di Patrizia Gallotti e Maria Cristina Mirabello
Immagini di Mauro Martone
Premessa
L’Istituto Spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea dedica da molti anni particolare attenzione allo Stradario della Resistenza provinciale, facendo di quest’ultimo una materia viva, da trattare quindi anche nelle Scuole1.
La vitalità2 dell’operazione, decisa a suo tempo proprio con l’impostazione dello Stradario, è denotata dai numerosi accessi a tale potente strumento, il quale ha sicuramente esplicato le sue iniziali finalità su più livelli: conservazione della memoria collettiva, conoscenza storica e aggiornamento critico, perché, pur risalendo lo Stradario fondamentalmente al 2014-15, le sue oltre 250 Schede sono in progress, sia riguardo alle nuove intitolazioni che riguardo all’aggiornamento dei contenuti già pubblicati.
Ed è proprio da un esempio concreto, e quindi da un’area particolare dello Stradario, quella del Favaro (Comune della Spezia), che vogliamo partire per “fare storia”, documentando attraverso tale strumento la pluralità delle vicende e delle aderenze ideologiche3 resistenziali, compresi cenni alle circostanze della morte, perché le intitolazioni di tutte le vie/piazze del Favaro sono a morti per cause legate alla Resistenza e/o alla Deportazione.
Va anche detto che il quartiere, diramandosi dall’arteria principale, denominata, non a caso, via della Libertà, può essere visto quale raffigurazione concreta e territorialmente compatta di un movimento storico molto variegato: dietro ai nomi stanno infatti tante storie, cui accenneremo solo per sommi capi, tentando di arrivare a qualche utile e provvisoria sintesi.
Distribuzione delle classi di età
Se analizziamo le classi di età riguardanti le intitolazioni, vediamo che la Resistenza è costituita soprattutto da giovani e giovanissimi, ma che ad essa partecipano anche persone decisamente più mature.
I più anziani dello Stradario del Favaro4 sono sicuramente Renato Grifoglio (1889), Giulio Bottari (1891) e Renato Perini (1899). Con un notevole salto temporale in avanti, troviamo poi Giuliano Maccione (1915), Ruggero Maneschi (1916), Astorre Tanca (1918), Ermanno Gindoli (1919). A seguire, un po’ come grani di una collana, Giovanni Pagani, Nino Siligato, Luigi Vega (1920), Piero Borrotzu (1921), Ubaldo Cheirasco, Alfredo Oldoini, Ezio Grandis (1923), Sandro Cabassi, Merio Scopsi, Giulio Spella, Gerolamo Spezia, Marcello Toracca (1925), Angelo Galligani, i gemelli Emilio Perini e Giocondo Perini (1926). L’anno maggiormente rappresentato, come si può constatare, è il 1925, seguito per frequenza, alla pari, dal 1920, 1923,1926. Meno rappresentati gli altri anni5.
Varietà di esistenze e di formazioni resistenziali di appartenenza
Seguendo solo tendenzialmente6 la sequenza di nomi già impostata per classi di età, sintetizziamo così, molto schematicamente, i vari casi.
