Giustizia e Libertà” di aderenza azionista

Zone di riferimento: Vezzano Ligure, Calicese e Val di Vara.

Il nucleo ascrivibile al Calicese, cui afferisce un’area punteggiata da varie realtà, si sviluppa, sempre a partire dall’autunno 1943, dapprima con l’obiettivo di darsi una struttura organizzativa e, dal febbraio 1944, anche con scopo operativo.

Si formano inizialmente tre gruppi: uno in Località Borseda (con Ferdana, Garbugliaga, Beverone), uno in Località Debeduse (con Lavacchio Terrugiara e Vicchieda); uno in Località Villagrossa allargatosi poi a Santa Maria, Molunghi; Calice-Campi-Nasso; Suvero; Veppo e Casoni; Castiglione Vara.

Gli aderenti di Borseda, Debeduse e Villagrossa, partecipano al primo incontro di coordinamento, che ha luogo presso il cascinale Buscini, in località Debeduse, già il 19 ottobre 1943: promotore e coordinatore dell’incontro stesso è il Tenente Daniele Bucchioni27.

Si muove anche la frazione di Madrignano; Piana Battolla, Follo e Pian di Follo, dove esplicano un’intensa attività il capitano Orazio Montefiori (“Martini”)28 e Fernando Chiappini, collegatisi poi con il movimento già sorto a Vezzano Ligure29, mentre a Valeriano troviamo Amelio Guerrieri30.

Particolare incidenza assume, in questo quadro, la figura di don Carlo Borelli31, parroco di Follo Alto, che diventerà poi cappellano di GL.
Sempre a Follo-Bastremoli va ricordata la figura di Agostino Bronzi32, insigne militante socialista che lì risiede e che, in un certo senso, assume la funzione di tramite con il gruppo di Vezzano Ligure.

p. 33-3433

“Un punto di riferimento obbligato per chi voglia affrontare il problema generale della Resistenza alla Spezia, quello particolare della nascita delle prime formazioni patriottiche combattenti e, in maniera speciale, dei prodromi e dei primi passi dei nuclei che daranno vita alla Brigata d’Assalto Lunigiana e, successivamente, alla Colonna GL, è costituito dal Gruppo ‘Bottari’’… Il movimento sorto a Vezzano Ligure dall’innesto del patriottismo di derivazione legittimistico-militare sul vecchio tronco antifascista e socialista locale viene condotto in modi e forme diverse con l’attività politica del centro cittadino, con elementi azionisti e, ad un certo punto, fornirà alcuni dei quadri più qualificati all’organizzazione e alla direzione della guerriglia in Val di Vara… La presenza a Vezzano Ligure del colonnello Giulio Bottari34, ufficiale in SPE, reduce dalla Russia e in licenza, di orientamento chiaramente antifascista, del maresciallo Luigi Dallara, del marinaio Baviera è fattore assai importante di mobilitazione, specie verso il recupero delle armi.

Il colonnello Bottari è messo in contatto con l’ambiente socialista spezzino, con l’avvocato Agostino Bronzi, con Pietro Beghi35, con Rodolfo Locori e Vincenzo Puglia. Le idee divergono: il colonnello, in linea con la sua mentalità, tende alla costituzione di nuclei e gruppi composti esclusivamente da militari, ovviamente i dirigenti socialisti sono di altro parere.

Questo iniziale contrasto non impedisce la collaborazione. Un salto di qualità è operato dall’arrivo in paese del tenente sardo Piero Borrotzu36 -cugino di Antonio Ferrari- subito diventato infaticabile animatore e attore del movimento patriottico37.”

p. 3538

“ D’altra parte le località39, in cui si erano sprigionate queste preziose scintille, non presentavano le caratteristiche proprie delle terre atte alla guerriglia Né tanto meno quelle di un ambiente aggregante per il confluire di quegli elementi e fattori diversi, indispensabili al crearsi delle condizioni favorevoli al nascere, allo sviluppo e alla direzione della lotta armata… queste condizioni… potranno trovare la possibilità di concretarsi a Torpiana40, nel montano Comune di Zignago, in Val di Vara, quasi al confine con il territorio della provincia di Massa Carrara.”

Se questo succedeva nelle varie aree geografiche sommariamente delineate, va anche ricordato che, contemporaneamente, soprattutto in città, alla Spezia, muoveva i suoi primi e non facili passi il Comitato di Liberazione Nazionale provinciale (CLNp)41, istanza unitaria delle forze politiche antifasciste.


