Un mese e una fine anno tra ombre e luci per la Resistenza in IV Zona Operativa: dicembre 1944

A cura di Maria Cristina Mirabello

Svanita ormai la speranza di una rapida avanzata degli Alleati, l’anno 1944, in cui, a luglio, era avvenuta l’importante fondazione del Comando Unico e della I Divisione Liguria, premessa della IV Zona Operativa, quest’ultima formalizzata proprio a dicembre, moriva tra ombre e luci.

Nell’autunno-inverno 1944, pur nella consapevolezza dei rischi e delle enormi difficoltà, i responsabili politici e militari al vertice della Resistenza spezzina, non scelsero una decisa “pianurizzazione” degli uomini, non misero in atto la cosiddetta “politica delle tregue”, e, conseguentemente, si delineò una fasedifficilissima, quando l’avanzata alleata, deludendo le speranze ancora vive nel primo autunno, si fermò per lunghi mesi (arresto che risultò del tutto chiaro, se ancora ce ne fosse stato bisogno, con il proclama Alexander del 13 novembre 1944).

La situazione divenne, per motivi diversi, molto grave, tanto che la rischiosità degli incontri in città per programmare la lotta clandestina causò, come vedremo, lo spostamento del CLNp in montagna.

I reparti partigiani stanziati sui monti soffrirono, oltre che per le sempre incombenti, e talvolta attuate, numerose puntate nemiche (con perdite partigiane e nella popolazione civile), anche per i feriti, i morti, i catturati nell’ambito dalle necessarie azioni di guerriglia programmate. Non solo, le azioni urbane a carattere gappistico, in genere positivamente condotte da elementi provenienti dalla montagna, determinavano rappresaglie successive, sia nei confronti di chi era già imprigionato, sia verso la popolazione civile, sottoposta a rastrellamenti. Dolori e perdite, insomma, sia in difesa che in offesa. A tutto ciò si aggiunsero una serie di condizioni di fondo, difficilmente superabili: nonostante il rapporto tendenzialmente positivo con la gente, diverso cioè da quello determinatosi nello Zerasco e ben chiaro dopo il rastrellamento del 3 agosto 1944, occorre ricordare che le aree di stanziamento in montagna erano povere o estremamente povere, quindi mancava il cibo, era del tutto carente il vestiario adatto ad affrontare il clima rigido, frequenti e gravi erano le malattie, acutizzate dalle condizioni ambientali relative all’abitare, al dormire e all’igiene.  L’unica nota positiva poteva essere che la fine estate e l’autunno avevano portato, come dicono molte testimonianze, un raccolto abbastanza consistente di farina di castagne e grano turco. Il cibo, parola ricorrente, insieme al termine fame, nelle memorie della/sull’epoca, consisteva in pattona, polentina dolce o salata (anche il sale era poco), castagne secche, se andava bene. Mancava praticamente tutto il resto.

La cattura – di Giada Perricone

Nonostante che una notevole parte della provincia fosse passata nel tempo sotto il controllo partigiano, la reazione nemica si mostrava ampia, dura e variegata. A essa si rapportarono, in un certo senso a viso aperto, i partigiani in montagna, mentre la repressione, con imprigionamenti, torture, deportazioni, si scatenò, grazie specialmente a trame delatorie, in città, dove, coordinata da Emilio Battisti, facente funzione di Questore, e dalla banda che si raccoglieva intorno ad Aurelio Gallo, si intensificò, se possibile, dal novembre 1944 in poi.  Se a tutto ciò aggiungiamo i bombardamenti, abbiamo un quadro, sebbene solo approssimato per difetto, di quello che successe, sia ai partigiani, sia alla popolazione civile.

Va inoltre detto che drammatica era la situazione del CLNp, organismo politico al vertice della lotta resistenziale, visto che, dall’estate 1944, non poteva riunirsi nella pienezza dei partiti che lo componevano, e che ciò si protrasse fino al gennaio 1945, quando, per la prima volta, il così detto CLN di montagna tenne, in alta Va di Vara, la sua seduta plenaria. I membri arrestati nel luglio 1944 non erano stati infatti continuativamente rimpiazzati ad opera delle rispettive componenti partitiche, tanto che, ad un certo punto, i membri organici furono solo due: Pietro Mario Beghi “Mario”, socialista, Segretario del CLNp, e Antonio Borgatti “Silvio”, Segretario della Federazione provinciale del PCI spezzino.

Non a caso, Beghi e Borgatti presero la decisione, non facile, e più volte duramente rimproverata allo stesso Borgatti dal Triumvirato insurrezionale genovese del suo partito, di chiedere il trasferimento del CLNp ai monti, in zona partigiana, dove andò e rimase, in accordo con Borgatti, lo stesso Beghi, mentre il comunista Giovanni Rosso “Luigi” continuò a far da tramite soprattutto nel territorio spezzino, tra monte e piano, ma, se possibile, anche verso l’esterno, sebbene i contatti, mediante staffette, con Genova, fossero del tutto saltuari.