Renato Grifoglio ha un passato antifascista, fa il mezzadro nella zona della Pieve, è collegato al CLN e al PCI, ospita una stamperia clandestina;
Giulio Bottari è un colonnello dell’Esercito ed è ascrivibile, dopo l’8 settembre, ai primi fermenti resistenziali di impronta lealista (v., in seguito, Brigata d’assalto “Lunigiana”);
Giuliano Maccione, macellaio, presta la sua opera come vigile del fuoco ed opera attivamente nelle rete sappistica;
Amleto Ruggero Maneschi, in stretto contatto con Renato Grifoglio, è sottufficiale della Marina Militare, collabora da subito dopo l’8 settembre 1943 con il CLN e il PCI;
Astorre Tanca, maestro, giocatore nei giovani della Sarzanese e dello Spezia Calcio, allievo ufficiale di complemento, è Comandante del Battaglione garibaldino “M. Vanni”;
Ermanno Gindoli, maestro, sottotenente di complemento, è Comandante del Battaglione “Zignago” (Colonna “Giustizia e Libertà”);
Giovanni Pagani, studente universitario, allievo ufficiale di Fanteria, è Comandante di una Compagnia del Battaglione “Zignago” (Colonna “Giustizia e Libertà”);
Nino Siligato, proveniente dalla Marina Militare, entra nella Brigata “Cento Croci”, svolgendo in essa compiti specialmente di sabotaggio;
Luigi Vega fa parte del Battaglione “Val di Vara” (“Giustizia e Libertà”);
Piero Borrotzu, ufficiale dell’Esercito, opera attivamente dopo l’8 settembre ed è attore di varie imprese nella lealista Brigata d’assalto “Lunigiana”;
Ubaldo Cheirasco, studente universitario di Chimica, sale ai monti, in Lunigiana, già nel marzo 1944;
Alfredo Oldoini, studente universitario, fa parte del Battaglione “Zignago” (Colonna “Giustizia e Libertà”);
Ezio Grandis, studente dell’Accademia di Arte drammatica (Roma), fa parte del Battaglione “Zignago” (“Giustizia e Libertà”);
Merio Scopsi milita nel Battaglione garibaldino “M. Vanni”;
Giulio Spella fa parte del Battaglione “Val di Vara” (Colonna “Giustizia e Libertà); Gerolamo Spezia, apprendista motorista all’Arsenale MM della Spezia, fa parte del Battaglione “Val di Vara” (Colonna “Giustizia e Libertà”);
Marcello Toracca, volontario in Marina, già allievo della scuola militare di Pola, entra nel Battaglione garibaldino “M. Vanni”;
Angelo Galligani, operaio dell’OTO Melara, con passioni sportive per la bicicletta, entra nella Brigata “Cento Croci”;
la famiglia Perini (il padre Renato e i figli Emilio e Giocondo), tutti originari di Vernazza, appartengono al Battaglione “Zignago” (“Giustizia e Libertà”).
Le schematiche notizie fanno intravedere esistenze completamente diverse tra loro, retroterra socioculturali differenti, interessi non necessariamente coincidenti, e, tuttavia, la scelta resistenziale è per tutti questi casi un fatto inoppugnabile, una sorta di denominatore comune, che li equipara, comunque, nella morte.
Quella scelta implicò, quando venne fatta, un rischio altissimo7, perché, se è pur vero che i bandi della Repubblica di Salò imponevano la leva obbligatoria, per cui intraprendere la via dei monti poteva sembrare quasi una necessità, al fine di sottrarsi alla coscrizione, è altrettanto vero che ognuno poteva decidere di non presentarsi, tentando di evadere in qualche modo quell’obbligo, senza schierarsi, ad esempio nascondendosi. Non solo, analizzando le classi di età, si evince che qualcuno poteva anche non essere proprio richiamato. Invece, scelsero: ci fu chi rimase in città e fu molto attivo nella rete clandestina, cadendo in genere per delazioni e falle nei collegamenti, mentre la maggior parte si avviò coscientemente alla lotta armata, militando in formazioni con diverse coloriture politiche. Infatti, la Colonna “Giustizia e Libertà” è riconducibile, nel territorio spezzino, sia al Partito d’Azione, sia ad una matrice di ispirazione cattolica; la Brigata “Cento Croci” ha una fisionomia mista: in parte lealistico-autonomistica e in parte garibaldina; il Battaglione “Vanni” è garibaldino, ed è inquadrato nella Brigata “Gramsci”.
Le circostanze della morte
Scorriamo ora, rapidamente, raggruppando i casi, dove possibile, in ordine cronologico progressivo di cattura e/o di morte8.
Il primo a morire, tra coloro cui sono state dedicate le vie del Favaro, è Ubaldo Cheirasco, Medaglia d’argento al VM9. Recatosi con altri compagni sul Monte Barca in Lunigiana, per essere successivamente inquadrato in gruppi armati, allora in formazione, viene catturato durante un rastrellamento, e fucilato a Valmozzola (PR), insieme ad altri10, il 17 marzo 1944.
