Battaglione G. Maccione

A cura di Maria Cristina Mirabello

Premessa
Il Battaglione “Maccione”[1] viene così denominato piuttosto tardivamente, essendosi chiamato in origine “Gramsci” e tale rimanendo anche dopo la formazione del così detto Raggruppamento Brigate Garibaldi il 24 ottobre 1944 (Raggruppamento cui aderiscono i Battaglioni “Gramsci”, “Vanni” e “Matteotti”). Quando nel novembre 1944 nasce la IV Zona Operativa, il Raggruppamento Brigate Garibaldi diventa Brigata Garibaldi “A. Gramsci” dalla quale dipendono dunque i Battaglioni “Gramsci”, “Vanni” e “Matteotti-Picelli” (essendosi il “Matteotti” unito con il “Picelli”).
Si determina quindi la possibilità di una qualche confusione fra Brigata Garibaldi “A. Gramsci” e Battaglione “A. Gramsci” per cui, sebbene piuttosto tardivamente, con odg del 16 marzo 1945 emanato dalla Ia Divisione Liguria Picchiara, il Battaglione Gramsci viene dedicato ad un eroico sappista, Giuliano Maccione, suicidatosi, per non tradire sotto tortura i compagni di lotta, nelle terribili carceri dell’ex XXI Fanteria alla Spezia[2].

Il Battaglione “A. Gramsci” prima di essere denominato “Maccione”
Le vicende del Battaglione “Gramsci” vanno in parte comprese entro quelle del Battaglione “Picelli”. Infatti fra i vari distaccamenti del “Picelli”, battaglione comandato da Dante Castellucci “Facio”, c’è appunto il distaccamento “Gramsci”.

Il “Gramsci”, nell’ambito del quale si trova anche Silvio Mari, ex combattente della guerra di Spagna, ha come Comandante Nello Quartieri e come Commissario A. Cabrelli. Tuttavia, a causa della forzata assenza di Quartieri, il quale viene catturato durante una missione verso il 5 luglio 1944 e riesce solo dopo un certo periodo a liberarsi, nel frattempo di fatto risulta egemonizzato da Cabrelli, diventando sua base di riferimento per acquisire autorevolezza nel difficile periodo di transizione che porta verso la fine luglio 1944 al Comando Unico.

Si ricorda qui per inciso che Cabrelli sarà poi Presidente del Tribunale che condannerà “Facio” a morte il 21 luglio 1944 (v. per un approfondimento le biografie di Castellucci Dante e Cabrelli Antonio rispettivamente alle note 4 e 6 nella scheda del “Matteotti-Picelli”). Quando “Facio” è fucilato, nel difficile quadro che si determina, il “Picelli” sembra quasi liquefarsi.

Nel turbinoso susseguirsi degli avvenimenti, compreso il drammatico rastrellamento del 3 agosto 1944, il distaccamento “Gramsci”, chiamato a quel punto Brigata d’assalto “Antonio Gramsci”, viene messo agli ordini di Nello Quartieri e la funzione di Commissario è svolta da Silvio Mari. Insomma, praticamente tutto il “Picelli” (e non solo il distaccamento originale di Nello Quartieri “Italiano” e di Antonio Cabrelli “Salvatore”) è ribattezzato “Gramsci”.

Tuttavia nel settembre 1944, a causa dei contrasti tra “Italiano” (e altri “vecchi” membri del Picelli) con “Salvatore”, il “Gramsci” va sotto il comando unico di Luciano Scotti “Vittorio”, ma si riforma un battaglione “Picelli” sotto gli ordini di “Italiano”, che poi, dopo ulteriori tensioni, polemiche, chiarimenti, si inquadrerà a fine ottobre 1944 nel “Raggruppamento Brigate Garibaldi”, unendosi poi nel dicembre 1944 al “Matteotti” socialista e formando un Battaglione “Matteotti-Picelli”.

Lo spezzone del “Gramsci”, che diventerà molto più tardi appunto “Maccione”, conosce una serie di cambi nei vari incarichi[3], per approdare infine agli ordini di Silvio Mari e, quando in data 15 novembre 1944 risulta scoperta la carica di Commissario Politico, viene proposto per tale funzione “Ezio” (Armando Isoppo) che fa parte dello stesso Battaglione[4].