La lettura dei documenti consente, escludendo il vero e proprio tonfo del luglio 1944, di individuare il momento di massima crisi dellarete clandestina, a livello di pianura, tra novembre e dicembre 1944. Le date che scandiscono tale fase sono sicuramente il grande rastrellamento di Migliarina iniziato il 21 novembre e quello scatenato contro la “Muccini” il 29 novembre. Quest’ultimo, avvenuto ai margini della IV Zona, verso i confini della provincia, a Est, sfasciò la Brigata garibaldina “Muccini” che, nata formalmente il 19 settembre 1944, ma derivante da una lunga storia resistenziale vissuta, nella primavera-estate, fuori provincia, aveva dato brillanti prove di sé e che, pur dipendente dal Comando IV Zona, risultava geograficamente separata da esso. Per decisione comune dei responsabili, la maggior parte della “Muccini”, al comando di Piero Galantini “Federico”, passò le linee, portandosi nella zona occupata dagli Alleati; tuttavia, un piccolo gruppo, incrementato nel tempo, al comando di Flavio Bertone “Walter”, Commissario politico Paolino Ranieri “Andrea”, che fu poi catturato a dicembre, rimase, tra varie e difficili vicissitudini, a presidiare il territorio. La decisione di non smobilitare la “Muccini” fu netta da parte del PCI: tale partito manteneva perciò uno stanziamento sia a Est (anche in vista del futuro avanzamento alleato che non sarebbe così avvenuto nel deserto, cioè in un territorio passivo), sia nell’ambito della Val di Vara, dove poteva contare soprattutto sulla Brigata “Gramsci”, esito quest’ultima, del Raggruppamento Brigate Garibaldi, profilatosi nell’ottobre 1944, e comprendente i Battaglioni “Vanni”1, “Matteotti- Picelli” – “Gramsci”. Occorre precisare che il Battaglione “Gramsci” sarebbe stato ribattezzato, tuttavia mesi dopo, “Maccione”, per evitare confusione di nome con la Brigata omonima, ad esso sovraordinata.

I fatti di novembre e dicembre, tra cui va ricordato anche il drammatico rastrellamento avvenuto a Vezzano Ligure il 7 dicembre, causarono il necessitato portarsi oltre le linee di militanti comunisti, ormai “bruciati”: la sarzanese Anna Maria Vignolini, responsabile dei GDD, Filippo Borrini, responsabile del FdG, e, infine, Rina Gennaro “Anna”, instancabile staffetta e dattilografa. Tutto ciò determinò delle vere e proprie voragini nella complessiva rete clandestina, per cui quest’ultima risultò al momento dissestata, compresi i vari ciclostili, fondamentali per la produzione di materiale di propaganda e comunicazione.

Va inoltre ricordato che nell’ organizzazione operavano, con incarichi ragguardevoli, spesso quali Comandanti delle squadre SAP, esponenti del Partito d’Azione: uno di essi, Renato Mazzolani, Medaglia d’oro al VM, venne, in tale fase, arrestato e morì poi suicida, torturato nel carcere dell’ex XXI, nel febbraio 1945. Anche il mondo cattolico risultò falcidiato, a causa della cattura di numerosi sacerdoti nel corso dei rastrellamenti autunnali: tra essi, basti citare l’instancabile Don Mario Scarpato, e il forte aggregatore di forze giovanili Don Antonio Mori. Molte parrocchie risultavano quindi vacanti, proprio per la repressione contro il clero.

Antonio Borgatti “Silvio” si ritrovò, in una città di retrovia, solo, come egli dice, con la sua dattilografa, sebbene riuscisse poi, faticosamente, ai primi di gennaio, a riannodare le fila della cospirazione, che coincidevano con quelle della resistenza urbana2.

Il coraggio della fede di Anna Airaghi

La situazione in pianura assumeva dunque tinte fosche, ma, nello stesso dicembre 1944, le formazioni partigiane della montagna, con la formalizzazione della IV Zona Operativa (Comandante: Mario Fontana “Turchi” o “Cossu”), tendenzialmente ormai stabilizzate sui territori loro assegnati, acquistavano una fisionomia più funzionale, adatta, insomma, a superare le dure prove future, che ci furono, di lì a poco, con il rastrellamento del 20 gennaio 1945, e che, però, nonostante l’imponenza e la sproporzione di forze e mezzi (20 mila nazifascisti circa contro due mila partigiani circa), non furono tali da scompaginare le forze resistenziali in campo, segnando, anzi, un irreversibile declino, nel nostro territorio, delle forze nemiche e un punto importante a favore degli Alleati. Non solo, arrivò anche, sempre a fine dicembre, grazie al Maggiore inglese Gordon Lett, incaricato, dopo la fondazione del Comando Unico, di tenere i rapporti con gli Alleati, una trentina di paracadutisti dello Special Air Service, inviato dagli Alleati con funzione di supporto riguardo ai sabotaggi.

Luci ed ombre, dunque, nel dicembre 1944, come recita il titolo di questo articolo.

Sentieri di Libertà - Il nemico risparmiato-Connor Aquilano
Il nemico risparmiato di Connor Aquilano

Disegni tratti da: Sentieri di Libertà. Storie a fumetti, a cura di Fondazione ETS ISRSP; I.I.S.S. “L.Einaudi-D.Chiodo” – Indirizzo grafica; I.T.C.T. “A.Fossati-M.Da Passano” – Indirizzo grafica e comuncazione, I.S.S. “V.Cardarelli” – Liceo Artistico, La Spezia, 2024.

NOTE

1 Nel mese di gennaio 2025, uscirà, scritto da Maria Cristina Mirabello, anche un libro, voluto da ISR/ETS La Spezia, sulla storia del Battaglione “Vanni”

2 Borgatti, Antonio, Anni clandestini. Memorie dal 1904 al 1945, Edizioni Giacché, La Spezia, 2022, p. 95 (dove è citata, con il nome di battaglia di “Ivana”, la dattilografa). V. anche come la stessa “Ivana” descrive, per cenni, la situazione determinatasi (Gori, Vega “Ivana”, Mirabello, Maria Cristina , “Ivana” racconta la sua Resistenza. Una ragazza nel cuore della rete clandestina, Edizioni Giacché, 2013, p. 70).