C’è poi Piero Borrotzu, Medaglia d’oro al VM, protagonista di notevoli attacchi contro i nazifascisti in Val di Vara. Trovandosi a Chiusola (Sesta Godano) ed essendo il paese circondato, si consegna per evitare conseguenze ai civili, e viene fucilato il 5 aprile 1944.
Angelo Galligani, Medaglia d’argento al VM, combatte nella “Cento Croci” e, pur rimanendo ferito, vuole tornare in battaglia, perendo11 in uno scontro alla Pelosa (Varese Ligure) l’11 luglio 1944.
I destini di Amleto Maneschi e Renato Grifoglio si intrecciano drammaticamente. Legati tra loro nella rete cospirativa, particolarmente forte nella zona di Migliarina, quando il primo CLN spezzino viene praticamente azzerato nel luglio-agosto 1944, è dapprima catturato Maneschi e, poiché Grifoglio si reca città per avere notizie di lui (ed è casualmente riconosciuto), viene a sua volta fatto prigioniero. Maneschi è deportato e muore a Mauthausen il 16 gennaio 1945, Grifoglio è sul momento imprigionato e poi fucilato ad Arcola, per rappresaglia, insieme ad altri12, il 27 settembre 1944.
Giuliano Maccione, Medaglia d’argento al VM, esponente delle SAP, individuato nella drammatica estate del 1944, è catturato e imprigionato nel carcere dell’ex XXI alla Spezia, dove si uccide, per non parlare, il 22 agosto 1944.
Giulio Spella cade in un conflitto a fuoco sul Monte Picchiara, il 28 agosto 1944. Giulio Bottari, costretto, nel giugno 1944, ad allontanarsi dalla Spezia perché a rischio di cattura, si reca a Genova, dove viene catturato nel settembre. Deportato a Mauthausen, vi muore nell’aprile 194513.
Gerolamo Spezia, Medaglia d’oro al VM, nel corso di un massiccio rastrellamento nazi-fascista contro il Calicese, non accetta di ripiegare, lasciando da solo il suo Comandante, e cade l’8 ottobre 1944.
Luigi Vega, in previsione del rastrellamento del 20 gennaio 1945, incaricato con altri di compiere azioni preventive, trova in esse la morte, il 18 gennaio 1945.
Muore a Codolo di Pontremoli il 20 gennaio 1945 Nino Siligato14: Medaglia d’oro al VM, viene ucciso in conflitto a fuoco, dopo che ha svolto, secondo le richieste degli Alleati, importanti incarichi di sabotaggio.
È catturata nel corso del drammatico rastrellamento del 20 gennaio 1945 l’intera famiglia Perini (Renato, insieme ai figli Emilio e Giocondo): fatti prigionieri sul Monte Picchiara, sono fucilati, con altri giovanissimi15, il 21 gennaio 1945.
Dopo avere combattuto nella giornata del 20 gennaio 1945 ed essersi poi rifugiati sul Monte Dragnone (Zignago), sono catturati, insieme ad altri partigiani e civili, Giovanni Pagani, Medaglia d’oro al VM, ed Ezio Grandis. Imprigionati, sono successivamente fucilati in una piazzetta della Chiappa (La Spezia), come monito per la popolazione civile, il 3 febbraio 1945.
Il 4 marzo 1945, muoiono in combattimento, a seguito di una improvvisa puntata tedesca su Pieve di Zignago, Astorre Tanca, Medaglia d’argento al VM, e Merio Scopsi16.
Il 9 aprile 1945, muore Marcello Toracca, Medaglia di bronzo al VM: impegnato in un sabotaggio al ponte del Graveglia, è ferito mortalmente17 da una pattuglia tedesca.
Ermanno Gindoli, Medaglia d’argento al VM, e Alfredo Oldoini, Medaglia d’argento al VM, cadono18 infine il 12 aprile 1945, colpiti dal fuoco di un’autoblindo tedesca sopraggiunta mentre stanno sabotando il ponte sull’Aurelia (alla Rocchetta, poco dopo Borghetto Vara).