Note

1 Giulivo Ricci, nato ad Aulla il 27 gennaio 1924 e morto a Fivizzano il 23 settembre 2009, caratterizzato da profondi e molteplici interessi per la terra di Lunigiana, cui ha dedicato numerosi scritti a carattere culturale (a lui è intitolato il Centro Aullese di Ricerche e Studi Lunigianesi, che fondò), si volge, già dagli anni Settanta del Novecento, alla tematica della Resistenza, collaborando proficuamente con l’Istituto Storico della Resistenza spezzino, sorto nel 1972. All’inizio degli anni Ottanta, Ricci partecipa attivamente alla costituzione dell’Istituto Storico della Resistenza Apuana, di cui poi sarà anche, per un lungo periodo, Presidente. Citiamo, per un invito alla lettura e per eventuali ricerche, i seguenti volumi di Giulivo Ricci, che fanno parte, insieme ad altri dello stesso Autore, della dotazione libraria di ISR La Spezia: Avvento del fascismo, Resistenza e lotta di liberazione in Val di Magra (1975), Contributi alla storia della Resistenza in Lunigiana (1976), Storia della Brigata Matteotti-Picelli (1978), Storia della Brigata garibaldina Ugo Muccini ( 1978), I verbali delle sedute del Comitato comunale di liberazione nazionale di Aulla ( 1978), La Spezia combatte in Valsesia (1980), Resistenza in Lunigiana e fuoruscitismo apuano (1984), La Colonna Giustizia e Libertà (1995), La Brigata garibaldina Cento Croci, a cura di Giulivo Ricci, Varese Antoni e altri, ( 1997), Dalle montagne di Lunigiana (1999), Diserzione renitenza alla leva in Lunigiana durante la Repubblica di Salò (2000), I gruppi di Merizzo e di Monti (2002), Itinerari della resistenza Apuana (2004) Tra gli innumerevoli Convegni e iniziative culturali che promosse, va citato, a proposito di Resistenza, l’importante Convegno “Retrovie della Linea Gotica occidentale. Il crocevia della Lunigiana” che si svolse, nel 1986, ad Aulla, Pontremoli e Fivizzano, di cui curò anche la pubblicazione degli Atti. [NdR: per la data di nascita e di morte si ringrazia Paolo Bissoli, Presidente ISRA).

2 Cercheremo, nel corso dell’anno 2024, di ricordare, in qualche modo, specie attraverso stralci dai loro scritti, anche altri storici e/o appassionati di storia, che, ormai deceduti, hanno trattato il periodo resistenziale spezzino.

3 Non si riportano però le lunghe e documentate Note di Giulivo Ricci. Le Note dell’articolo, molto brevi, sono state curate dalle redattrici, facendo spesso riferimento a materiale on line nel sito ISR.

4 V. Brigata Garibaldi U. Muccini

5 V. GAP Gruppi Azione Patriottica

6 V. Brigata Garibaldi U. Muccini

7 V. GAP Gruppi Azione Patriottica

8 V. Battaglione M. Vanni e Brigata Garibaldi U. Muccini

9 Ricci, Giulivo, Storia della Brigata Garibaldina “Ugo Muccini”, Istituto Storico della Resistenza “Pietro Mario Beghi”, La Spezia, 1978.

10 V. Brigata Garibaldi U. Muccini

11 Ricci, Giulivo, Storia della Brigata Garibaldina “Ugo Muccini”, Istituto Storico della Resistenza “Pietro Mario Beghi”, La Spezia, 1978.

12 NdR: Nota delle Redattrici dell’articolo.

13 Nell’estate 1944 il primo nome della Brigata “Vanni” (Comandante Primo Battistini “Tullio”), essendo, nel frattempo, Signanini morto, sarà proprio quello di “Signanini”.

14 Ricci, Giulivo, Storia della Brigata Garibaldina “Ugo Muccini”, Istituto Storico della Resistenza “Pietro Mario Beghi”, La Spezia, 1978.

15 1943.

16 V. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2017/04/Bertone-Flavio-Luigi-piazza.pdf

17 Ricci, Giulivo, Storia della Brigata Garibaldina “Ugo Muccini”, cit.

18 V. successivamente in questo articolo.

19 V. successivamente in questo articolo.

20 V. Colonna Giustizia e Libertà

21 https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/11/Calice-Lett-Gordon-via.pdf

22 Giulio Bertonelli, esponente di primo piano del Partito d’Azione in Liguria, v. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2023/10/Zignago-Bertonelli-Giulio-piazza.pdf

23 Ricci, Giulivo, La Colonna “Giustizia e Libertà”, FIAP (Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane); Associazione Partigiani “Mario Fontana”, La Spezia; Istituto Storico della Resistenza “Pietro Mario Beghi”, La Spezia, 1995.

24 Ricci, Giulivo, La Colonna “Giustizia e Libertà”, cit.

25 Giulivo Ricci si riferisce, come dichiara in una Nota, a Ezio Giovannoni, esponente di GL, capo del SIM (Servizio Informativo Militare) IV Zona Operativa.

26 Ricci, Giulivo, La Colonna “Giustizia e Libertà”, cit.

27 V. Battaglione Val di Vara

28 V. Colonna Giustizia e Libertà

29 V. Paragrafo seguente.

30 Amelio Guerrieri, Medaglia d’argento al VM, diventerà poi Comandante del Battaglione “Zignago-Gindoli” della Colonna “Giustizia e Libertà”.

31 V. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/11/Follo-Borelli-don-Carlo-piazza.pdf

32 V. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/10/Bronzi-Agostino-darsena.pdf

33 Ricci, Giulivo, La Colonna “Giustizia e Libertà”, cit.

34 V. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/01/Bottari-Giulio-via.pdf

35 V. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/01/Beghi-Pietro-Mario-via.pdf

36 Medaglia d’oro al VM alla memoria. V. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/01/Borrotzu-Pietro-largo.pdf

37 Va ricordato, insieme a lui, Franco Coni, anch’egli sardo, sottotenente dell’Esercito e suo amico. V. 1a Compagnia Arditi

38 Ricci, Giulivo, La Colonna “Giustizia e Libertà”, FIAP (Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane); Associazione Partigiani “Mario Fontana”, La Spezia; Istituto Storico della Resistenza “Pietro Mario Beghi”, La Spezia, 1995.

39 Le località comprese da Ricci, e di cui parla, vanno anche oltre il Calicese.

40 Di Torpiana si è già parlato nei Paragrafi precedenti.

41 V. C.L.N. La Spezia

NB
In copertina Giulivo Ricci all’inaugurazione della lapide in ricordo della Resistenza a Codolo di Zeri nel 2002 (part.).