Il Battaglione “Gramsci” durante il rastrellamento del 20 gennaio 1945
Si arriva così al drammatico rastrellamento del 20 gennaio 1945 con il quale i nazifascisti preponderanti come numero (sono circa ventimila, benissimo armati ed attrezzati per sopportare il rigore invernale) vogliono eliminare il secondo polmone della Resistenza alle spalle della linea Gotica, dopo aver distrutto alla fine di novembre 1944 la Divisione Garibaldi Lunense e ridimensionato la Brigata d’assalto Garibaldi “U. Muccini”, sbloccando le rotabili strategiche del Bracco e della Cisa.

Il Comando di Zona ha informato i reparti partigiani (circa duemila uomini, decisamente carenti specie come vestiti e cibo) della manovra a tenaglia nazifascista e dei numerosi centri caduti in mano nemica nello Zerasco, Calicese e Pontremolese, avvertendo che solo se le formazioni partigiane riusciranno a sfilare sulla dorsale del monte Gottero e del monte Malone, portandosi in alcune zone rimaste libere nella Vallata del Taro, avranno possibilità di salvezza, sebbene, come dice il colonnello Fontana, Comandante della IV Zona Operativa, “si faccia affidamento anche sulle decisioni dei singoli reparti, da prendere all’ultimo momento, in base ai movimenti dell’avversario”.

Quando scatta il terribile rastrellamento nazifascista per tutta la durata del 20 gennaio, con cielo sereno e neve altissima sui crinali appenninici, i partigiani oppongono al nemico una forte resistenza fin verso la via Aurelia, a Brugnato. Il Battaglione “Gramsci” con Silvio Mari e Bastelli si concentra a Scogna; sulla direttrice Brugnato, Serò, Cassana, combatte la IV Compagnia G.L. di G.Pagani; il Battaglione “M. Vanni” è sulla direttrice dapprima di Bozzolo e poi su quella di Serò, dove combatte al comando di Astorre Tanca, il Battaglione Matteotti-Picelli guidato da Nello Quartieri è nel settore che domina Sesta Godano.

I nazifascisti sono ovunque e, se possono, non sparano, così da mimetizzarsi nelle loro tute bianche, occultandosi nelle posizioni dominanti per scrutare il terreno. Il bianco della neve non aiuta il ripiegamento che, preordinato dal giorno prima, prevede l’abbandono delle postazioni. Sopraggiunta la notte, si mette così in atto lo sganciamento verso il Monte Gottero, ma l’impresa non è facile: la grande battaglia del Monte Gottero è contro il freddo e la fame.

La scelta del monte Gottero risponde alle direttive del Comando IV Zona Operativa il quale ha informato i reparti partigiani della manovra a tenaglia dei nazifascisti e dei numerosi centri caduti nelle mani di essi nello Zerasco, Calicese e Pontremolese.

Nella serata del 20 gennaio, dopo avere combattuto, i partigiani del battaglione “Gramsci” lasciano Scogna e S. Maria quasi all’una di notte (due partigiani armati di Bren sono sul campanile di Scogna, a copertura dei reparti). Alla testa del battaglione “Gramsci” si pone Bastelli che conosce perfettamente quei luoghi e marcia passando da Pignona, Antessio e Chiusola, arrivando all’alba ai piedi del Gottero.

Nella giornata del 21 gennaio è sereno: la lunga linea nera di uomini che si muove verso il Gottero, è individuata dai tedeschi che, però, a causa della distanza, non riescono a far arrivare a segno le raffiche delle armi. Nonostante il gelo e la neve, alta in alcuni punti anche due metri, i partigiani del “Gramsci” si portano entro il pomeriggio del 21, sul Gottero, sulla cui sommità il termometro segna meno venti gradi.

La Brigata “Gramsci”, sempre divisa in due segmenti, quello del “Vanni” e quello del “Gramsci”, nonostante il manifestarsi di numerosi e gravissimi casi di congelamento, raggiunge infine, passando il “Gramsci” da Montegroppo e il “Vanni” da Caranza, Fontana Gilente (non senza ulteriori peripezie come lo scontro con i terribili Mongoli della divisione Turkestan e la cattura di un gruppo di partigiani, riusciti però per la maggior parte a fuggire).

