di Gianluca Gabrielli
L’insegnamento della storia contemporanea nella scuola primaria, già scuola elementare, non ha mai avuto vita facile nell’età repubblicana. Negli ultimi anni del secolo scorso la scelta del ministro Berlinguer di dedicare il secondo quadrimestre della quinta elementare lo studio del Novecento ha prodotto il momento di massimo impegno delle scuole su questo tema, evidenziato anche dal notevole numero di pagine dedicato ad esso dai sussidiari.
Dall’anno 2000 però, a partire dalla stesso ministero De Mauro, poi in continuità passando per Moratti, Fioroni e Gelmini, la scelta è stata quella di verticalizzare l’insegnamento della storia generale tra scuola elementare e media affidando agli insegnanti della scuola elementare (poi primaria) solamente i contenuti della storia antica.
Quindi negli ultimi 15 anni circa gli insegnanti della scuola primaria che volevano mantenere percorsi di didattica della storia contemporanea hanno provato a dribblare le Indicazioni nazionali e ad affrontare questo periodo seguendo due modalità: da una parte si sono appoggiati sull’insegnamento della Costituzione che è stato istituzionalizzato nel 2008 nella formula Cittadinanza e Costituzione. Dall’altra hanno seguito le ricorrenze del calendario civile per aprire finestre sulla storia del ‘900.
Il primo filone, quello relativo alla Costituzione repubblicana, è particolarmente importante perché si tratta di un tema che viene tradizionalmente affrontato in classe e l’alternativa che si pone è se affrontarlo dalla prospettiva storica oppure da quella etico-giuridica. La differenza che discende dai due approcci è sostanziale: nel primo caso gli articoli della Costituzione vengono presentati come scaturiti da una lotta di liberazione dalle vessazioni di una dittatura fascista lunga vent’anni e come risposte alla più grande guerra della storia, mentre nel secondo caso i principi rischiano di venir presentati come elementi di etica universale, irrelata dalla storia, compimento di un progresso lineare e assoluto.
L’approccio dal punto di vista storico permette quindi non solo di comprendere meglio il senso degli articoli della Carta, ma anche di evitare una sua interpretazione astratta. In concreto – esemplificando – è opportuno spiegare l’articolo 3 non tanto vantando in astratto il principio di uguaglianza che afferma quanto mostrando come il fascismo l’avesse infranto sistematicamente: con le leggi razziste contro ebrei e africani, con la prigione, il confino e la violenza esercitata verso che aveva diverse idee politiche, con una politica sessista verso le donne, con l’italianizzazione forzata degli sloveni e degli altoatesini…
L’altro filone – si è detto – segue le date del calendario civile, cioè le ricorrenze che la società civile ritiene importante celebrare e ricordare, seconda una consuetudine dalla lunga tradizione nella scuola pubblica. Tale pratica ha preso forza recentemente nella scuola primaria anche come risposta a questo esautoramento della storia operato dalle recenti Indicazioni nazionali.
Questa pratica ha poi trovato un valido punto di riferimento in una recente pubblicazione curata da Alessandro Portelli intitolata proprio Calendario civile, indirizzata costruire dal basso una “memoria laica, popolare democratica degli italiani”, come recita il sottotitolo.
Le date che possono essere scelte sono tante, da quelle più comuni e riconosciute come il 25 aprile e il 27 gennaio, a quelle magari meno praticate nelle classi ma ugualmente molto importanti come l’8 marzo, il primo maggio, il 3 ottobre (giornata in memoria delle vittime dell’immigrazione che ricorda il naufragio di una nave al largo di Lampedusa nel 2013 nel quale perirono 368 persone).
I consigli che si possono dare rispetto a questo uso del calendario civile per reintrodurre la storia del ‘900 nella scuola primaria sono prima di tutto di trattare queste date con un’ottica storica, costruendo cioè il contesto dell’episodio storico che è alla loro origine e la genesi degli avvenimenti.
Per farlo occorre prendersi il tempo necessario scegliendo quindi non più di una o due date ogni anno, in modo da organizzare intorno all’argomento un percorso di apprendimento di tipo storico e non di tipo esclusivamente etico. È meglio cioè evitare di rincorrere le scadenze, prendersi il tempo che serve, contestualizzare il più possibile per passare dalla celebrazione alla ricostruzione storica.
Un ultimo consiglio metodologico: la visualizzazione del Novecento in una linea del tempo può costituire un ausilio fondamentale per avere in classe una rappresentazione concreta del secolo e per disporre durante le lezioni di un quadro visivo dei temi di cui si sta parlando e della loro collocazione nella storia degli ultimi 120 anni.
Costruire linee del tempo nella scuola primaria è una pratica divertente che fornisce un ausilio didattico da parete utilissimo nel tempo, addirittura negli anni, modificabile man mano che crescono le conoscenze dei bambini e delle bambine. Anche qui occorre partire dal loro coinvolgimento attivo, quindi non è bene affidarsi a linee del tempo a stampa perché è molto più motivante costruirle in classe attraverso la discussione con gli allievi: ogni classe è in grado di produrre la propria particolare linea del Novecento, cresciuta insieme alle giovani menti che avranno partecipato alla sua costruzione.
Infine, a parere di chi scrive, è giusto ricordare che questa forzata riduzione dei docenti della scuola primaria entro i confini della storia antica non si è rivelata una scelta produttiva.
Sarebbe ora quindi di fare un bilancio (insieme alla altrettanto perniciosa riduzione della geografia alla sola Italia) e di prendere in considerazione una sua revisione radicale.
BIBLIOGRAFIA
- Alessandro Portelli, Calendario civile, Roma, Donzelli, 2017
- Gianluca Gabrielli, Costruire linee del tempo nella scuola primaria, Novecento.org, n. 13, febbraio 2020
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