La “strage degli innocenti”: che cosa successe in Favaro il 10 aprile 1945
Tuttavia, e non vuole essere una divagazione, a conclusione di questa rassegna, è opportuno ricordare come la II Guerra Mondiale e gli avvenimenti ad essa connessi (per l’Italia le rovinose sconfitte militari, la caduta del fascismo, l’8 settembre e la Resistenza contro nazisti e fascisti19) abbiano significato tantissimi morti, nonché feriti, mutilati e invalidi, limitandoci a citare gli aspetti più propriamente fisici, senza entrare in quelli più latamente, e meno difficilmente rilevabili, delle conseguenze psichiche, non solo per chi partecipò alla Resistenza ma anche per la popolazione civile.
Prova drammatica di tale documentata realtà20 è, nel quartiere del Favaro, una targa21 ben visibile sul muro di quella che fu villa Pegazzano, nelle adiacenze della Scuola Media22. La targa, posta a cura del Comitato Unitario della Resistenza di Migliarina e della IV Circoscrizione del Comune della Spezia nel 1986, ricorda undici ragazzi, lì morti il 10 aprile 1945. In quei giorni i tedeschi avevano ormai lasciato villa Pegazzano, da loro precedentemente sequestrata. L’edificio era diventato perciò luogo di incursioni da parte di giovani e giovanissimi che andavano alla ricerca di ciò che i soldati potevano avere abbandonato. Alcuni erano lì anche casualmente o solo perché volevano stare in compagnia di coetanei. Secondo le testimonianze dei superstiti ci fu chi si mise intorno ad una cassa rossa, tentando, con grande fatica, di aprirla. E quel contenitore scoppiò, dilaniando corpi e seminando morte.
Erano, in ordine alfabetico: Agresti Wilma di 15 anni, Allegria Franco di 14 anni, Becherucci Pietro di 13 anni, Carassale Sergio di 12 anni, Garibbo Giorgio di 13 anni, Iannelli Giorgio di 18 anni, Menotti Vinicio di 19 anni, Neri Luigia di 19 anni, Novelli Paola di 15 anni, Olivieri Franco di 12 anni, Vecchioli Angelo di 15 anni.
NOTE
1 Il 15 aprile 2025 si svolgerà, a cura di ISR-La Spezia, un incontro con le Terze Medie della Scuola “A. Cervi” (Favaro-La Spezia). Alla lezione teorica sulla Resistenza in IV Zona Operativa, seguirà un trekking sul territorio, con visita guidata alle vie del quartiere.
2 La vitalità è ulteriormente dimostrata dal fatto che lo Stradario è la base su cui poggiano i due volumetti dei “Sentieri della libertà”, i quali, recuperando la trama essenziale dello Stradario stesso, la arricchiscono con targhe, pietre d’inciampo, monumenti, per far riflettere coloro che decidono di intraprendere escursioni su temi resistenziali. V. “Sentieri della libertà. Dalla città della Spezia a San Benedetto, il paese dell’ultima battaglia. Percorsi per riflettere” di Sandro Centi e Maria Cristina Mirabello, Edizioni Giacché, 2022; “Sentieri della libertà 2. Dai Giardini Pubblici al quartiere del Favaro di Migliarina Percorsi per riflettere” di Sandro Centi, Doriana Ferrato, Patrizia Gallotti, Edizioni Giacché, 2024.
3 Va osservato però che non sempre entrare in una formazione che si richiamava ad una certa componente ideologica significava aderire consapevolmente ad essa. Spesso l’entrata era determinata da opportunità geografiche, da amicizie, da parentele, ecc.
4 Fuori dall’area del quartiere, ma contiguo ad essa, è il piazzale intitolato a Sandro Cabassi: Medaglia d’argento al VM, agisce e muore nel Fronte della Gioventù a Carpi, in Emilia. Decisamente spostata rispetto al Favaro, in quanto posta trasversalmente tra via del Canaletto e via Buonviaggio, risulta invece via Amleto Ruggero Maneschi.