A Fontana Gilente non c’è cibo. Viene ordinato ai due segmenti della Brigata “Gramsci” di recarsi alle così dette Cascine di Bassone, sopra Guinadi, alle quali il Battaglione “Gramsci” arriva nella tarda serata del 22. Le Cascine rappresentano la salvezza: qui i partigiani hanno infatti modo di riposare e mangiare almeno qualche patata che viene bollita nella neve sciolta.

La marcia degli uomini riprende poi nella giornata del 24 per tutto lo Zerasco, dove la popolazione è terrorizzata dai Mongoli che hanno bruciato Adelano e massacrato dodici partigiani della colonna “GL”. I partigiani superano infine il passo del Rastrello e rientrano in serata su Torpiana. In un certo senso il rastrellamento del 20 gennaio 1945 è speculare ed opposto a quanto accaduto il 3 agosto 1944, nel senso che i partigiani resistono ai nazifascisti, riescono a sganciarsi e a ricostituirsi sulle posizioni precedenti, così da poter di nuovo ritornare operativi.

Il Battaglione “Gramsci” cambia comandante e nel mese di marzo 1945 si denomina “Maccione”
Dopo il rastrellamento del 20 gennaio 1945 però il Battaglione “Gramsci” ha qualche ritardo nel riorganizzarsi: è in tale fase che si comincia a pensare ad una sostituzione di Silvio Mari, cui, non a caso, è stato affiancato Pietro Bruzzone “Pierino” in qualità di Commissario Politico.

La sostituzione di Mari avviene su tempi piuttosto dilazionati. Infatti il passaggio del Comando del Battaglione a Emilio Pellistri “Mastrilli” è già in un verbale di consegna del 7 febbraio 1945, anche se troviamo un ulteriore verbale di consegna l’8 marzo 1945, quasi che la transizione si sia protratta per un certo periodo[5].

Comunque sia, quando il 28 marzo 1945 la Brigata “A. Gramsci”, in cui il “Maccione” è inquadrato, invia al Comando Ia Divisione Liguria-Picchiara gli organici, risulta che il battaglione “Maccione” è composto da 140 elementi.

Il quadro del Battaglione è il seguente[6]:

Comandante Battaglione: Emilio Pellistri “Mastrilli”
Commissario politico Battaglione: Pietro Bruzzone “Pierino”

Plotone Comando
Comandante Plotone: Ubaldo Maineri “Ettore”
Vice-Comandante: Plotone Ferrari Candido “Attilio”
Commissario Politico: Bergonzelli Francesco “Aquila”

Prima Compagnia Bersan
Comandante: Pertici Egidio “Mario”
Commissario politico: Zamboni Mario “Mario 2°”

Seconda Compagnia Bastelli[7]
Comandante: Calzolari Milvio (Gym)
Commissario politico: Benelli Pierino “Pierino 2°”

Il Battaglione “Maccione” combatte ma anche si impegna a scrivere e in data 6 aprile 1945 fa uscire un’altra edizione del giornalino “Il garibaldino”.
In vista del balzo finale (12-25 aprile 1945) il Battaglione Maccione risulta secondo la relazione del colonnello M. Fontana a Mangia, si sposta poi in avanti verso Bozzolo e Centrale di Vizzà per raggiungere infine, nell’ambito della Brigata “Gramsci”, Riccò del Golfo e il passo della Foce.

In effetti in data 23 aprile 1945 il Comando Ia Divisione Liguria-Picchiara ordina al “Maccione” di collocarsi con il Comando Battaglione e la compagnia Bersan a Quaratica e con la compagnia Bastelli a Madonnina S. Agostina sopra Caresana, comunica inoltre che a S. Benedetto ci sono 100 tedeschi circa, i quali, se non si arrendono, vanno attaccati.

La battaglia di S. Benedetto (24 aprile 1945) vede impegnate le formazioni garibaldine della IV Zona e, fra esse, il “Maccione” che la mattina del 25 aprile partecipa alla sfilata nella città della Spezia.

Un gruppo del Battaglione “G. Maccione” (terzo da sinistra il Comandante Emilio Pellistri “Mastrilli; quarto da sinistra il Commissario Politico Piero Bruzzone “Pierino” (fotografia tratta da La provincia della Spezia, medaglia d’oro della Resistenza, Ed. Giacché, 1997, p.109)
Un gruppo del Battaglione “G. Maccione” (terzo da sinistra il Comandante Emilio Pellistri “Mastrilli; quarto da sinistra il Commissario Politico Piero Bruzzone “Pierino” (fotografia tratta da La provincia della Spezia, medaglia d’oro della Resistenza, Ed. Giacché, 1997, p.109)

 
 

Fonti

  • Archivio Storico I.S.R. La Spezia, I.2 Serie Comando I Divisione Liguria
  • Archivio Storico I.S.R. La Spezia, I.6 Serie Comando Raggruppamento Brigate Garibaldi
  • Archivio Storico I.S.R. La Spezia, I.7 Serie Brigata Gramsci – Battaglione Maccione
  • Archivio Storico I.S.R. La Spezia, II.2 Serie Comando IV Zona Operativa
  • Archivio Storico I.S.R. La Spezia, II.3 Serie Comando I Divisione Liguria
  • Archivio Storico I.S.R. La Spezia, II.8 Serie Comando Battaglione Maccione
  • Tutti i documenti dell’Archivio Storico I.S.R. La Spezia puntualmente citati nella presente Scheda
  • “Relazione sul periodo operativo dal 12 al 25 aprile 1945” del Corpo Volontari della Libertà Comando IV Zona Operativa, redatta dal Comandante Mario Fontana (in “Pietro Mario Beghi. Discorsi e scritti dal 1954 al 1966”, ISR La Spezia, 1972, p.147 e segg.)
  • Ricci, Giulivo, Storia della Brigata Matteotti-Picelli, I.S.R. La Spezia, 1978, passim
  • I.S.R. (a cura di Antonio Giacché, Maria Teresa Mori, Grazia Scoccia Biavaschi), La battaglia del Gottero. 20 gennaio 1945, 1974 (Brigata Garibaldina A. Gramsci p.45 e segg. passim)
  • Scheda Battaglione Matteotti-Picelli
  • Le testimonianze di Angela Bastelli, Mauro Del Bene e Mario Sanvenero, partigiani del Battaglione “Maccione”
  • La partigiana Vera del Bene del Battaglione Maccione nella testimonianza della figlia Oretta Jacopini