5 Nello Stradario del quartiere esiste anche una intitolazione collettiva: Largo Deportati Ebrei. Si tratta, come ci dicono le carte ANED-La Spezia, di 13 persone, non nominate individualmente nella targa: Alberto Del Cittadino, Rodolfo Diena, Guglielmo Fano, Ferruccio Ferro, Elvira Finzi, Ernesto Funaro, Adua Nunes, Clotilde Fano, Lea Mueller, Margherita Servi Nunes, e l’intera famiglia Revere, composta dal padre, Enrico Revere, dalla moglie Emilia De Benedetti e dalla figlioletta Adriana. Tutti gli ebrei spezzini muoiono ad Auschwitz o a Flossenburg. Adriana Revere, quando muore, deve ancora compiere dieci anni.
6 In alcuni casi, infatti, raggruppiamo, per linearità espositiva, in modo diverso.
7 Evidentemente la scelta prioritaria era quella di schierarsi/non schierarsi con la RSI.
8 Dove possibile, ricordiamo anche i nomi di altri che, caduti insieme a coloro che citiamo, non hanno avuto l’intitolazione di una via/piazza.
9 Tutte le medaglie citate nel corso dell’articolo sono, chiaramente, alla memoria.
10 Parenti Gino della Spezia, Trogu Angelo di S.Terenzo-Lerici-SP, Gerini Nino di Lerici-SP, Mosti Domenico della Spezia, Tendola Giuseppe di Sarzana-SP e due militari sovietici, Tartufian Michail e Belacoski Vassili.
11 Muoiono con lui Sante Barbagallo e Francesco Ghiorzi.
12 Perroni Fausto, De Biasi Ferdinando, Spezia Giovanni, Azzarotti Paride, Silvini Bruno, Dallara Luigi, Del Vecchio Giuseppe, Orlandi Calisto, Caldarella Francesco.
13 In taluni documenti c’è 13, in altri c’è 20 aprile 1945.
14 Per esteso, Antonino Siligato.
15 Castrucci Giovanni, Colombo Agostino, Galleno Francesco, Pallano Lorenzo, Palomba Francesco, Sbolci Marco.
16 Perisce in tale episodio anche la staffetta Battista Marini.
17 Muore in tale circostanza anche Nino Ricciardi, Medaglia d’oro al VM, cui è dedicata una via in altra parte della città della Spezia. Lo scontro avviene l’8 aprile 1945. Ricciardi muore quasi subito, Toracca poco dopo.
18 Muore anche Oronzo Chimenti. Mentre Chimenti e Gindoli muoiono immediatamente, Oldoini rimane ferito e si suicida, per non cadere in mano nemica.
19 Non va mai dimenticato, sulla scorta di Claudio Pavone, che la Resistenza è stata guerra patriottica, civile, di classe, tre guerre in una, quindi assai complessa per tutte le sue sfaccettature conflittuali.
20 Le notizie sono tratte da “Favaro, ieri, oggi e domani. Ritratto di un quartiere” (a cura di Vinicio Ceccarini e Gianni Valdettaro), La Poligrafica, La Spezia, 2014.
21 Lo Stradario non comprende in genere le lapidi, targhe, ma solo le intitolazioni di vie, piazze, scalinate, ecc. Nel caso del Favaro, tuttavia, non si potevano ignorare le vittime civili del 10 aprile 1945.
22 Si noti come la Scuola Media, inserita in un quartiere con Stradario ad altissima “densità” resistenziale, sia intitolata ad Alcide Cervi, padre dei sette fratelli Cervi, tutti fucilati, per attività partigiane, il 28 dicembre 1943, a Reggio Emilia. Dentro la Scuola è inoltre presente una targa dedicata a Irma Marchiani, Medaglia d’oro al VM, di Santo Stefano Magra (SP), che, diventata partigiana in Emilia con funzioni di grande responsabilità, fu catturata due volte, ed infine fucilata, a Pavullo nel Frignano (Modena), il 26 novembre 1944.