Gli inserimenti fotografici sono stati curati da Mauro Martone
 
 
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Note

[1] I termini Brigata e Battaglione dipendono dal periodo di riferimento. Se si guarda l’Organigramma si può notare che nell’aprile 1945, viene usato il termine Battaglione come unità sottostante la Brigata (quindi “Vanni”, “Maccione” e “Matteotti-Picelli” sono Battaglioni in quanto dipendenti dalla Brigata “Gramsci”). Dopo la formazione della IV Zona bisognerebbe però parlare di Brigata “A. Gramsci” e di Battaglioni “Vanni”, “Matteotti-Picelli ” e “Gramsci” (poi ribattezzato “Maccione” per evitare confusioni fra Battaglione “Gramsci” e Brigata “Gramsci” da cui il primo dipende). In realtà si riscontra frequentemente un uso dei termini non univoco che nella presente scheda abbiamo cercato di evitare, anche se non sempre ciò è stato possibile perché abbiamo ripreso fedelmente le denominazioni per come trovate in documenti coevi o in libri storicamente documentati. Secondo Giulivo Ricci in Storia della Brigata Matteotti-Picelli (p.182), citato nelle Fonti, si può usare più propriamente il termine di Battaglione dopo il 20 gennaio 1945.
[2] Per un riscontro formale della nuova denominazione cfr. Archivio Storico ISR, La Spezia, Busta 293 ed anche Archivio Storico ISR La Spezia, busta 434, foglio 6344, in cui il Comando della Brigata “Gramsci” in data 15 marzo 1945 chiede al Comando Ia Divisione Liguria-Picchiara che il Battaglione “Gramsci” prenda il nome “Maccione”. Da tale documento si ricava che il cambio del nome viene chiesto per evitare confusione fra Battaglione e Brigata e sempre da esso si evince che Giovanni Albertini “Luciano” ed “Ezio”, rispettivamente Comandante e Commissario della Brigata “Gramsci”, avrebbero preferito alla denominazione “Maccione” quella di “A. Tanca”. Va infine precisato però che già in data 9 gennaio 1945 è ritrovabile “di fatto” il nome “Maccione” per il Battaglione (Archivio Storico I.S.R., corrispondenza fra Comando Brigata “A.Gramsci” e il Comando Ia Divisione Liguria-Picchiara, Busta 433, foglio 6271).
[3] La fluidità degli avvenimenti (nonché delle conflittualità) vede in parallelo la rapida, non sempre lineare, e quindi talvolta obiettivamente poco chiara, successione degli incarichi. Infatti, in un documento dell’11 settembre 1944 (Archivio ISR La Spezia, busta 433, foglio 6210), il “Gramsci” si definisce 4° Brigata Garibaldi “A. Gramsci” (Liguria) e risulta comandato da “Silvio” (presumibilmente Silvio Mari) e “Vittorio” (presumibilmente Luciano Scotti); ma in data 22 settembre 1944 (Archivio ISR La Spezia, busta 433, foglio 621) il Commissario dello stesso “Gramsci” è “Ambrosio” (Anselmo Corsini) e Comandante “Vittorio” (tutto ciò ha per sfondo i contrasti che vedono da un lato Nello Quartieri, che cerca di tenere insieme, nonostante la crisi del dopo “Facio”, i suoi partigiani dell’ex “Picelli e dall’altro lato il colonnello Fontana e Antonio Cabrelli, oltretutto nel quadro degli effetti dovuti al rastrellamento drammatico del 3 agosto 1944. Nel settembre 1944 Nello Quartieri “Italiano” e Silvio Mari vengono subordinati a Luciano Scotti “Vittorio”, nominato Comandante del Battaglione, che potremmo definire “Gramsci-Picelli”, mentre essi sono a capo dei due segmenti di cui il Battaglione è composto. Quando però si forma il Raggruppamento Brigate “Garibaldi”, a fine ottobre 1944, “Vittorio” lascia il Battaglione “Gramsci” e va a comandare il Raggruppamento. Nello Quartieri si autonomizza e recupera per il suo distaccamento il nome “Picelli”, mentre il “Gramsci” va sotto il comando di Silvio Mari. Nell’ambito della IV Zona Operativa, che si forma a novembre, troviamo così, insieme agli altri Battaglioni, il Battaglione “Picelli” comandato da Quartieri (si unirà a dicembre con il “Matteotti”) e il Battaglione “Gramsci” comandato da Mari.
[4] Vale la pena di notare che proprio in tale frangente viene avanzata dal Battaglione ai Comandi Superiori la proposta di nominare Commissario Politico la moglie di Silvio Mari, “Tina”, ma che tale proposta viene respinta, e perché si tratta di una donna e perché il carattere di essa non è adatto al compito (Busta 42, foglio 634). Quanto a “Ezio” transiterà successivamente sul gruppo che dirige la Brigata “Gramsci” (Per una breve biografia di “Ezio” v. Nota 5 nella Scheda Brigata Garibaldi “A. Gramsci”)
[5] Il verbale del 7 febbraio 1945 (ISR La Spezia, busta 434, foglio 6328) riferisce che il luogo della consegna è Santa Maria di Scogna (Sesta Godano) alla presenza di “Ezio” (presumibilmente Isoppo), Commissario Politico Brigata “Gramsci” e del Capo di Stato maggiore “Francis”.
[6] Il Plotone Comando ha sede a Scogna Superiore; la Compagnia Bastelli in Calabria, la compagnia Bersan a Scogna-Chiesa (cfr. Archivio Storico ISR La Spezia, Busta 295, foglio 2616.
[7] Dapprima “Andreani”, denominata “Bastelli” dopo la morte di Giulio Bastelli, uno dei protagonisti della difficilissima ascesa al Gottero il 20 gennaio 1945, saltato su una mina. Il cui funzionamento stava sperimentando, il 24 marzo 1945.

Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea "Pietro M. Beghi" Fondazione ETS